Un gemellaggio artistico tra due piccole realtà di Sardegna e Portogallo unite dal filo dell’’arte come riscatto sociale

La Biennale Internazionale d’’Arte di Cerveira, la più antica del Portogallo e della Penisola Iberica, ha scelto San Sperate, nel Campidano sardo, per la sua prima volta italiana. Dal 4 maggio al 30 giugno, grazie ad un progetto finanziato dal Ministero della Cultura Portoghese, giungeranno nel “Paese Museo” sardo le opere di 16 artisti lusitani di diverse generazioni, selezionati all’’interno della importante Collezione d’arte della Biennale.

A sancire una sorta di gemellaggio artistico, e non solo, tra due piccole realtà lontane geograficamente ma unite dal filo dell’’arte come riscatto sociale. San Sperate e Vila Nova de Cerveira, infatti, sono, rispettivamente da 50 e da 40 anni, dei laboratori di sperimentazione artistica e luoghi d’’incontro aperti ad artisti di tutto il mondo, con lo scopo di scambiare e diffondere idee. Questa esposizione rappresenta, anzi, un importante passo nella pluriennale collaborazione tra San Sperate e Vila Nova de Cerveira e tra la Biennale e l’’Associazione Noarte di San Sperate.

“Vila Nova de Cerveira, il “Villaggio delle Arti”, e San Sperate, il “Paese Museo” – sottolinea João Fernando Brito Nogueira, Presidente della Fondazione lusitana – sono il risultato di comuni denominatori: l’utopia dei promotori, la partecipazione degli artisti, l’entusiasmo della comunità ed il supporto di chi detiene il potere decisionale”.

Ad unire le opere dei 16 artisti è la riflessione intorno ad una questione di attualità a livello europeo ma in realtà planetario, quello delle migrazioni. Italia e Portogallo vivono il fenomeno migratorio con sensibilità e con urgenze diverse. E non è un caso che a curare l’esposizione la Biennale abbia scelto Elisa Noronha, una curatrice che, essendo brasiliana residente in Portogallo, vive in prima persona il tema. Ad essere indagato dai 16 artisti coinvolti è un preciso aspetto del tema emigrazioni, quello della percezione del territorio. Quella che vive chi emigra ma altrettanto quella che esalano le terre abbandonate o esprime chi giunge o invece è radicato nelle terre di arrivo. Portogallo e Sardegna, sono stati e sono terra di partenze e di approdi, lungo una consuetudine più volte millenaria che ha contribuito a forgiare l’identità lusitana altrettanto di quella sarda. L’’emigrazione – come sottolinea la curatrice della mostra Elia Noronha, è sempre una storia condivisa. Presente in ciascuno e in ciascuna famiglia e in ogni comunità. Coinvolge chi arriva o chi se ne va ma altrettanto chi resta e chi accoglie. Stratifica storia e storie, miti, narrazioni, memorie collettive e individuali. Segna e plasma gli uomini non meno che le terre”.

Ciascuno dei 16 artisti lusitani ha scelto una visione originale, proponendo un racconto suo proprio, cogliendo gli aspetti che per lui risultano essere i più pregnanti. A sortirne è un affresco estremamente composito, assolutamente originale e altrettanto stimolante di visioni e posizioni culturali, di interpretazioni sociali, di approcci ideologici. È il territorio originale e primordiale, che fa da teatro al racconto migratorio, che viene suggerito dai lavori di Samuel Rama (Scavo # 19, 2008) e Francisco Tropa (Senza Titolo, 2011); i territori ricostruiti, riespressi, ed i territori protetti da una vita in movimento (l’emigrante) sono illustrati da Mário Ambrózio (Senza Titolo, 2009), Ana Maria Pintora (Associazione per la difesa del patrimonio affettivo, 2009), Bartolomeu Cid dos Santos (Benvenuti a Samarra, 2003), Isaque Pinheiro (Taglio e Ritaglio, 2013), Martinho Costa (Senza Titolo. Vecchia Casa a Giesteira, 2018) e Ana Pimentel (Una finestra aperta verso l’orizzonte, 1999); il territorio come fluido sociale e permanente, contenuto da limiti e confini, viene messo in evidenza dai lavori di Carlos Casteleira (Minho, 2015) e Os Espacialistas (Frontiera, 2013 -iniziativa importante-); il territorio come risultato della costruzione del sapere, memoria e informazioni raccolte, e’ proposto da Inês Norton (Archivilizzazione, 2017); concludiamo con il territorio come spazio per l’iscrizione dell’identita’, “Io” e “l’Altro”, “Autoctono” e “Intruso” soggettivamente appropriate a simbolo di appartenenza, e come metodo per la conservazione di un’identita’ collettiva/territoriale da un punto di vista estetico, espresso attraverso i lavori di Antonio Barros (Es patriare, 1999-2012), Helia Aluai (Io e Lui, 2011), Henrique Neves & Michael Langan (La Signora Gaia, 2014), e Lauren Maganete (Semplicemente Camminando IV , 2013).

Nel corso della mostra il direttore artistico della Biennale, Prof. Cabral Pinto, realizzerà un nuovo grande murale nello spazio pubblico, insieme ad altri artisti portoghesi e sardi.


Informazioni: mail@paesemuseo.com
www.sansperarte.com

com.unica, 13 aprile 2019