L’analisi dell’economista Fiorella Costoris per Pagine Ebraiche

Le banchiere nel Basso Medio Evo esistevano. Erano ebree, anzi quasi tutte askenazite. Le prime a comparire in numero non esiguo sono quelle della Renania nel XII e XIII secolo, grazie alla lungimiranza di rabbini tedeschi come Rabbenu Gershom nell’XI secolo e uomini di fede quali i pietisti, Hassidei Ashkenaz, che, da un lato, all’epoca assegnarono alle loro donne diritti patrimoniali senza eguali nel mondo ebraico e cristiano del tempo, e forse anche in quello occidentale di oggi (attraverso lasciti testamentari non unicamente in linea maschile, doti femminili cedute ai consorti non in proprietà, bensì esclusivamente in usufrutto, divorzi solo consensuali e non gratuiti), e, dall’altro lato, impedirono loro di dedicarsi “anima e corpo” agli amati studi talmudici, spesso ottenendo dalle loro mogli di supportare finanziariamente le famiglie e, per eterogenesi dei fini, di emanciparsi, con sensibili miglioramenti nel loro empowerment.

Le terribili persecuzioni iniziate in Germania nel 1096 con le Crociate, i successivi massacri incitati dall’odio antigiudaico per presunti omicidi rituali e dissacrazioni dell’ostia, la fuga dovuta sia alle tante accuse mosse agli ebrei tedeschi e austriaci di essere gli “untori” che avevano causato la peste nera del 1348-1350, sia alle continue tribolazioni di natura economica da essi subite a partire dalla seconda metà del ’300, comportarono negli ultimi due secoli del Basso Medioevo (di nuovo per eterogenesi dei fini) un benefico flusso di askenaziti nel nord Italia, inizialmente giunto nel Friuli-Venezia Giulia, poi espanso, per ondate susseguenti, verso il Piave e il Po, fino ad arrivare più tardi, nell’area del centro, alle rive dell’Arno. Le feneratrici dell’Italia tardomedievale sono tanto più numerose e potenti quanto più elevata e duratura è la percentuale di askenaziti di origine transalpina, nelle Comunità di appartenenza. Non a caso, in un luogo come Trieste, risultano già risiedere dalla fine del ’200 e operare dalla metà del ’300 varie correligionarie di lingua tedesca, proprietarie e gestrici continuative di banchi usurai.

Le donne ebree del Basso Medio Evo, esercitanti nell’Italia centrosettentrionale un’attività feneratizia ufficiale, attraverso il sistema delle condotte, non solo diminuiscono in quantità e qualità di coinvolgimento via via che si scende verso il sud della Toscana e dello Stato della Chiesa, a Roma azzerandosi del tutto, ma vedono pure deteriorarsi l’empowerment derivante dal loro eventuale impegno creditizio, perché diventano sempre più frequenti quelle che sono solo compartecipi in un investimento finanziario altrui, senza gestire in autonomia alcun banco di loro proprietà, o addirittura sono costrette a operare underground, concedendo prestiti esclusivamente “sotto banco” (e mai un siffatto uso lessicale figurato fu più appropriato). Il fenomeno di relativamente alto empowerment femminile, goduto dalle banchiere nell’Italia centrosettentrionale del Basso Medio Evo, si chiude alla fine del ’400 per molte ragioni, non ultime l’apertura dei Monti Pii (a partire dal primo, quello di Perugia, del 1462) e la ghettizzazione cinquecentesca (iniziata nel 1516 a Venezia), che rappresenta per le donne ebree del nostro Paese una forma di doppia emarginazione. Il Monte dei Paschi di Siena, nato appunto nel 1472, e perciò, oggi, orgogliosamente vantante la posizione della più antica banca del mondo, ha dovuto attendere 543 anni e una legge (utile ma sperabilmente solo temporanea) sulle cosiddette “quote rosa” nelle società quotate e partecipate, per poter esprimere (unica in Italia) una percentuale femminile nel Consiglio di Amministrazione addirittura eccedente, fino a poco tempo, il 50%.

Da dicembre, nel cda, di cui sono lieta di fare ancora parte, la frazione delle donne è scesa a 1/3, cioè al minimo sindacale, secondo la legge vigente, ma in compenso include, per la prima volta nella storia delle grandi banche del nostro Paese, il vertice presidenziale. Nella prospettiva quali-quantitativa qui adottata, voglio sperare che questo sia un segno di progresso per il futuro dell’Italia.

Fiorella Kostoris, Pagine Ebraiche febbraio 2018