Era il 18 marzo 1990 e all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston fu messo a segno un clamoroso furto che passerà alla storia. Due uomini vestiti da poliziotti si introdussero nel museo e in ottanta minuti portarono via 13 opere, scelte tra quelle più facilmente trasportabili: alcuni disegni di Degas, un Manet, Chez Tortoni (1878-1880); l’unica marina di Rembrandt, la Tempesta sul Mare di Galilea del 1633 insieme ad altre tre suoi dipinti: A Lady and Gentleman in Black (1633) , un Autoritratto (1634) e un’incisione su carta; il Concerto a Tre di Jan Vermeer, del 1658; un’opera del pittore Govert Flinck, Paesaggio con Obelisco del 1638, e perfino un vaso cinese Ku e un pinnacolo dall’asta di sostegno di una bandiera napoleonica di seta. Il tutto per un valore totale di 500 milioni di dollari, di cui il solo Vermeer ne valeva 200. Il più grave reato contro la proprietà negli Stati Uniti.

I ladri erano riusciti a farsi aprire dalle guardie di sicurezza del palazzo nella notte tra il 17 e il 18, quando ancora si sentivano gli echi dei festeggiamenti di San Patrizio, fingendo di rispondere a una chiamata. Dopo averle imbavagliate e legate mani e piedi ai tubi delle condutture del seminterrato, indisturbati tagliarono alla buona le tele dalle cornici, ignorando quadri più costosi. Il mondo rimase senza fiato. Nonostante il lavoro approssimativo e casuale dei ladri e la ricompensa promessa, ad oggi le opere non sono state ancora recuperate. Il direttore della sicurezza Anthony Amore continua a inviare sollecitazioni a chi è in possesso delle opere affinché le conservi ai giusti livelli di umidità e di temperatura. Sulle pareti del museo occhieggiano le cornici vuote, a testimoniare la perdita di importanti pezzi d’arte, incolmabile e irreparabile. Le opere non erano assicurate, come non lo è tuttora nessun quadro presente al museo perché la sua fondatrice, mecenate dell’arte, amica di artisti e promotrice di eventi culturali, riteneva che a proteggere il suo patrimonio artistico fossero sufficienti le raffigurazioni rinascimentali di San Pietro e San Lorenzo presenti nel museo.

Purtroppo resta un furto ben riuscito. La Federal Bureau of Investigations è riuscita a risalire ad alcuni movimenti del bottino fino ad un’asta tenutasi a Boston nei primi anni del 2000 in cui circolarono alcuni pezzi. I tentativi di rientrare in possesso delle opere si sono rivelati sterili nonostante la taglia di cinque milioni di dollari e la garanzia di riservatezza per ogni informazione ricevuta. Nel 2013 l’FBI ha identificato i due ladri, membri di un’organizzazione criminale della East Coast, tuttavia costoro non sono più perseguibili, perché il crimine commesso è caduto ormai in prescrizione. Oggi il reato ricade quindi su chi possiede le opere, che però sono state vendute ormai da più di dieci anni.

Nel 2015 è saltato fuori un video di 40 secondi su quello che avvenne quella notte, a renderlo pubblico è stata proprio l’Fbi, con l’intento di ottenere informazioni utili a rintracciare le opere rubate.
Le immagini sono molto sgranate, ma si vede un uomo entrare tranquillamente dalla guardiola intorno alla mezzanotte del 17 marzo 1990, sicuramente un basista, che conosceva bene gli accessi notturni al Museo.

Il clamoroso furto al Museo di Boston, sul quale sono stati scritti libri e prodotti film, è solo uno dei tanti furti di opere d’arte che nel corso degli anni hanno creato problemi agli investigatori. Si calcola che ogni anno vengano rubate opere d’arte per un valore complessivo di oltre cinque miliardi di euro, ma il valore è di molto sottostimato, poiché molti dei furti d’arte non vengono denunciati. Mentre le notizie di opere d’arte rubate sono relativamente comuni, sono rare invece quelle che riguardano il loro ritrovamento. I furti avvengono perché molti musei hanno un inefficiente servizio di sorveglianza e impianti di allarme molto scadenti. Spesso a compierli sono proprio i dipendenti dei musei, al soldo di criminali non specializzati nel traffico di opere d’arte, le quali non hanno un grande mercato, perché più l’opera vale più è difficile venderla. Nella maggior parte dei casi l’opera resta nelle mani di chi l’ha rubata, senza giri di denaro e quindi senza piste investigative da seguire. In molti Paesi non esistono unità speciali assegnate ai furti d’arte e non esiste un database internazionale. Lo Stato con la migliore unità investigativa sui furti d’arte è l’Italia, in cui il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale esiste dal 1969. Mentre gli Stati Uniti per anni hanno potuto contare solo sulle investigazioni e sull’esperienza dell’agente Fbi Robert Wittman, oggi in pensione. Attualmente gli agenti Fbi che si occupano di furti d’arte sono appena quindici.

(Nadia Loreti, com.unica 16 marzo 2017)