Una responsabilità aumentata in ragione di una raffica di scelte avventate da parte del governo gialloverde. L’editoriale del direttore de La Stampa Maurizio Molinari. 

L’intervento del capo dello Stato, Sergio Mattarella, a tutela delle alleanze internazionali dell’Italia in occasione della visita a Roma dell’ospite cinese Xi Jinping conferma il ruolo che il Quirinale ha svolto prima sul Venezuela e poi sui Gilet Gialli per scongiurare serie crisi con i nostri partner Ue e Nato.

Con tatto e determinazione Mattarella, negli ultimi 60 giorni, ha spinto il governo gialloverde lontano dall’abbraccio con i chavisti di Maduro, ha mediato con Emmanuel Macron il ritorno dell’ambasciatore francese ritirato da Palazzo Farnese ed ottenuto dal premier Conte una revisione del testo del Memorandum d’intesa con Pechino che esclude temi di alto valore strategico come il 5G. Ed a ciò bisogna aggiungere il ruolo, meno apparente ma altrettanto cruciale, su altri dossier: dal rispetto delle intese con Washington sul pagamento degli F-35 già consegnati alla realizzazione del gasdotto EastMed destinato a diversificare la nostra dipendenza energetica.

Stretto fra inconsuete scelte gialloverdi sulle questioni di sicurezza nazionale ed esplicite richieste di mediazione da parte di partner ed alleati, Mattarella è diventato il garante della nostra permanenza a pieno titolo nelle alleanze internazionali – Ue e Nato – che hanno distinto la posizione internazionale della Repubblica negli ultimi 70 anni.È legittimo dunque chiedersi il perché di tale scelta del capo dello Stato e la risposta deve essere individuata non solo in necessità oggettive di tutela dell’interesse nazionale dalla più Alta carica della Repubblica ma dal suo ruolo di custode dei valori nazionali e della Costituzione. Cominciamo dai valori: ciò che accomuna l’Italia all’Europa ed al Nord America è l’essere una d e m o c r a z i a rappresentativa dove gli individui sono tutelati dallo Stato di Diritto, creando uno spazio unico di libertà fondamentali che spiega la moltitudine di legami umani, culturali e commerciali che si rinnovano quotidianamente dentro i suoi confini.

E poi c’è la Costituzione: l’articolo 11 prevede «limitazioni di sovranità per preservare pace e giustizia fra le nazioni» perché all’indomani delle devastazioni della Seconda Guerra mondiale l’Assemblea Costituente individuò nelle alleanze l’antidoto più efficace per scongiurare nuovi conflitti generati dal virus dell’odio verso il prossimo. Ovvero, nel Dna dell’Italia repubblicana c’è la scelta di essere protagonista di alleanze con Paesi che condividono i nostri principi e valori al fine di preservare pace e sicurezza internazionale. Ciò non significa voltare le spalle ad altri possibili partner bensì affrontare opportunità e rischi sulla scena globale sempre al fine di rafforzare – e non indebolire – le alleanze a cui apparteniamo. Interprete e garante di tali principi della Costituzione, Mattarella ha visto questa responsabilità aumentata in ragione di una raffica di scelte avventate da parte del governo gialloverde.

Questo è il motivo per cui leader di governo e ambasciatori Ue e Nato, così come un numero crescente di cittadini intimoriti dal rischio di serie crisi fra partner, guardano con sempre maggiore attenzione verso il Colle più alto. Perché il calendario che abbiamo davanti, dalla ministeriale Nato a Washington di inizio aprile alle elezioni europee di fine maggio, è destinato ad aumentare l’esposizione internazionale dell’Italia di Giuseppe Conte.

Maurizio Molinari, La Stampa 24 marzo 2019