29 accordi – 19 istituzionali e 10 commerciali – del valore complessivo di 2 miliardi e mezzo nei settori energia, industria, infrastrutture e finanza sono stati sottoscritti ieri tra Roma e Pechino: l’Italia è il primo Paese del G7 a farlo (Reuters). Il presidente cinese Xi Jinping è poi arrivato a Palermo, da dove è ripartito questa mattina alla volta di Nizza. Ma i risultati concreti sono solo per la Cina, è il commento di Alessia Amighini ricercatrice dell’Ispi (Istituto di studi di politica internazionale). La firma del memorandum di intesa (MoU) è stata una mossa largamente percepita come divisiva, sia all’interno dell’Unione europea che nei confronti degli alleati della Nato. Sebbene il governo italiano abbia ripetutamente dichiarato che questo documento di larga intesa non sigla alcuna alleanza strategica tra Roma e Pechino, e il Presidente Mattarella lo abbia voluto inserire nero su bianco nel testo e ulteriormente ribadire nella sua dichiarazione ufficiale in presenza del Presidente Xi, è indubbio che l’MoU sia un documento politico che sancisce la volontà di cooperazione dell’Italia al progetto cinese delle cd nuove vie della Seta, il cui nome ufficiale è Belt and Road Initiative (BRI).

Lo stesso Mattarella ha tenuto a sottolineare la natura di “cornice” della firma. Poi ha aggiunto: “L’antica Via della Seta fu strumento di conoscenza fra popoli e di condivisione di reciproche scoperte. Anche la Nuova deve essere una strada a doppio senso di percorrenza e lungo di essa devono transitare, oltre alle merci anche idee, talenti, conoscenze, soluzioni lungimiranti a problemi comuni e progetti di futuro”, come aveva detto già nel 2017 agli studenti di Shanghai. Nel suo discorso Mattarella ha citato l’Italia come “paese fondatore dell’Unione europea” (Il Foglio) e poi ha lanciato il vero messaggio: “Nel mondo interconnesso e globalizzato in cui viviamo, è interesse generale sostenere il multilateralismo efficace e un sistema internazionale fondato sulle regole, con le Nazioni Unite al suo centro. In questo senso lavoriamo anche nel quadro del G20”. Lo sforzo di Mattarella – che nel chiudere ha fatto riferimento anche al “mandato italiano nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”, citando uno dei temi più controversi quando si tratta di Cina – è quello di riportare l’attenzione sul tema non più bilaterale, e non sulla singola trattativa politica e commerciale tra Italia e Cina, ma sul piano internazionale: l’Europa, l’Onu. 

“Non mi si dica che la Cina è un libero mercato”, ha detto il leader del Carroccio intervenendo dal Forum di Cernobbio; “Lui ha il diritto di dire quello che vuole, ma io ho il dovere di agire” è stata la risposta immediata di Di Maio Repubblica). La strategia del vicepremier a 5 Stelle è cambiata, ora è molto meno morbida, osserva il Corriere.

com.unica, 24 marzo 2019