Da Repubblica un’intervista al grande scrittore peruviano, Premio Nobel per la Letteratura 2010.

Dalle crisi del presente al ruolo dell’intellettuale, la parola al premio Nobel che ha chiuso la 19a edizione del Festivaletteratura a Mantova: “È un mix di fantasia e precisione, lo diceva anche Borges”.

MANTOVA – “La censura è il nemico della letteratura e della cultura. Perché è vero che tutti i grandi romanzi mentono: ma nella menzogna dicono la verità”. È battagliero Mario Vargas Llosa, che ieri ha chiuso la diciannovesima edizione del Festivaletteratura. E che non si sottrae ai temi caldi del presente, come emerge con forza dal botta e risposta con ‘Repubblica’. A cui segue il bagno di folla mantovano, in cui è accompagnato da Ernesto Franco, direttore editoriale di Einaudi (la casa editrice che pubblica i suoi romanzi ).

Signor Vargas Llosa, tra Europa, Africa, Medio Oriente, stiamo attraversando un momento drammatico: come vive, da intellettuale latinoamericano ma anche da cittadino del mondo, queste crisi umanitarie?
“Da latinoamericano credevo di sapere cosa fossero la miseria e la violenza. Finché non mi è capitato di fare un viaggio in Congo: un paese tanto ricco di potenzialità quanto devastato. Ma non c’è solo l’Africa. Come dimostra la foto del bambino di Kobane morto sulle coste turche: c’è voluto lui per commuovere tutti e per convincere i paesi europei ad ampliare l’accoglienza”.

Basta la commozione planetaria per affrontare l’emergenza?
“No. L’immigrazione, il grande problema del nostro tempo, non si risolve in questo modo. La barbarie che coinvolge milioni di persone, tra l’Africa e il Medio Oriente, dipende dalla dittatura, dalla disuguaglianza sociale e economica. I migranti vivono nell’orrore, ma hanno scoperto che ci sono nazioni apparentemente sicure e libere. Sognano la serenità, un lavoro. Più che preoccuparci di come respingerli, dovremmo creare le condizioni per non costringerli a fuggire. Se non lo faremo, nel mondo scoppierà una violenza indescrivibile”.

Ma intanto nel cuore d’Europa si costruiscono Muri…
“Abbiamo lottato tanto per abbatterli, sarebbe una stupidaggine ricominciare daccapo”. Le crisi attuali portano anche rischi di islamofobia? “Sì, è così. Del resto l’atteggiamento stesso dell’Occidente verso i musulmani denota un rischio di islamofobia. Gli integralisti, i fanatici islamici, sono una minoranza: dovremmo solo aiutarli a liberarsene “.

In questo contesto esplosivo, qual è il ruolo della letteratura?
“La letteratura è la cosa più pericolosa che ci sia. Nelle società libere non ce ne accorgiamo, ma la sua carica sovversiva è evidente nei regimi autoritari, nelle dittature ideologiche e militari, che hanno creato sistemi per controllare quelli che scrivono. In Messico i giornalisti sono vittime delle mafie, del cartello dei narcotrafficanti, e non possono esercitare alcun diritto di critica. Lo stesso avviene in molti altri paesi e genera attentati come quello di Parigi a Charlie Hebdo . La censura uccide la democrazia. La libertà d’espressione è il bene più prezioso che abbiamo. Leggere crea comunione e fratellanza e arricchisce la vita delle persone. I libri servono a vivere le vite degli altri, a incarnarsi nei personaggi dai destini inusuali, a viaggiare nel tempo e nello spazio, a conoscere altre culture”.

Il romanzo dunque è una delle poche certezze che ci restano?
“È impossibile pensare a un mondo senza finzione. Lo storytelling è indispensabile per il genere umano, per creare un’esistenza migliore di quella che abbiamo. Il romanzo è una delle sue manifestazioni. La lettura non è passiva come fissare uno schermo. Recentemente ho riletto Guerra e pace . La Storia è stata profondamente alterata dalla visione nazionalista, russa, di Tolstoj, ma non è importante, così come crediamo a Kafka, quando ci dice che Gregor Samsa si trasforma in uno scarafaggio. Tutte le grandi opere dicono la verità, pur mentendo. Non si tratta di una verità oggettiva, ma di quella letteraria. Quando scrivo, faccio ricerche sul campo, ma la narrativa non è un libro di testo o un saggio di sociologia. Mi documento per poter mentire con cognizione di causa”.

E nella sua scrittura, che meccanismi utilizza?
“Il mio punto di partenza è sempre un’immagine, ma non ho ancora capito perché alcuni accadimenti mi obblighino a scrivere e altri non lascino tracce. I primi probabilmente toccano qualche nodo vitale della mia personalità, del mio inconscio. È un mistero che non decifrerò mai. E sì, lo scrittore parte nudo, alle prese con i ricordi puri e crudi, e si riveste con la fantasia”.

Quale consiglio darebbe a chi volesse praticare l’arte della scrittura?
“Servono un’immaginazione straordinaria e una grande precisione. Un cocktail micidiale, apparentemente incompatibile. Ma lo consigliava anche Borges “.

(ANNARITA BRIGANTI – La Repubblica 14 settembre 2015)