Nel libro di Darwin Pastorin il ritratto umano e sportivo del grande tecnico friulano e la favola epica del riscatto di Paolo Rossi

Lettera a Bearzot è il libro (pubblicato di recente dalla Compagnia Editoriale Aliberti) che Darwin Pastorin ha dedicato al grande condottiero della nazionale italiana campione del mondo nel 1982, introdotto da una prefazione di Alessandro Di Nuzzo. A quarant’anni da quelle giornate indimenticabili che sono entrate nella memoria collettiva degli italiani, lo scrittore italo-brasiliano ha voluto tracciare un ritratto intimo, confidenziale del vecio (così lo aveva soprannominato Giovanni Arpino nel romanzo Azzurro tenebra), facendo emergere splendidamente la complessità della sua figura: molto ruvida ma allo stesso capace di grandi slanci e ricca di quell’umanità particolare che non cede alle lusinghe della modernità e che si è sempre nutrita della lettura dei classici antichi. Nel volume vengono messi in luce altri protagonisti chiave molto legati a Bearzot, decisivi per la vittoria di quel mondiale che Pastorin ha seguito da inviato di Tuttosport, a cominciare da Paolo Rossi.

Come in passato con opere quali Lettera a un giovane calciatore e Lettera a mio figlio sul calcio, Darwin Pastorin ha voluto abbracciare anche stavolta il genere epistolare. Particolarmente congeniale a un autore che ha sempre avuto il dono, molto raro, di saper trasmettere al lettore forti emozioni nel raccontare l’epica dello sport. “È un genere che trovo più immediato, una forma che ho sperimentato già in passato e che ho trovato particolarmente efficace, ad esempio per raccontare il percorso umano e sportivo di un giovane calciatore – ci spiega lo scrittore. “Ma anche per voler tornare a quello che era un tempo un nostro modo di comunicare privilegiato. Con le persone vicine e anche lontane, se pensiamo alle lettere ai genitori lontani, alla fidanzata, agli amici. In un certo senso lo considero un espediente narrativo: quando l’editore Aliberti mi ha chiesto un libro sui mondiali del 1982 gli ho detto subito che non volevo limitarmi a una semplice rievocazione di fatti del passato che possiamo già trovare facilmente in molti altri testi, ma che avrei voluto compiere un’operazione un po’ più originale: una lettera a Enzo Bearzot, che è stato uno dei punti di riferimento della mia vita e che ha segnato il mio percorso professionale sin da quando ho cominciato a muovere i primi passi in questo mondo. Ho pensato così di rivolgermi al vecio anche per raccontare storie del mio passato, della mia famiglia. Il libro si apre con la notizia della morte di Paolo Rossi, che mi ha molto colpito perché eravamo legati da un un rapporto fraterno. E ho voluto chiudere con una lettera a Paolo per ricordare un amico che mi manca molto”.

Il libro ha quindi una forte caratterizzazione autobiografica, un viaggio nella memoria in cui la presenza di Bearzot e dello stesso Paolo Rossi hanno un’importanza cruciale, sin da quando Darwin, giovanissimo cronista del Guerin Sportivo, nel 1977 (a soli 22 anni) viene chiamato a una prova ai limiti dell’impossibile dall’allora direttore Italo Cucci: chiedere un’intervista nientemeno che al tecnico della Nazionale in ritiro a Torino in vista della partita contro la Finlandia, valevole per le qualificazioni ai mondiali che si sarebbero disputati nel 1978 in Argentina. Una dimostrazione di grande fiducia nei confronti di un giornalista alle prime armi ma allo stesso tempo una sfida da far tremare i polsi perché i rapporti tra Cucci e Bearzot si erano fortemente incrinati da quando, un anno prima, il direttore del glorioso settimanale sportivo scrisse un editoriale di fuoco contro la Federazione che aveva deciso di dare il benservito all’ex Ct Fulvio Bernardini e affidare la panchina al tecnico friulano, a giudizio del direttore del Guerino non all’altezza del compito.

Bearzot e Rossi al Mundial '82

“Ricordo tutto di quel giorno – ci racconta Pastorin – Il direttore Cucci mi convoca nella sua stanza e mi dice: ‘ho bisogno di un’intervista’. E io dico, con quale giocatore? ‘Nessun giocatore, con Bearzot’ – risponde. ‘Ma come’, provo a ribattere, ‘Bearzot non ha forse detto che non avrebbe mai più parlato con un giornalista del Guerino? ‘Senti, mi risponde ancora a muso duro: vuoi fare questo mestiere? Allora vai e torna con l’intervista a Bearzot’. Così, pur consapevole che le probabilità di riuscita fossero quasi nulle non mi perdo d’animo e compongo subito il numero di Villa Sassi, sede del ritiro azzurro. – ‘Pronto, sono Darwin Pastorin del Guerin Sportivo, potrei parlare con il signor Bearzot?’ ‘Lei è fortunato, il mister è proprio qui, nella hall’ ­– mi risponde il centralinista dell’hotel. ‘Mister Bearzot, c’è un certo Darwin per lei’. Sento che lui dice: ‘io per Darwin e Freud ci sono sempre’. Viene al telefono e quando gli dico ‘sono Darwin Pastorin del Guerin Sportivo’ il tono della sua voce cambia completamente: ‘io con voi non parlo’ mi risponde con un tono secco e risoluto, di quelli che non avrebbero ammesso repliche. Ma non mi arrendo e ho la prontezza di ribattere: ‘Guardi mister, ho 22 anni, voglio fare questo mestiere e devo intervistarla. Lui: ‘vieni qua allora, voglio prima vederti in faccia’. Io allora prendo la mia 500 e corro in direzione Villa Sassi. Quando mi presento lui mi squadra per bene, mi fissa negli occhi e prima di sciogliersi mi fa: ‘Non dovrei parlare con un giornale che mi attacca sempre, ma tu sei così giovane e con la faccia pulita, come faccio a negarti un’intervista?’ E subito dopo iniziamo una lunga, bellissima conversazione in cui lui mi parla di tutto: di religione, di politica, della sua infanzia in Friuli, dei figli, di Cinzia che oggi è una grandissima grecista, di Glauco che scriveva poesie, mi racconta del suo amore per i classici greci e latini. E poi alla fine mi dice: ‘ritorna che ho ancora voglia di parlare con te’.”

Come è facile immaginare, quell’intervista, pubblicata con ampio risalto, permetterà al giovane Darwin di bruciare le tappe nel suo lungo e brillante percorso di giornalista sportivo e di scrittore, e segnerà inoltre l’avvio di un riavvicinamento tra il Ct e Italo Cucci.

“Lo stesso Guerin Sportivo – precisa Pastorin – insieme a Tuttosport (diretto da Cesare Baretti) e Giovanni Arpino (allora inviato del Giornale di Indro Montanelli) è stato tra i pochi ad essersi schierati al fianco di Bearzot ai mondiali, ad aver difeso la Nazionale fin dal ritiro di Vigo. Poi c’è stato il regalo di Pier Cesare Baretti che decide di mandarmi a seguire i mondiali, un momento davvero importante per la mia carriera. Lo stesso Giovanni Arpino mi aveva segnalato a Cucci qualche anno prima con grande generosità e stima nei miei confronti, dicendogli che ero talmente bravo che a Torino non avrei trovato da lavorare. Non è un caso che la dedica del mio libro sia proprio rivolta ad Arpino, Baretti e Cucci, grandi uomini che si sono rivelati fondamentali per la mia crescita professionale.”

Quell’intervista realizzata a Villa Sassi coinciderà soprattutto con l’inizio del suo intenso rapporto con Bearzot, che si consoliderà negli anni a venire. Un rapporto che gli permetterà di capire in profondità di quale spessore umano e morale fosse dotato il tecnico friulano e quanto fossero superficiali molte delle critiche rivoltegli dai media nel corso della prima fase dei mondiali spagnoli. Critiche che, quando non erano condizionate da pregiudizi sulla persona, non tenevano nella giusta considerazione l’essenza delle motivazioni che spingevano il tecnico della Nazionale ad adottare certe scelte a scapito di altre. Come quella di puntare su Paolo Rossi nonostante i due anni di assenza forzata dai campi di gioco e di insistere su di lui dopo le prime prove negative nella fase eliminatoria. E poi il gruppo, che nell’economia della squadra per Bearzot veniva prima ancora dei valori tecnici dei singoli. Un gruppo fortemente coeso e che non poteva prescindere da uomini muniti di solide qualità morali.

“Nessuno può dire niente di Bearzot, lui era un uomo perbene, sincero e chi lo ha conosciuto da vicino ha potuto confermarlo – sottolinea lo scrittore. Mi è capitato di parlare spesso, oltre che con Rossi, anche con Zoff, Scirea e Tardelli e altri: tutti lo vedevano come un padre e come un uomo dalla schiena dritta. Aveva convocato Rossi garantendogli di fargli fare il titolare e lo sostenne a spada tratta senza un attimo di esitazione, contro tutti e contro chi avrebbe voluto vedere al suo posto Pruzzo, capocannoniere del campionato.”

Ma da dove nasce questa sua ostinazione nel sostenerlo?

“Lui credeva ciecamente in Rossi ed era certo che proprio nella partita contro nella Brasile si sarebbe sbloccato, contro il parere di quasi tutti. Ai mondiali disputati quattro anni prima in Argentina Paolo gli fece vedere le sue qualità, proprio lì diventò Pablito. Lo ha sempre difeso, anche quando lui è stato fermo per lo scandalo delle scommesse, una vicenda in cui non c’entrava nulla e venne accusato ingiustamente. Lui lo ha incontrato quando il centravanti era indagato e, pur convinto intimamente dell’innocenza del suo giocatore volle domandarglielo di persona: ‘dimmi la verità Paolo’. ‘Non ho colpe, non c’entro nulla, mi creda mister’ rispose. ‘Ti credo, disse Bearzot: tieniti pronto perché tu sarai sempre con me’.

A quei mondiali Darwin era inviato al seguito del suo amato Brasile, dove si respirava un clima di festa che rispecchiava il calcio ‘bailado’ e spettacolare che quella Seleção, una delle più belle della storia, aveva saputo mettere in mostra fino alla partita decisiva contro l’Italia. Un calcio talmente bello che al ritorno in patria i calciatori di quella nazionale furono accolti all’aeroporto dagli applausi e non dalle contestazioni, come tutti si aspettavano.

“Frequentavo il loro ritiro e lì trovavo tanta allegria: un vero carnevale di festa, con Junior e Socrates alla chitarra – ci racconta Pastorin. “Mentre in campo la squadra dava spettacolo con autentici fuoriclasse quali Zico, Falcao, gli stessi Junior e Socrates. In quei giorni chiamavo spesso il mio amico Marco Bernardini, inviato nel ritiro azzurro e da lui apprendevo che il clima era esattamente l’opposto: un inferno, con insulti, veleni, livori, silenzi stampa, ostilità diffusa nei confronti dei giornalisti. L’Italia al contrario del Brasile aveva offerto nel girone di qualificazione un gioco scadente e si era qualificata per il rotto della cuffia. Anche per questo pochissimi scommisero in una vittoria dell’Italia, benché già contro l’Argentina di Maradona avesse mostrato un’altra fisionomia di squadra, ottenendo un insperato successo. Gran parte dei giornalisti italiani dava per scontato il rientro anticipato in Italia, ma non fu così. Come tutti ben ricordiamo invece il corso del mondiale si è rovesciato con la vittoria insperata contro il Brasile, i tre gol e la rinascita del mio amico Paolo Rossi.”

Quello di Darwin in quei giorni è stato un tifo romantico: era l’unica anima divisa in due, “testa italiana e cuore brasiliano” ha scritto Piero Trellini nel suo romanzo La partita (Mondadori) dedicata a quella sfida storica. “È vero – ammette lo scrittore – ma quando Paolo Rossi realizzò il primo gol ero felicissimo per lui: vederlo sorridere per me contava più di ogni altra cosa, valeva il mondiale. Quelle tre reti al Brasile hanno rappresentato l’emblema di un grande riscatto. Se ci pensi questa è una favola che sembra epica: con Bearzot che che si schiera contro tutti nel difendere questo giovane che poi lo ricambierà con sei goal, gli fa vincere il mondiale, diventa capocannoniere e poi pallone d’oro. Una storia bellissima, che sembra uscita dalle pagine di Omero.”


Darwin Pastorin è nato a San Paolo del Brasile, figlio di emigranti veronesi, nel 1955. Laureato in Lettere Moderne è giornalista professionista. È stato praticante al Guerin Sportivo, inviato speciale e vicedirettore di Tuttosport, direttore di Tele+ e Stream TV, direttore ai Nuovi Programmi di Sky Sport, direttore di La7 Sport, direttore di Quartarete TV. Ha scritto numerosi libri, tra cui: Lettera a un giovane calciatore (Chiarelettere); Lettera a mio figlio sul calcio (Mondadori); I segreti dei Mondiali (Gallucci); Gaetano Scirea. Il Gentiluomo (Premio FiuggiStoria Sport 2019; (Giulio Perrone Editore). Ha un blog su Huffington Post.

Sebastiano Catte, com.unica 13 settembre 2022