L’analisi del premio Nobel per l’Economia Michael Spence: l’economia pandemica ha accelerato la tendenza che favorisce la creazione di valore di asset intangibili attraverso aziende con pochi dipendenti

La maggior parte dei commenti sullo stato dell’economia oggi si concentra sulla “divergenza”: mentre gli indici generali del mercato azionario si avvicinano di fatto ai massimi storici, buona parte del resto dell’economia fatica a riprendersi da una delle recessioni più gravi di sempre. Mentre il Russell 2000 risulta in calo del 5,4% da inizio anno, l’S&P 500 e il Russell 3000 sono già tornati agli standard pre-pandemia, e il Nasdaq, specializzato sulle compagnie digitali e tecnologiche, è aumentato di circa il 26%.

Molti osservatori sono arrivati a concludere che il mercato non sia collegato alla realtà economica. I mercati azionari di oggi potrebbero riflettere in parte forti trend di fondo amplificati dalla “economia pandemica”. I prezzi delle azioni e gli indici di mercato sono misure della creazione di valore per i titolari di capitale, il che non è la stessa cosa della creazione di valore nell’economia più in generale, dove lavoro e capitale materiale e immateriale giocano tutti un ruolo chiave.

Inoltre, i mercati riflettono i futuri rendimenti reali attesi per il capitale. Quando si tratta di misurare il valore attuale del reddito da lavoro, semplicemente non esiste un indice previsionale comparabile. Pertanto è lecito affermare che, se c’è la previsione di una significativa ripresa economica, le prospettive per capitale e reddito da lavoro potrebbero essere simili, ma solo il valore futuro atteso del capitale si riscontrerebbe nel presente.

Ma c’è di più. Le valutazioni di mercato si basano sempre più su beni immateriali, tra cui (non ultimi) la proprietà e il controllo di dati, il che comporta mezzi propri di creazione di valore e monetizzazione. Secondo un recente studio di S&P 500, le azioni di società con alti livelli di capitale immateriale per dipendente hanno registrato i maggiori guadagni quest’anno, e minore è il capitale immateriale per dipendente delle imprese, peggiore è l’andamento delle loro azioni.

In altri termini, la creazione di valore incrementale nei mercati e nell’occupazione sono divergenti. E mentre questo era vero anche prima della pandemia, adesso il trend ha subito un’accelerazione. Ci sono almeno due ragioni per questo. Una è la rapida adozione delle tecnologie digitali come parte della risposta alle misure di blocco. La seconda è che molti settori ad alta intensità di lavoro (che normalmente aggiungono valore principalmente con lavoro e capitale tangibile) sono stati in parte o totalmente chiusi a causa di lockdown, distanziamento sociale e avversione al rischio dei consumatori.

Ad esempio, l’Indice Dow Jones di USA Airline ha chiaramente subito un grande colpo e deve ancora riprendersi. In tempi normali, questo settore genera valore principalmente con capitale tangibile, lavoro e carburante (sebbene anche nella sua attività siano presenti elementi digitali significativi).

A dire il vero, le valutazioni generali di mercato sono state supportate dalle politiche sui tassi di interesse della Federal Reserve statunitense e di altre importanti banche centrali. Nel contesto attuale, le politiche monetarie altamente accomodanti mirano principalmente a creare lo spazio necessario affinché i governi possano utilizzare il debito per finanziare grandi programmi fiscali in risposta allo shock COVID-19.

Tuttavia, sebbene i tassi di interesse estremamente bassi possono fornire un sostegno generale alle attuali valutazioni di mercato, non tengono conto delle nette differenze tra i settori. Dopotutto, anche la parte dell’economia non rappresentata dai titoli quotati in borsa sta soffrendo (sebbene ci siano, ovviamente, imprese private nei settori digitali le cui valutazioni e rendimenti sono simili, o addirittura superiori, all’estremità superiore della gamma di capitale immateriale sui mercati dei titoli pubblici).

Più in generale, le famiglie a basso reddito e molte piccole imprese con bilanci limitati e fragili sono stati lasciate senza ammortizzatori efficaci, e molti dei settori ad alta intensità di lavoro che generano un’occupazione significativa in tempi normali (tra questi alberghi, ristoranti e bar) sono stati in parte chiusi. Per affrontare queste tendenze, i bilanci sovrani vengono utilizzati come ammortizzatori per ampie fasce dell’economia.

Questo però non vale per tutte le fasce. Poiché la crisi attuale determina una crescita del valore di alcune compagnie, varrebbe la pena chiedersi chi possiede la maggior parte delle loro azioni. Certamente non sono i nuclei familiari e le imprese i cui bilanci sono troppo deboli per fungere da ammortizzatori. Le società ad alto valore di oggi sono di proprietà di individui e istituzioni con bilanci già talmente consistenti da fornire un cuscinetto di resilienza economica.

Quando poi si potranno delineare i tratti della fase post-pandemica, i settori ad alta intensità di manodopera con minore capitale immateriale per dipendente potrebbero godere di un periodo di performance positiva crescente man mano che si riprendono. Tuttavia è probabile che l’impronta digitale dell’economia si espanda anche con uno scenario come questo, e la tendenza di fondo a favore del capitale immateriale e dei suoi proprietari continui.

Non sorprende che i settori ad alta intensità di capitale immateriale abbiano un vantaggio. Per la maggior parte, le loro strutture di costo tendono strordinariamente verso costi fissi e costi marginali bassi o trascurabili. Ciò rende alcune piattaforme estremamente scalabili, il che a sua volta conferisce un potere significativo in termini di prezzi e accesso al mercato.

Si potrebbero trarre alcune conclusioni da queste realtà economiche. Per cominciare, l’economia pandemica ha accelerato la tendenza pre-pandemia favorendo la creazione di valore di asset intangibili attraverso aziende con relativamente meno dipendenti. Possiamo aspettarci che questa tendenza continui, anche se non al ritmo accelerato indotto dalla pandemia. Le imprese tradizionali si riprenderanno, ma il distacco tra la creazione di valore tra le aziende in base a beni immateriali per dipendente persisterà e rimarrà una delle principali sfide economiche e sociali.

L’idea che i mercati e l’economia stiano divergendo riflette un focus ristretto su indici particolari. Ma nessun singolo indice può offrire un utile quadro del mercato generale, per non parlare dell’economia, delle sue condizioni e tendenze. E nell’economia pandemica, gli indici del mercato azionario confondono più di quanto farebbero altrimenti, a causa delle grandi divergenze nei risultati economici tra i settori e rispetto alle persone che vi lavorano.

Infine, dato l’enorme contributo degli asset immateriali digitali alla creazione di valore, è difficile fare in modo di invertire la tendenza all’aumento delle disuguaglianze di ricchezza. Poiché i bilanci di coloro che si trovano più in basso nella scala del reddito e della ricchezza sono in gran parte privi di attività ad alto contenuto intangibile e digitale, i benefici delle attuali dinamiche economiche e tecnologiche li riguarderanno poco o nulla.

Michael Spence –  Project-Syndicate 31 agosto 2020

Michael Spence è un economista statunitense, insignito del Premio Nobel per l’economia nel 2001 insieme a Joseph E. Stiglitz e George A. Akerlof per le loro analisi dei mercati con informazione asimmetrica. Oggi insegna alla New York University.