Il premier israeliano Netanyahu ha annullato l’espulsione verso il Ruanda e l’Uganda di migliaia di migranti eritrei e sudanesi che doveva iniziare nei prossimi giorni (Bbc). La decisione era stata bloccata dalla Corte Suprema e aveva suscitato forti proteste. Il primo ministro israeliano ha annunciato ieri di aver trovato una soluzione: un accordo con l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite: 16.520 migranti dovrebbero essere ricollocati nei prossimi cinque anni in Paesi occidentali – “come l’Italia, la Germania, il Canada”, ha elencato Netanyahu – e altrettanti dovrebbero rimanere in Israele almeno per cinque anni. Ancora troppi per i leader più oltranzisti della coalizione che nella notte hanno spinto Netanyahu a sospendere l’intesa. L’Italia però non ci sta. La Farnesina ieri ha negato l’esistenza di un accordo tra Italia, Israele e Unhcr. In seguito, Netanyahu ha chiarito che si trattava solo di un esempio. 

L’Onu ha chiesto di “riconsiderare” la decisione per trovare “un accordo vantaggioso per tutti” (Jerusalem Post). “Continuiamo a credere nella necessità di un accordo vantaggioso per tutti che possa giovare a Israele, alla comunità internazionale e alle persone che hanno bisogno di asilo – ha spiegato un rappresentante dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) – e speriamo che Israele riconsideri presto la sua decisione”.

Un appoggio inaspettato a Israele lo ha offerto ieri l’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman: in un’intervista all’Atlantic ha detto che gli israeliani “hanno diritto a vivere nella loro terra”, che la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei è “peggio di Hitler” e che i musulmani “non hanno più il dovere di combattere per diffondere l’Islam”.

Sempre da Israele, in particolare dal ministro della difesa israeliano, Avigdor Lieberman, è stato lanciato ieri un ulteriore avvertimento a Hamas affinché desista dall’organizzare “nuove provocazioni”, durante un sopralluogo lungo la linea di demarcazione con la Striscia di Gaza. “Abbiamo fissato regole di comportamento chiare e non intendiamo cambiarle. Chi si avvicina ai recinti di frontiera, rischia la vita”.

(com.unica, 4 aprile 2018)