In un’intervista l’economista americano punta il dito contro le politiche dell’austerity e il disastro dell’euro

L’economista e premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, in questi giorni in Italia per partecipare alla Summer School dell’Istituto di ricerca Iseo, istituzione fondata da Franco Modigliani negli anni ’90, ha rilasciato un’intervista a “Repubblica” sul tema della Brexit, a pochi giorni dal voto in Gran Bretagna.

Stiglitz esorta a non usare i toni catastrofisti, come fa qualche ministro europeo, sottolineando però che “la Brexit sarebbe sicuramente un fattore di enorme incertezza sui mercati, che si aggiunge ai tanti già esistenti, da Trump ai tassi Usa. La responsabilità sta tutta nell’Europa: se non vuole che questa incertezza sfoci in catastrofe dovrà uscire dal suo letargo evitando di vendicarsi e negoziando una serie di accordi “intermedi” con Londra che non la isolino ulteriormente”.

“So solo che il danno è già stato” – risponde alla domande su quante chance possa avere il “leave”. “E l’Europa ne porta la responsabilità. Non è riuscita a migliorare le condizioni di vita dei cittadini, a ridurre le disuguaglianze. Ha lasciato che al suo interno prendessero corpo forze anti-establishment sempre più violente. L’euro poi è quello sì un disastro, mal congegnato, portatore di altre diseguaglianze stavolta fra Paesi, il tutto aggravato dalla folle politica di austerity che ha acuito le tensioni e prolungato la crisi. Come possiamo stupirci che la Gran Bretagna pensi di chiamarsi fuori?”.

La risposta degli altri paesi europei non potrà quindi essere la vendetta: “Ci sarà rancore verso gli inglesi per lo sconquasso che avranno provocato se vincono i “leave”, perché avranno distrutto un sogno europeista di sessant’anni. Ma bisogna essere realisti. Le banche americane usano il Regno Unito come porta dell’Ue. I “passport rights” consentono di collocare i servizi finanziari nell’intera unione dalla base di Londra. Con la Brexit questo “link” sarebbe perduto, e le finanziarie dovrebbero creare un nuovo quartier generale. Il 40% delle prime 250 multinazionali ha a Londra la sede europea, contro l’8% di Parigi. Il 30 per cento delle vendite americane nella Ue è diretto in Gran Bretagna.”

(com.unica, 15 giugno 2016)