Ora o mai più: una lettera ai leader mondiali firmata dall’ex premier inglese Gordon Brown, dall’economista Erik Berglöf e da Jeremy Farrar, direttore dell’agenzia internazionale Wellcome Trust

Questa settimana, esponenti di massimo rilievo della medicina, dell’economia, della politica e della società civile si stanno unendo nella richiesta di un’azione internazionale immediata e coordinata – entro i prossimi giorni – per mobilitare le risorse necessarie ad affrontare la crisi COVID-19, impedire che l’attuale catastrofe sanitaria diventi una della peggiori della storia, ed evitare una depressione globale. Come si osserva in una  ai leader mondiali, poiché siamo ancora molto lontani dal superare la curva COVID-19, molte vite si stanno perdendo inutilmente, altri problemi di salute vengono ignorati, e le società e le economie vengono devastate.

Durante la crisi finanziaria globale del 2008, i leader del G20 hanno lavorato per coordinare una risposta globale. E in altre emergenze precedenti – come tsunami, guerre civili o epidemie – coalizioni di paesi hanno convocato conferenze di donatori per generare le risorse necessarie. Oggi abbiamo bisogno di entrambe le misure: una task force del G20 per coordinare il sostegno internazionale e una conferenza di donatori per rendere efficace tale supporto.

Un decennio fa, è stato possibile superare l’inattesa crisi economica quando si è affrontata la sottocapitalizzazione del sistema bancario globale. Questa volta, la crisi economica non finirà fino a quando non verrà affrontata l’emergenza sanitaria, e l’emergenza sanitaria non si concluderà fronteggiando la malattia in un solo paese. Può terminare solo quando tutti i paesi si riprendono dal COVID-19, impedendogli poi di ritornare su base regolare.

Tutti i sistemi sanitari ed ogni tipo di società – anche i più sofisticati e ricchi – stanno cedendo sotto lo sforzo causato dal coronavirus. Ma se non facciamo nulla mentre si diffonde nelle città africane, asiatiche e latinoamericane, e nelle comunità più piccole – che hanno scarse attrezzature per i test e sistemi sanitari fragili, e dove il distanziamento sociale sarà impossibile da raggiungere – provocherà devastazione, persistenza dell’emergenza, e forse inevitabilmente alimenterà altri focolai in tutto il mondo.

L’unico modo in cui possiamo porre fine alla crisi il prima possibile è fare ciò che abbiamo omesso di fare per anni: finanziare le agenzie sanitarie, scientifiche ed economiche che si frappongono tra noi e il disastro globale. I leader mondiali dovrebbero immediatamente concordare un impegno iniziale di 8 miliardi di dollari – 1 miliardo di dollari per l’Organizzazione Mondiale della Sanità per continuare il suo fondamentale lavoro nel corso del 2020, e il resto per sostenere la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations per il coordinamento degli sforzi diretti a sviluppare, produrre e distribuire efficacemente diagnostica, terapie e vaccini. Tali anticipi, con un accesso equo per tutti i paesi, sono fondamentali se vogliamo porre fine a questa pandemia e prevenire tragedie future.

È inoltre necessario fornire finanziamenti per soddisfare l’esigenza globale di ventilatori e dispositivi di protezione individuale. Piuttosto che avere ogni paese, stato o provincia in lotta per una quota della capacità produttiva esistente, con tutta la concorrenza inflazionistica che ciò comporterebbe, dovremmo aumentare notevolmente la capacità coordinando la produzione globale e l’approvvigionamento di tali forniture mediche. E, se un vaccino diventa disponibile, devono essere assegnati fondi sufficienti per distribuirlo ai paesi più poveri, attraverso le organizzazioni esistenti, come “Gavi, The Vaccine Alliance”.

Secondo anche le stime più ottimistiche dell’Imperial College di Londra, ci saranno 900.000 morti in Asia e 300.000 in Africa. I paesi in via di sviluppo non sono soltanto privi di moderni sistemi sanitari; hanno anche reti di sicurezza sociale del tutto inadeguate. Sono necessari almeno 35 miliardi di dollari per fornire dispositivi medici di vitale importanza, assumere personale, e rafforzare la resilienza nazionale.

Eppure, nonostante l’incombente pericolo, secondo l’OMS, quasi il 30% dei paesi non ha piani nazionali di preparazione e risposta al COVID-19, e solo la metà ha un programma nazionale di prevenzione e controllo delle infezioni. Molti mancano di standard adeguati in materia di acqua, rifiuti e igiene all’interno delle loro strutture sanitarie. E mentre si stima che i paesi più ricchi avranno solo un settimo dei letti ospedalieri di cui hanno bisogno per le terapie intensive, i paesi poveri ne avranno di gran lunga di meno, e molti non ne avranno affatto.

I governi nazionali stanno anche tentando di contrastare il declino delle loro economie. Ma, per evitare che una crisi di liquidità si trasformi in una crisi di solvibilità, e che la recessione globale di oggi diventi la depressione di domani, si ha urgente bisogno di un migliore coordinamento delle misure fiscali, monetarie e commerciali.

I pacchetti di incentivazione fiscale attualmente in corso in alcuni paesi saranno molto più efficaci se ad essi aderiranno tutti i paesi in grado di farlo. Ma se vogliamo limitare i licenziamenti di massa (che si stanno già verificando ad una scala spaventosa), è anche vitale che le banche vadano rapidamente fino in fondo riguardo alle garanzie sui prestiti statali e forniscano il sostegno in contanti di cui le aziende e i loro lavoratori hanno bisogno.

Nei paesi più poveri è necessaria un’assistenza economica speciale. La comunità internazionale dovrebbe iniziare dalla rinuncia ai rimborsi del debito dei paesi in via di sviluppo di quest’anno, tra cui 44 miliardi di dollari dovuti dall’Africa. Ma la realtà è che saranno necessari almeno 150 miliardi di dollari in nuovi fondi per proteggere le economie in via di sviluppo.

La Banca Mondiale può aumentare il sostegno ai paesi pur rispettando il massimale di finanziamento. Ma questo non sarà abbastanza. Nel 2009, durante la Grande Recessione, le spese della Banca Mondiale sono passate da 16 a 46 miliardi di dollari. Oggi si dovrebbe garantire una simile espansione delle risorse disponibili. Il Fondo Monetario Internazionale ha affermato che mobiliterà tutte le sue risorse disponibili. L’FMI dovrebbe stanziare circa 500-600 miliardi di dollari in diritti speciali di prelievo (DSP).

Il tempo stringe. Idealmente, tutto ciò dovrebbe essere concordato e annunciato questa settimana e confermato formalmente dall’FMI e dal Comitato per lo Sviluppo della Banca Mondiale quando si incontreranno il 17-19 aprile. Questa è forse la strategia di uscita più praticabile a disposizione del mondo. Se il prezzo sembra alto, le conseguenze dell’astenersi dal pagarlo potrebbero essere catastrofiche.

Gordon Brown, Erik Berglöf, Jeremy Farrar – project-syndicate.org aprile 2020