Dalla cucina di nonna Elvira alle pagine del Financial Times. Un nuovo modo di ripensare l’economia locale grazie alla moneta complementare.

La loro storia fa venire in mente quella di tante start-up venute al mondo negli anni Ottanta in qualche sperduto garage della Silicon Valley e diventate nel giro di pochi anni autentiche star di Wall Street.

La start-up di cui vi parliamo però non nasce in California ma in Sardegna e segnatamente a Serramanna, un piccolo centro di poco più di 9 mila anime a trenta chilometri da Cagliari. E anche in questo caso il progetto viene concepito e si sviluppa in un luogo insolito: non il mitico garage californiano ma la cucina della nonna di uno dei fondatori, che per molti anni sarà anche la sede operativa della società. Qui alla fine del 2008, davanti al caminetto si sono ritrovati cinque amici freschi di laurea e con il proposito di inventarsi un lavoro: Carlo Mancosu, Gabriele e Giuseppe Littera, Franco Contu e Piero Sanna, tutti desiderosi di mettersi in gioco partendo da zero con le loro competenze e le loro idee per un’attività che avrebbe dovuto garantire loro un reddito e allo stesso tempo offrire un sostegno a un tessuto economico – come quello sardo – in perenne affanno e destinato a subire negli anni a venire i duri contraccolpi di una crisi finanziaria che arrivava da molto lontano. I cinque amici sono spinti pertanto non solo dalla ricerca di uno sbocco lavorativo ma anche da un forte senso civico: per loro il cosiddetto capitale relazionale è stato fondamentale, ancor più di quello finanziario. “Vedevamo i piccoli che soffrivano e ci siamo dati da fare per venire incontro alle loro esigenze. Quindi dovevamo metterci al servizio del nostro tessuto economico e delle persone, delle famiglie” – spiega uno dei fondatori, Carlo Mancosu.

Sarà proprio la consapevolezza sulla natura di quella crisi – finanziaria e non produttiva – a fornire ai ragazzi sardi la chiave fondamentale da cui partire. La crisi finanziaria si sarebbe trasformata inevitabilmente in una crisi del credito e quindi della domanda, con conseguenze disastrose anche sul fronte dell’occupazione. Una situazione di difficoltà acuita in Italia dalla natura stessa della moneta unica, caratterizzata dal cambio fisso e senza la valvola di sfogo della possibile svalutazione. L’idea davvero innovativa e vincente, poi messa in pratica dopo aver studiato attentamente alcune esperienze di successo in altri paesi (a cominciare da quella della Banca svizzera WIR, che transa un miliardo e 300 mila franchi all’anno) sarebbe stata quella di offrire alle aziende un mezzo di pagamento e un canale di finanziamento paralleli, complementari a quelli tradizionali. Nasce così il progetto di Sardex.net, un circuito – sottolinea Mancosu – “in cui le aziende dell’Isola, attraverso l’utilizzo di una valuta locale digitale, possano sostenersi a vicenda, finanziandosi reciprocamente senza interessi. Creare con loro un mercato complementare, un’opportunità in più”. In altri termini una sorta di camera di compensazione, al tempo stesso efficace e fortemente innovativa. Un concetto sottolineato di recente in un’intervista riportata nel sito di Sardex da Gianluca Dettori, presidente di Dpixel, società di consulenza specializzata in Venture Capital nel settore digitale: “In buona sostanza, mentre la moneta ha due funzioni, di cui una di accumulare ricchezza (se ce l’ho in tasca, sono ricco), e l’altra di consentire di fare transazioni (se te la do, mi dai in cambio qualcosa), Sardex ha tolto la possibilità di accumulazione; non ha senso tenersela in tasca, è credito che hai maturato coi tuoi beni e servizi e non genera interessi, quindi serve solo per spendere. In tale maniera la circolazione del Sardex è 11 volte superiore all’euro: 1 Sardex genera 11 euro di Pil, 1 euro di finanza genera 1,4 euro di Pil. Insomma è un fortissimo stimolo al commercio ed incrementa il fatturato del circuito, ne riduce i costi e apre l’acceso al credito anche a chi non ne ha diritto secondo gli standard tradizionali”.

L’attività vera e propria di Sardex parte nel 2010 grazie a un investimento iniziale di 40 mila euro per lo sviluppo della piattaforma tecnologica. Dopo un inizio durissimo in cui si tenterà con scarsa fortuna di proporre alle aziende del territorio l’adesione al sistema, ecco che finalmente arriverà la prima iscrizione: un piccolo imprenditore che fa da apripista a cui è stato promesso che avrebbe colto molto presto i benefici del circuito. Così è stato: dopo aver rotto il ghiaccio, a distanza di un anno il circuito contava già ben 250 imprese.

Negli anni a venire Sardex ha compiuto passi da gigante (è diventata una Spa) e fatto registrare un successo dopo l’altro: oggi sono circa 4 mila le piccole e medie aziende e i professionisti che hanno aderito al circuito. Un circuito diventato in poco tempo una vera e propria rete (capace di coinvolgere sia il piccolo negoziante sia una società quotata in borsa come Tiscali) che rappresenta a pieno titolo un sistema di accesso alternativo al credito, in cui sono le stesse imprese a concederlo alle altre sulla base del potenziale produttivo di ciascuna di esse.

Si tratta di un modello che non funziona solo in Sardegna ma che viene replicato in altre dieci regioni italiane. Un successo testimoniato dalla capacità di attrazione dimostrata verso società di grosse dimensioni come Banca Sella, la Fondazione di Sardegna (ex Banco di Sardegna), Commissione europea, aziende di venture capital, prestigiose Università (London School Economics e Yale University su tutte) e dalla sempre maggiore attenzione rivolta loro dalla grande stampa internazionale: persino il Financial Times ha dedicato ai ragazzi di Serramanna un ampio reportage, riportato con enfasi nella home page del loro sito.

Il libro

Il “fenomeno Sardex” è descritto con competenza e profondità di analisi in un libro uscito di recente scritto da Maurizio Figus (Sardex, oltre il denaro – 172 pagine, euro 19,90), pubblicato dalla casa editrice cagliaritana “La Zattera”. L’autore, oltre a spiegare il funzionamento della moneta complementare, ne svela le motivazioni che hanno spinto così tante imprese ad abbracciarne il progetto e perché Sardex ha saputo destare l’interesse del mondo economico internazionale. Un’ampia parte del volume, che si avvale della prefazione di Carlo Mancosu, è dedicata a interviste realizzate a molti iscritti al circuito (nei campi più disparati), che raccontano la loro esperienza da utilizzatori di Sardex.

Per maggiori informazioni: www.sardex.net

(Sebastiano Catte, com.unica 6 febbraio 2017)

*L’articolo è stato pubblicato anche nel numero di dicembre della rivista “Tempo Libero” (scaricabile da qui)