Non sempre il tempo la beltà cancella o la sfioran le lacrime e gli affanni, mia madre ha sessant’anni e più la guardo e più mi sembra bella…” scriveva il socialista Edmondo De Amicis pensando alla sua adorata mamma; un amore così grande tanto da invocare il Cielo per “poter cangiar vita con vita, darle tutto il vigor degli anni miei. Vorrei veder me vecchio e lei…dal sacrificio mio ringiovanita!”.

Certo negli anni di De Amicis la vita era non facile e molto più breve e a sessant’anni, se fosse esistita la pensione, l’ente previdenziale si sarebbe sgravato di numerosissimi esborsi. Altri tempi, quando unitamente alle lotte per la giustizia sociale si propugnavano i valori della patria e della famiglia come è ben testimoniato dalle opere del De Amicis che ha accompagnato intere generazioni con il suo “Cuore”, o “Sull’oceano”, o “Il romanzo di un maestro”. Tempi nei quali la parola mamma significava un generalizzato sentimento di filiale devozione verso chi ha generato la vita provvedendo al suo primario accudimento e alla fondamentale educazione.

Un sentimento sfruttato dalla politica come quando, per la prima volta in Italia, fu elevato a festa il 24 dicembre 1933, una solennità civile ricorrente ogni vigilia del Natale per rafforzare la politica del regime a favore dell’incremento delle nascite. Poi inevitabilmente la spinta economica sull’esempio americano ha stabilito in Italia questa ricorrenza per la seconda domenica di maggio e definitivamente l’8 maggio di ogni anno.

In questo giorno a beneficio di fiorai, pasticcieri e commercianti vari i figli festeggiano la mamma portandole un “pensierino”. Va bene così purché ci si ricordi che, come diceva qualcuno, la mamma è quella persona che vedendo che ci sono solo 4 pezzi di pollo carnoso per 5 persone, dice che del pollo a lei piacciono solo le ali e le zampe.

(Franco Seccia/com.unica, 8 maggio 2016)