Ricorre quest’anno il bicentenario della nascita di Ada Augusta Byron (Londra, 10 dicembre 1815 27 novembre 1852), donna piena di talento e di inquietudini, che anticipò di oltre un secolo alcune delle idee portanti dell’informatica moderna.

Figlia del poeta George Byron e di Annabella Milbanke, Ada non conobbe il padre, che si separò dalla madre e lasciò per sempre la famiglia e poi l’Inghilterra quando la bambina aveva pochi mesi. Annabella, donna severa, ossessionata dall’ordine e dalla disciplina, spinse Ada a studiare la matematica, anche per allontanarla dal disprezzato retaggio poetico del padre, per il quale tuttavia Ada provò sempre grande ammirazione e affetto.All’età di diciott’anni, Ada incontrò l’ingegnere e matematico Charles Babbage, eccentrico e geniale inventore che aveva ideato un’ambiziosa macchina calcolatrice, la Macchina Analitica. Ada si appassionò alle prospettive del calcolo automatico e dieci anni dopo, nel 1843, tradusse dal francese all’inglese il testo che l’anno prima il matematico torinese Luigi Federico Menabrea aveva dedicato alla macchina di Babbage. Ada non si limitò a tradurre l’opuscolo, ma vi aggiunse un ampio corredo di note e commenti originali, che rivelano la sua capacità di penetrare a fondo le idee di Babbage e di concepire per la macchina un campo applicativo vastissimo.

Ella intuì che non si trattava solo di una macchina per far di conto, bensì di un dispositivo capace di elaborare simboli. Alla luce di quanto si sa oggi, si può dire che questa intuizione rappresenta il primo nucleo dell’informatica moderna e, secondo alcuni, addirittura dell’intelligenza artificiale. Le note di Ada al testo di Menabrea chiarirono concetti, a quel tempo esoterici, che molto più tardi – con l’avvento del moderno elaboratore elettronico – assunsero una rilevanza cruciale nel passaggio dall’astrazione alla pratica delle macchine programmate. La  salute di Ada, già minata da una lunga malattia infantile, fu messa a dura prova dagli studi e dalla severità con cui la madre sovrintendeva all’opera educativa. La situazione si aggravò nel 1835, quando Ada sposò lord William King e nel giro di quattro anni ne ebbe tre figli. L’intenso impegno di moglie e di madre, gli inderogabili obblighi mondani (nel frattempo il marito aveva ottenuto il titolo di conte di Lovelace, quindi lei di contessa), le fatiche dello studio, che non voleva interrompere, l’abuso del laudano che assumeva per alleviare le sofferenze fisiche dovute al cancro che la consumava e infine la divorante passione per il mesmerismo e per il gioco d’azzardo compromisero definitivamente la sua debole fibra. Nel 1852, all’età di 37 anni, Ada morì fra atroci dolori.

Come si è detto, nel 1843 Ada tradusse l’opuscolo di Menabrea corredandolo di note che ne estendono la lunghezza a ben cinquantadue pagine, mentre lo scritto originale ne comprende soltanto venti. Nel loro insieme le note hanno il respiro di un saggio autonomo, organico e compiuto. Babbage ne riconobbe l’importanza, tanto che nella sua autobiografia scrisse:«La contessa di Lovelace m’informò di aver tradotto la monografia di Menabrea. Le suggerii allora di corredarla di note, idea che ella accettò subito. […] L’autrice è penetrata appieno in quasi tutte le questioni relative all’argomento. I due lavori insieme offrono a quanti sono in grado di afferrare il ragionamento una dimostrazione completa del fatto che ora tutti gli sviluppi e le operazioni analitiche possono essere eseguiti a macchina».

Ada sottolinea che la macchina di Babbage può essere usata per sviluppare qualsiasi funzione, di generalità e complessità arbitrarie. Inoltre a essa si possono fornire sia un programma, cioè una sequenza ordinata di istruzioni operative, sia i dati, cioè le grandezze su cui eseguire le istruzioni. La costruzione del programma, osserva Ada, è un’operazione delicata, che carica l’operatore di una notevole responsabilità, aggravata dalla difficoltà di comunicare con la macchina in modo univoco. Questa difficoltà può essere superata grazie alla precisione del linguaggio matematico e Ada sottolinea la potenza insita nella creatività disciplinata dal rigore, rivelando in pieno le doti ereditate dai genitori: immaginazione ed esattezza. Ada s’interessò anche del rapporto tra matematica e musica, come conferma una delle lettere che scrisse al matematico Augustus De Morgan, suo mentore. Nelle note a Menabrea, Ada s’interroga sulla possibilità che la Macchina Analitica possa operare direttamente non solo sui numeri ma anche su altri oggetti legati da relazioni che la macchina possa elaborare. Supponendo per esempio che le relazioni tra i suoni di una composizione musicale siano suscettibili di espressione simbolica, ‘la macchina potrebbe comporre pezzi elaborati e scientifici di musica di ogni grado di complessità o estensione.’ Dati e istruzioni sono forniti alla Macchina Analitica mediante schede perforate, idea derivata dal telaio messo a punto verso la fine del Settecento dal francese Jacquard, a proposito del quale Ada crea questa leggiadra similitudine: «La Macchina Analitica tesse disegni algebrici, così come il telaio di Jacquard tesse fiori e foglie». Nel 1979, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti diede il nome di Ada a un linguaggio di programmazione agevole ed efficiente: un riconoscimento dei meriti scientifici di questa donna fragile e coraggiosa.

Giuseppe O. Longo, AVVENIRE 24 ottobre 2015