Anche la Commissione europea continua a lavorare su tutti i fronti per affrontare l’emergenza coronavirus. Dal centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’UE, il Commissario per la Gestione delle crisi Janez Lenarcic ha sostenuto che “alla luce della diffusione del coronavirus in un numero crescente di paesi, dobbiamo puntare sul coordinamento e la cooperazione. È il momento di unire le forze per fermare questa epidemia ed è di vitale importanza che tutta la comunità internazionale combatta il coronavirus con interventi di preparazione e risposta, senza perdere di vista la solidarietà internazionale”.

Per quanto concerne gli ultimi sviluppi, il 9 febbraio sono stati rimpatriati da Wuhan 95 cittadini dell’UE con un volo del Regno Unito. La Commissione, tramite il meccanismo di protezione civile dell’UE, ha cofinanziato i costi di trasporto di queste persone dal Regno Unito ai rispettivi Stati membri: oltre all’Italia, anche Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania e Svizzera.

Il 2 febbraio alcuni cittadini del Regno Unito avevano lasciato Wuhan su un volo francese. A seguito dell’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’UE da parte della Francia a fine gennaio, 558 persone, inclusi 447 cittadini dell’UE, erano già state portate via da Wuhan con tre voli cofinanziati dall’UE, due organizzati dalla Francia e uno dalla Germania, il 31 gennaio e il 2 febbraio. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’UE collabora con tutti gli Stati membri dell’Unione per agevolare la consegna dei dispositivi di protezione individuale richiesti dalla Cina, che vanno ad aggiungersi alle 12 tonnellate già mobilitate dagli Stati membri il 1° febbraio come risposta immediata.

Il 31 gennaio l’UE ha anche annunciato uno stanziamento di 10 milioni di euro a sostegno della ricerca sul coronavirus da Orizzonte 2020, il suo programma di ricerca e innovazione, e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie monitora attentamente la diffusione del virus.

Intanto Anthony Fauci, fra i più celebri immunologi del mondo e direttore dell’istituto statunitense per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), ha affermato (lo riporta Repubblica) che ci vorranno due o tre mesi per il primo test del vaccino contro il coronavirus 2019-nCov. “Stiamo lavorando con l’azienda biotecnologica Moderna e con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi)”. E su questo punto in giornata è intervenuta anche l’Oms spiegando che “il primo vaccino per il Coronavirus potrebbe essere pronto in 18 mesi”. Fauci ha ricordato inoltre che alla luce dei dati finora noti, il tasso di mortalità del coronavirus 2019-nCoV è del 2%, ma considerando i casi asintomatici o con sintomi molto lievi potrebbe essere inferiore.

com.unica, 12 febbraio 2020