Nell’ottica dell’attuale situazione che vede il Mediterraneo solcato da decine e decine di imbarcazioni dirette verso l’Italia e dell’ormai acclarata emergenza migranti, la Camera di commercio ItalAfrica Centrale, nell’ottica di favorire gli scambi commerciali e l’internazionalizzazione delle imprese italiane ed europee interessate ad investire nel continente africano, analizza la situazione. “Sul fronte europeo”, si legge in un comunicato, “in seguito alle raccomandazioni dei leader dell’UE al Consiglio europeo di giugno, la Commissione sta espandendo il concetto dei cosiddetti centri controllati.Verranno attuate delle misure a breve termine atte a migliore la gestione ed il trattamento dei migranti attraverso possibili accordi regionali di sbarco. 

L’intenzione è di valutare entro 72 ore le persone soccorse nel Mediterraneo per riconoscerne la validità della richiesta di protezione internazionale. In caso contrario è previsto il rimpatrio, volontario o meno. Le autorità dovrebbero prendere una decisione sulla domanda entro otto settimane al massimo. Se il processo si svolge in un paese in prima linea, il rifugiato potrebbe essere riassegnato. In caso contrario, quella persona rimarrà nel paese in cui ha presentato domanda di asilo. Inoltre, l’UE aiuterà i paesi a riallocare persone da piattaforme di sbarco con € 6.000 a persona e coprirà il costo del trasferimento, per incoraggiare la solidarietà tra gli Stati membri, come nel 2015”. 

Regno Unito, Norvegia e Grecia hanno già sperimentato questa procedura, e per quel che riguarda l’Italia, le Università di Cagliari e Sassari, sono coinvolte nel progetto voluto dal Consiglio d’Europa e i centri Naric (National Academic Recognition Information Centre). Ad oggi l’Università di Cagliari ha garantito il “passaporto” a 12 persone. Questa è la strada giusta nella quale operare e andrebbe allargata non solo ai rifugiati, ma a tutti gli africani interessati a emigrare in Europa. Non è accettabile che chi ha una formazione sia costretto a lavorare come bracciante in condizioni di sfruttamento per ragioni burocratiche”.