Finalmente una buona notizia: la scuola italiana è quella che funziona meglio, almeno per gli allievi meno abbienti, meglio di quanto non accada nei sistemi scolastici di tante altre realtà europee e del mondo. Lo affermano i dati contenuti in un focus pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), da cui si evince anche che uscendo dalla scuola le differenze si accentuano (una condizione peraltro condivisa con gli altri paesi).

Lo scopo dello studio è quello di analizzare il gap tra studenti svantaggiati e compagni più fortunati nel corso della vita, dopo il diploma, in termini di abilità in Lettura e Matematica. Per contabilizzare le differenze di performance in Lettura e Matematica dei quindicenni di una quarantina di Paesi e economie dei cinque continenti, che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment), con lo stesso gap riscontrato tra i soggetti di 25/27 anni di età che partecipano all’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle capacità in Lettura e Matematica degli adulti, gli esperti dell’Ocse hanno messo a punto un indice. Scoprendo che dopo il diploma le differenza di prestazione tra studenti avvantaggiati (con almeno un genitore laureato e con oltre 100 libri a casa) e svantaggiati (con meno libri e genitori con un livello di istruzione più basso) crescono in tutti e 20 i Paesi oggetto dello studio, tranne che in Canada, Stati Uniti e Korea. Anche in Italia. Dallo studio “emerge in modo abbastanza chiaro il fatto che, dato l’allungamento della vita lavorativa e della fine della sicurezza di percorsi lineari della vita lavorativa, le competenze e soprattutto lo sviluppo delle competenze lungo la propria vita siano importantissime”, spiega la ricercatrice Francesca Borgonovi, che ha partecipato alla stesura del focus. “Tuttavia, il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università – conclude l’esperta Ocse – non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo anzi tendono a rinforzarle”.

L’indice che descrive la sperequazione in termini di preparazione tra soggetti più e meno fortunati, riguardo alle competenze linguistiche dei quindicenni, vale per l’Italia 0,45 mentre a livello Osce sale a 0,48. Per la Danimarca è pari a 0,64 e per la Germania sfiora il valore di 0,49. In altri termini, la scuola italiana è più inclusiva di quanto si pensi e riesce a supportare meglio i soggetti meno fortunati. Una caratteristica che viene confermata anche dopo il diploma. Certo, fin quando gli studenti frequentano la scuola il divario si mantiene entro livelli relativamente bassi, ma quando si raggiungono i 27 anni in Italia il divario si amplifica anche oltre la media Ocse: 0,67, in Italia, e 0,61 a livello internazionale. Confermando che nel Belpaese la scuola riesce ad attenuare le differenze socio-economiche di partenza. Caratteristica che, con valori diversi, si mantiene anche riguardo alla Matematica: quella che gli inglesi chiamano la numeracy.

(com.unica, 30 marzo 2017)