“Gli Ebrei a Shanghai” è il titolo della mostra inaugurata lo scorso 9 marzo presso le sale del Museo Ebraico di Venezia. L’esposizione, che rimarrà aperta al pubblico fino al 31 di questo mese, è un viaggio nella storia di 18.000 ebrei dell’Europa Centrale che, dopo L’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla Germania) partirono alla volta di Shanghai, perla d’Oriente. Racconta in 15 pannelli con 60 fotografie in bianco e nero e una decina di documenti originali, le sorprendenti vicende di chi, agli albori delle persecuzioni in Europa cercò la salvezza in Cina.

Il Console generale della Cina a Vienna, il dottor Ho Feng Shan, insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni, in quegli anni ebbe un ruolo decisivo schierandosi apertamente contro l’antisemitismo e offrendo agli ebrei, attraverso la concessione di visti, una via di fuga verso l’estremo oriente. Dal 1933 al 1940, gran parte dei rifugiati si spostarono in Italia per imbarcarsi su navi da crociera salpate dai porti di Genova e Trieste; altri fuggirono nei Paesi dell’Europa Settentrionale e partirono dai porti sull’Atlantico. Il massiccio afflusso terminò nel 1941 a seguito della dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia e alla Gran Bretagna, che sancì la chiusura della rotta verso la Cina, e del bombardamento giapponese di Pearl Harbour, nel dicembre 1941, che diede il via alla guerra del Pacifico.

La mostra ci fa vedere da vicino inoltre la vita dei rifugiati ebrei a Shanghai. Dal periodo di libertà di cui goderono nella “Piccola Vienna” che si era venuta a creare nel distretto di Hongkou a Shanghai fino all’invasione giapponese della Cina nel 1942 e all’istituzione nell’area di Tilanqiao, di un ghetto. Formalmente conosciuto come il “settore ristretto per i rifugiati apolidi”, il ghetto corrispondeva a un’area di circa due chilometri quadrati e mezzo, dove i rifugiati ebrei furono costretti a stabilirsi fino alla fine della guerra. L’ex sinagoga di Shanghai, Ohel Moshe, fu restaurata nel 2007 ed ospita oggi il Museo dei Rifugiati Ebrei di Shanghai, che ha curato la realizzazione di questa mostra in collaborazione con l’Istituto Confucio presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

(com.unica, 12 marzo 2017)