La passione del Grande Maestro per il “nobil gioco” in un’intervista pubblicata su “The Paris Review” (a cura di Alessandro De Rosa)

È nota la grande passione di Ennio Morricone per gli scacchi, che il grande Maestro ha coltivato fino all’ultimo. In più occasioni ha espresso il suo rammarico per non aver potuto dedicare molto più tempo al “nobil gioco”. Nel 2007, subito dopo aver ricevuto l’Oscar alla carriera, alla domanda “Un desiderio che non è riuscito a realizzare?” ha risposto “Diventare un campione di scacchi, più bravo di Kasparov!”. Morricone ha musicato l’inno delle Olimpiadi degli Scacchi (i campionati del mondo a squadre) di Torino 2006.

Il premio Oscar ha parlato di scacchi e dei punti di contatto di questa disciplina con il mondo della musica in un’intervista con il giovane musicista Alessandro De Rosa, pubblicata sulla rivista letteraria statunitense “The Paris Review” nel marzo del 2019 e riportata qui in italiano. Il dialogo è presente anche nella parte introduttiva del volume autobiografico “Ennio Morricone, inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita” (Mondadori), frutto di anni di incontri fra Ennio Morricone e lo stesso De Rosa. Una conversazione densa e profonda, che parla di vita, di musica e dei modi meravigliosi e imprevedibili in cui vita e musica entrano in contatto e si influenzano a vicenda.

ENNIO MORRICONE

Che ne dici di fare una partita?

INTERVISTATORE

Invece di giocare, dovrai insegnarmi come giocare.

INTERVISTATORE

Qual è la tua prima mossa?

MORRICONE

Di solito apro di donna, quindi probabilmente inizierò così, anche se una volta un grande scacchista come Stefano Tatai mi ha consigliato di aprire su E4, il che mi ricorda molto il basso numerato.

INTERVISTATORE

Abbiamo già iniziato a parlare di musica?

MORRICONE

In un certo senso … Con il passare del tempo, ho scoperto che esistono molti punti di contatto tra gli scacchi e il sistema di notazione musicale, impostato com’è nelle durate e nelle altezze. Negli scacchi, le dimensioni rimangono spaziali e il tempo è ciò che i giocatori hanno a disposizione per fare la mossa giusta. Inoltre ci sono combinazioni orizzontali e verticali, diversi motivi grafici, proprio come le note musicali in armonia. E ancora, si possono mettere insieme modelli e rappresentazioni come se fossero parti strumentali di un’orchestra. Il giocatore che non apre, prima di passare al bianco – l’avversario – ha a disposizione dieci possibilità, che poi si moltiplicano in maniera esponenziale. Questo mi fa pensare al contrappunto. Il parallelo, per chi lo cerca, c’è, e i progressi in un campo spesso si collegano con quelli nell’altro. Non è un caso se tra gli studiosi di matematica e di musica si celino generalmente i più grandi giocatori. Penso a Mark Tajmanov, pianista e scacchista eccezionale, a Jean-Philippe Rameau, a Sergej Prokof’ev, a John Cage, ai miei amici Aldo Clementi ed Egisto Macchi: gli scacchi sono parenti della matematica e la matematica, come sosteneva Pitagora, lo è della musica. In particolare di un certo tipo di musica, per esempio quella di Clementi, così legata alla serialità, ai numeri, alle combinazioni… gli stessi elementi-chiave del gioco degli scacchi. In fondo le considero tutte attività creative; alla base sono coinvolti procedimenti grafici e logici che implicano anche la probabilità, l’imprevisto.

INTERVISTATORE

Cosa ti appassiona in particolare?

MORRICONE

A volte proprio l’imprevedibilità. Una mossa che esce dalla routine infatti è più difficile da prevedere. Michail Nechem’evič Tal’, uno dei più grandi scacchisti della storia, vinse molte partite grazie a mosse che imbarazzavano l’avversario e non gli lasciavano il tempo di riflettere. Bobby Fischer, un vero fuoriclasse, forse il mio preferito, fu inventore di mosse inaspettate e sorprendenti. Loro rischiavano giocando molto d’istinto. Io invece cerco la logica del calcolo. Ecco, dovrei dire che gli scacchi sono il più bel gioco proprio perché non sono solo un gioco.Tutto si mette in discussione, le regole morali, quelle della vita, l’attenzione e la voglia di combattere senza spargimenti di sangue, ma con la volontà di vincere, e di farlo correttamente. Con il talento e non con la sola fortuna. In effetti, quando li prendi in mano, questi pezzetti di legno simili a statuine diventano una forza, assorbono l’energia che uno gli dà. Negli scacchi c’è la vita, c’è la lotta. È lo sport più violento che esista, paragonabile al pugilato, ma molto più cavalleresco e sofisticato. Devo confidarti che, quando stavo musicando l’ultimo film di Tarantino, The Hateful Eight (2015), e leggendo la sceneggiatura scoprivo la tensione che silenziosamente cresceva fra i personaggi, pensavo allo stato d’animo che si prova durante una partita a scacchi. Contrariamente ai film di Tarantino, però, in questo sport non si sparge sangue, non ci si fa male fisicamente. Eppure non è per niente freddo. Anzi, questo gioco è dominato da una tensione spasmodica e silenziosa. Qualcuno dice addirittura che gli scacchi sono musica silenziosa, e per me giocarci è un po’ come scrivere musica. Anzi, a dirla tutta, per le Olimpiadi degli scacchi di Torino 2006 scrissi addirittura l’Inno degli scacchisti.

INTERVISTATORE

Chi hai sfidato di più tra gli amici registi o musicisti?

MORRICONE

Uno con cui mi sono trovato a fare qualche partita era Terence Malick, anche se devo riconoscere che ero molto più forte io. Con Egisto Macchi le partite erano più combattute, invece con Aldo Clementi era proprio difficile. Credo che su dieci incontri almeno sei li abbia vinti lui. Era davvero più forte di me, e ancora ricordo quando mi raccontò della partita con John Cage! Io non c’ero, ma rimase una sfida leggendaria nel mondo della musica.

INTERVISTATORE

Una sfida fra logica e caos. Come ti tieni aggiornato sugli scacchi?

MORRICONE

Conosco diversi giocatori professionisti e quando ne ho la possibilità li seguo nei tornei e nelle partite. Da anni poi sono abbonato alle più importanti riviste specialistiche come “L’Italia scacchistica” e “Torre & Cavallo – Scacco!”. Una volta mi capitò addirittura di pagare l’abbonamento due volte! Nonostante la mia ostinazione e la mia passione, ormai a scacchi gioco sempre meno. Ma negli ultimi anni sfido “Mephisto”, una scacchiera elettronica.

INTERVISTATORE

Una scacchiera demoniaca…

MORRICONE

Puoi ben dirlo, perdo sempre. Credo di aver vinto solo una decina di volte. Ogni tanto qualche «patta» – come si dice nel gergo –, ma in genere vince Mephisto. In passato era diverso. Quando i miei figli abitavano ancora a Roma, giocavo spesso con loro. Per anni infatti ho cercato di contagiarli con questa mia passione e nel tempo Andrea è diventato più forte di me.

INTERVISTATORE

È vero che sfidasti il Grande Maestro Boris Spasskij?

MORRICONE

È vero, sì. Avvenne circa una decina d’anni fa, a Torino. Penso che si trattò del momento più alto della mia carriera di scacchista.

INTEVISTATORE

Vincesti?

MORRICONE

No, ma finì in parità. Fu una grande partita, a detta di alcuni presenti. Alle nostre spalle avevamo tutti gli spettatori: eravamo rimasti solo noi a giocare. Spasskij in seguito mi confessò che aveva giocato senza spingere troppo. Era evidente, altrimenti non sarebbe mai andata così, ma io mi sentii molto fiero di me. Pensa che ancora conservo sulla scacchiera nel mio studio la nota di tutta la partita. Aprì lui con un “gambetto di re”, una mossa temibile e per me difficile. Questo lo portò avanti, ma alla quinta mossa misi in atto un’invenzione di Bobby Fischer – che era stato suo rivale storico – e pareggiai. Fummo costretti a quel punto a eseguire tutti e due per tre volte le stesse mosse, quelle che bastano per chiedere il pareggio. Tentai poi di trascrivere il finale della partita, anche con l’aiuto di Alvise Zichichi, ma senza successo. Ero troppo confuso da quello che era accaduto, mi ero perso le ultime sei, sette mosse. Peccato.

INTERVISTATORE

Avevi delle strategie ricorrenti?

MORRICONE

Per un periodo giocai «lampo», un modo di procedere basato sulla velocità: ottenni buoni risultati, ma poi peggiorai. Mi battei con giganti come Kasparov e Karpov, con cui persi nettamente, con Judit Polgar – all’epoca incinta – e Péter Lékó a Budapest. Furono grandi occasioni. Quest’ultimo mi diede con grande gentilezza una rivincita dopo che avevo commesso un errore dozzinale già in apertura. Persi ancora, ma sicuramente in maniera più onorevole. Ho constatato negli anni l’esistenza di un’intelligenza prettamente scacchistica che si manifesta lì, durante la partita, e che non ha a che fare con la capacità riflessiva della persona nella quotidianità.

INTERVISTATORE

Un’intelligenza specialistica…

MORRICONE

Sì, mi è capitato spesso di incontrare giocatori con cui non avrei avuto niente di cui parlare, ma che si rivelavano strepitosi scacchisti. In Spasskij per esempio scorsi una persona molto pacifica e mite, sulla scacchiera invece dimostrava una feroce determinazione.

INTERVISTATORE

[Ennio intanto mi ha mangiato quasi tutti i pezzi.] Come iniziò la tua passione per questo gioco?

MORRICONE

Per caso. Un giorno, da ragazzo, mi imbattei in un manuale e dopo averlo sfogliato per un po’ lo comperai. Studiai su questo testo per diverso tempo e poi iniziai a giocare con Maricchiolo, Pusateri e Cornacchione, alcuni amici che abitavano nel palazzo di via delle Fratte di Trastevere, dove vivevo con i miei genitori. Eravamo addirittura arrivati a organizzare dei quadrangolari. Cominciai a trascurare lo studio della musica. A un certo punto mio padre se ne accorse, e mi disse: “Te, la devi smettere!”, e io ho smesso. Non giocai più per anni. Ripresi solo intorno al ’55, avevo ventisette o ventotto anni, ma non fu una cosa semplice. Mi iscrissi a un torneo a Roma, sul Lungotevere. C’è da considerare che non avevo studiato per tutto quel tempo. Ricordo ancora che il mio avversario, proveniente dal quartiere di San Giovanni, adottò una “difesa siciliana”. Io commisi degli errori gravissimi e persi malamente, ma una cosa mi fu chiara: avrei ripreso lo studio degli scacchi. Studiai con Tatai, un “Maestro”, dodici volte campione italiano, che sfortunatamente non divenne “Grande” per via di un mezzo punto durante un torneo a Venezia tanti anni fa. Continuai con Alvise Zichichi e infine con Ianniello, “Candidato maestro”, che non insegnava solo a me, ma a tutta la mia famiglia. Con lui, inoltre, mi preparai per fare il torneo di promozione con cui arrivai addirittura nella Seconda categoria nazionale. Raggiunsi quasi i 1700 Elo: un buon punteggio, anche se un campione del mondo viaggia sui 2800; Garry Kasparov arrivò per esempio a 2851.

INTERVISTATORE

Non scherzavi affatto… Qualche tempo fa dichiarasti addirittura che saresti disposto a scambiare il tuo Oscar alla Carriera per il titolo di campione del mondo. Ora un’affermazione del genere sarebbe più facile, perché di statuette non ne hai solo una ma ben due. In ogni caso quelle parole mi colpirono molto.

MORRICONE

Se non fossi stato compositore, avrei voluto diventare scacchista. Però ad alto livello, un pretendente al titolo mondiale. Allora sì, sarebbe valsa la pena di lasciare la musica e la composizione. Ma non fu possibile. Così come non fu possibile dare seguito alla mia ambizione di bambino di diventare dottore. Per quanto riguarda la medicina, non iniziai proprio il percorso; mentre per gli scacchi studiai tanto, anche se ormai era tardi: mi ero fermato per troppo tempo. Era deciso, dovevo fare il musicista.

INTERVISTATORE

Hai dei rimorsi in questo senso?

MORRICONE

Sono contento di essermi realizzato con la musica, però ancora oggi mi chiedo: e se avessi fatto lo scacchista o il medico? Sarei riuscito a ottenere gli stessi risultati che ho ottenuto nella musica? A volte mi rispondo di sì. Credo che mi sarei impegnato al meglio delle mie possibilità, e ci sarei riuscito: perché mi applico e perché riesco ad amare quello che faccio. Forse non sarebbe stata la «mia» professione, ma certamente mi ci sarei dedicato con grande passione, e questo avrebbe riscattato l’indecisione di una scelta magari un po’ avventata.

[…]

Nella foto in alto COLLAGE WITH MODIFIED IMAGES. ENNIO MORRICONE PHOTO: GONZALO TELLO. CHESS PHOTO: DAVID LAPETINA (CC BY-SA 3.0 (HTTPS://CREATIVECOMMONS.ORG/LICENSES/BY-SA/3.0)).