Un intervento chiarificatore del professor Fabio Sabatini, docente di Economia alla Sapienza, sul tema dello stadio della Roma, su cui arriverà nelle prossime ore il pronunciamento definitivo della giunta capitolina.

Dopo tanti dibattiti surreali, il pronunciamento della Soprintendenza e l’ennesima quasi-marcia indietro della sindaca Raggi, qui un prontuario per rispondere alle “verità alternative” in circolazione sullo Stadio della Roma. Prendetene tutti e magari usatelo per fare chiarezza con chi grida alla speculazione, all’inondazione e alla colata di cemento.

1) È uno spreco di denaro pubblico. Falso: il progetto è interamente finanziato da privati e non sarà speso un euro di denaro pubblico.

2) Ci sono altre priorità. Vero, ma non sono in competizione con il progetto stadio. Lo stadio sarà realizzato da privati, delle altre priorità deve occuparsi il settore pubblico, semmai.

3) “È un regalo ai privati” (cit. Berdini). Falso: la precedente amministrazione ha contrattato coi privati uno scambio. Per avere il permesso di costruire, la Roma realizzerà, a sue spese, opere pubbliche per un valore di 450 milioni di euro più Iva: il quartiere degli affari, che popolerà un’area altrimenti abbandonata, il parco fluviale (vedi punto successivo), il prolungamento della metro B, la riqualificazione della stazione di Tor di Valle, il collegamento con l’autostrada Roma Fiumicino attraverso un nuovo ponte sul Tevere, la riunificazione della via Ostiense e della via del Mare, e la messa in sicurezza idrogeologica della zona. Senza spendere un euro di denaro pubblico.

4) È una colata di cemento. Falso. Il progetto prevede la realizzazione di un parco fluviale di 63 ettari (approssimativamente le dimensioni di Villa Borghese) con la piantagione di 9mila alberi, l’installazione di 11 chilometri di piste ciclabili e la costruzione di un ponte pedonale sul Tevere per congiungere il parco con la stazione della Magliana. Che la zona sia martoriata però è vero: Tor di Valle è una periferia abbandonata dalle istituzioni che oggi può vantare solo abusivismo, discariche improvvisate e prostituzione di strada. Senza lo stadio, rimarrà tale. In generale, bisogna smettere di definire “colata di cemento” qualunque investimento immobiliare privato. Gli investimenti non sono tutti uguali: in questo caso lo sviluppo immobiliare è accompagnato da trasporti pubblici, verde pubblico e qualità architettonica. Pensate che con lo stadio sarà rovinata una bella area verde? Andate a fare un giro a Tor di Valle e ne riparliamo. Se tornate.

5) La zona scelta per lo stadio è a rischio inondazione. Vero. Il rischio idrogeologico esiste, e riguarda fondamentalmente una porzione di città esterna all’area di Tor di Valle che è già oggi abitata da moltissimi cittadini, quella del quartiere di Decima, di cui il Comune non si è mai voluto occupare. La Roma si è impegnata a mettere in sicurezza Decima e Tor di Valle a sue spese con il potenziamento del Fosso di Vallerano e altri interventi molto costosi. Se si realizzerà il progetto, la zona non sarà più a rischio idrogeologico e la città avrà risolto un altro problema (senza spendere un euro di denaro pubblico). Senza lo stadio, il rischio rimarrà tale.

6) È un precedente pericoloso per la trasformazione urbana. Falso. Con questo precedente si affermerà il principio che per realizzare grandi progetti immobiliari è necessario dare PRIMA grandi servizi pubblici alla città, e che non esiste trasformazione urbana senza qualità architettonica, senza trasporto pubblico e senza verde. Solo chi vuole sfruttare il territorio senza dare alla città niente in cambio può cogliere un pericolo in questo precedente: toh, i palazzinari!

7) I privati faranno lo stadio e poi dimenticheranno le opere pubbliche. Falso. La legge prevede che i proponenti del progetto non possano usare lo stadio finché non saranno completate le opere pubbliche. In forza di una convenzione urbanistica che dovrà essere sottoscritta con il Comune e che avrà valore contrattuale, la Roma sarà tenuta a realizzare tutte le opere pubbliche PRIMA che lo stadio apra.

8) Così si va verso l’urbanistica contrattata, in cui sono i privati a decidere come deve cambiare la città. Parzialmente falso. L’urbanistica contrattata non è un male, se la contrattazione si fa bene. Spetta alle istituzioni pubbliche stimolare e guidare gli investimenti privati affinché vadano a vantaggio della collettività, oltre che degli investitori. Ed è esattamente ciò che ha fatto l’amministrazione precedente, negoziando con la Roma delle condizioni molto vantaggiose per la città in cambio del permesso di costruire.

9) È il settore pubblico che deve investire nella trasformazione urbana. Dispiace deludervi, ma le condizioni del bilancio comunale sono disastrose e non consentono grandi investimenti. Anche il bilancio dello stato non se la passa bene, ma in effetti esisteva, grazie alle Olimpiadi, la possibilità di un grande trasferimento di risorse dallo stato alla città di Roma. La giunta Raggi però ha detto no. In questa fase storica solo i privati possono investire in grandi opere. Il compito del settore pubblico è approfittarne, fare in modo che agli sviluppi immobiliari a scopo di lucro si accompagni la realizzazione di opere pubbliche e promuovere la qualità architettonica anziché la sciatteria edilizia cui siamo abituati a Roma. Se si dice no a qualsiasi investimento privato per principio, si condanna la città al declino e al degrado.

10) Nessuno pensa agli abitanti delle periferie, che continueranno a soffrire disoccupazione e povertà. Falso. Stime realizzate da ricercatori della Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma mostrano che nei 9 anni successivi alla realizzazione del progetto si genererà un aumento cumulato del Pil di circa 18,5 miliardi, pari all’1,5% del Pil provinciale. L’occupazione aumenterebbe di 12.500 unità di lavoro equivalenti a tempo pieno, in media, nel periodo considerato. A questo si aggiungerà l’impatto occupazione diretto del progetto (maestranze del settore edile, ecc.). Complessivamente, si stima una riduzione della disoccupazione di 0,8 punti percentuali. In pratica, la costruzione dello stadio genererebbe la stessa occupazione aggiuntiva che si otterrebbe organizzando un Giubileo della Misericordia ogni due mesi e mezzo, per un periodo di nove anni. Davvero volete rinunciare a tutto questo? Auguri.

11) Con il progetto si distrae l’attenzione del Comune da altri interventi necessari. Falso. Grazie al progetto si potranno finanziare altri interventi che nulla hanno a che fare con la zona di Tor di Valle. L’aumento del Pil, dei consumi e dell’occupazione genererà, infatti, nuovo gettito fiscale. Considerando le imposte sui redditi e sui consumi, l’aumento annuale medio delle entrate fiscali previsto nel periodo considerato è pari a 142 milioni. Le entrate cumulate sarebbero pari a 1,4 miliardi. Tali entrate sarebbero da ripartirsi tra il bilancio dello Stato e l’amministrazione locale, che potrà spenderle per nuovi progetti di riqualificazione.

12) “Le periferie, intanto, sprofondano” (cit. Berdini). Questa battuta è paradossale. Tor di Valle e Decima sono periferie e stanno effettivamente sprofondando, non solo in senso figurato (si veda il rischio idrogeologico). Il progetto dello stadio, invece, ne impedirà lo sprofondamento (di nuovo, non solo in senso figurato). Viene però da chiedersi: cosa ha fatto la giunta Raggi per le periferie? Assolutamente nulla, salvo intestarsi – in uno dei tanti post della sindaca sul blog privato di un noto milionario – il merito di un “Piano per le periferie”. Peccato che quel piano sia stato elaborato dal governo e sia interamente finanziato dal governo. La giunta si è solo impegnata, come doveroso, a implementarlo.

13) Il nuovo stadio sarà difficile da raggiungere. Falso. Come spiegato sopra, la Roma realizzerà a sue spese un miglioramento della viabilità nelle zone di Tor di Valle e Magliana, il prolungamento della metro B, il ponte sul Tevere per congiungere la stazione della Magliana col parco fluviale (e lo stadio, appunto), lo svincolo sulla Roma Fiumicino, la riunificazione della via Ostiense e della via del Mare, la riqualificazione delle stazioni ferroviarie interessate. Sarà realizzato inoltre un parcheggio, mentre adesso i tifosi (che possono raggiungere lo Stadio Olimpico solo in automobile) parcheggiano le loro auto selvaggiamente nei quartieri che circondano l’impianto, per la gioia dei residenti e dei passanti.

14) Si potrebbero almeno ridurre le cubature, magari accorciando le torri di Libeskind. Falso. I privati realizzeranno le opere pubbliche in cambio della possibilità di conseguire dei profitti. Se si riducono le cubature si riducono le aspettative di profitto, perciò si riduce la spesa che gli investitori saranno disposti a sostenere per le opere pubbliche. Il negoziato dovrà cominciare da capo e c’è il rischio concreto che gli investitori facciano un passo indietro, facendo perdere alla città ingenti opere pubbliche a costo zero.

15) La tribuna dell’Ippodromo di Tor di Valle va tutelata, come sostiene la Soprintendenza. Parliamone. Come ormai noto, la Soprintendenza romana all’Archeologia e alle Belle arti ha posto il vincolo sulla tribuna, pericolante e in parte coperta d’amianto, del fatiscente ippodromo, perché sua tettoia aveva, per gli anni ‘60, un design molto originale. Non basterà spostare, restaurare e conservare la tettoia, come i proponenti del progetto avrebbero fatto. La Soprintendenza vuole, infatti, che nell’area circostante nulla ostruisca la vista del rudere che, si vuole far credere, è parte caratterizzante del paesaggio. Chi può “godere” del paesaggio? Nessuno, ovviamente: l’area è abbandonata, l’accesso è interdetto perché la struttura è pericolante e presto o tardi crollerà, tutt’intorno si trovano solo sterpaglie e discariche improvvisate (anche di rifiuti tossici), prostitute stradali e relativi clienti. Il fatto che una sconosciuta tettoia fatiscente possa impedire la rinascita di un’area oggi abbandonata, e il rilancio dell’economia e delle speranze di una città intera, rappresenta alla perfezione la scelta cui oggi è chiamata Roma. Rimanere una città museo, periferia irrancidita e in declino di un mondo che cambia, o avviare la trasformazione in capitale moderna e dinamica, ciò che la renderebbe davvero “eterna”.

16) È sbagliato che delle nuove costruzioni superino in altezza la Cupola di San Pietro, così si rovina lo skyline romano. A questo punto se volete abbandonare la conversazione non vi biasimo. In alternativa potete aprire Google Maps e mostrare al vostro interlocutore la distanza tra Tor di Valle e il Cupolone. Sono 13 chilometri.

(Fabio Sabatini, 20 febbraio 2017)

*Fonte: Facebook