Difficile trovare le parole adatte per offrire al lettore una sintesi efficace di quel che è successo ieri all’Assemblea Nazionale del Pd che si è tenuta nella sala congressi dell’hotel Parco dei Principi di Roma. Per un osservatore esterno il compito sarebbe stato molto più facile se si fosse trovato ad assistere a un congresso mondiale sui bosoni di Higgs, anche se sprovvisto di nozioni elementari di fisica delle particelle. Insomma, uno psicodramma, più che un consesso politico del maggiore partito italiano.

Quel che appare certo è che, con le dimissioni da segretario di Matteo Renzi, il Partito democratico si trova ora sull’orlo della scissione. Per l’ex premier la richiesta di non ricandidarsi da parte della minoranza dem è un ricatto, ma gli oppositori Michele Emiliano, Roberto Speranza ed Enrico Rossi, dopo un primo tentativo di mediazione, rispondono che i renziani “hanno alzato un muro”. Il segretario d’altra parte non si è fatto pregare e nella relazione introduttiva ha risposto a muso duro alle continue sollecitazioni del trio di aspiranti scissionisti, evidenziandone le contraddizioni: “fuori di qui ci prendono per matti”, “sta tornando la Prima Repubblica”. Per provare a spiegare quel che sta accadendo ha fatto ricorso persino al una citazione del Riccardo III di Shakespeare: “L’inverno del nostro scontento si è ora tramutato in radiosa estate grazie al sole di York, e tutte le nuvole che cupe gravavano sulla nostra casa sono ora sepolte nell’abissale ventre dell’oceano”. Per poi concludere che “Peggio della parola scissione c’è solo la parola ricatto”. Queste parole sono secondo i suoi avversari la dimostrazione che l’accordo non gli interessa. Si va quindi allo scontro?

Appelli all’unità, in vista di referendum ed elezioni amministrative, sono arrivati da Fassino, Veltroni e Franceschini. Walter Veltroni è salito sul palco dell’assemblea Pd per la prima volta dopo anni di assenza. E nel lanciare il suo appello all’unità l’ex segretario ha rivendicato il Lingotto e la proposta di un partito “tutto nuovo e davvero radicale nel suo riformismo”. Ma ora la scissione rischia di sancire la mancata fusione tra le due culture politiche. Chiede alla minoranza di restare, perché “delle loro idee, del loro punto di vista il Pd ha bisogno”. Ma secondo Repubblica è già pronto un gruppo autonomo in parlamento: si chiamerà “Nuova sinistra” e nascerà dall’unione con gli ex Sel. Martedì verrà convocata la direzione del partito: all’ordine del giorno la nomina della commissione per il congresso. Per Renzi il congresso dovrà concludersi entro fine aprile, con la proclamazione del nuovo segretario ai primi di maggio per poi avviare la campagna elettorale per i comuni. Le primarie potrebbero tenersi già il 7 maggio.

(com.unica, 20 febbraio 2017)