Gli italiani hanno bocciato la riforma costituzionale del governo. Al referendum cui erano chiamati quasi 47 milioni di elettori ha vinto il No con il 59,1% dei voti, contro il 40,9% per il Sì. Il voto di ieri ha visto un’affluenza altissima, pari al 65,5%. Nelle consultazioni precedenti, il 7 ottobre 2001 e il 25 giugno 2006 votò rispettivamente il 34,1% e il 52,5% degli elettori. Il sì ha vinto solo in tre regioni: Toscana, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.

Dopo la mezzanotte il premier Matteo Renzi è arrivato a Palazzo Chigi e ha annunciato le sue dimissioni: “È stata una festa della democrazia: tanti cittadini si sono riavvicinati alla Carta Costituzionale – ha esordito il premier – Viva l’Italia che partecipa e crede nella politica”. “Il No ha vinto in modo straordinariamente netto. Questo voto consegna ai leader di quel fronte oneri e onori. Abbiamo dato agli italiani una chance di cambiamento ma non ce l’abbiamo fatta. Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta: ho perso io. Chi lotta per un’idea non può perdere. Voi non avete perso, sentitevi soddisfatti del vostro lavoro. Io invece ho perso. Nella politica italiana non perde mai nessuno. Io non sono così: non sono riuscito a portarvi alla vittoria”.  “Volevo tagliare le poltrone, non ce l’ho fatta: la poltrona che salta è la mia. L’esperienza del mio governo finisce qui. Domani pomeriggio riunirò il Consiglio dei ministri, e salirò al Quirinale dove al presidente della Repubblica consegnerò le mie dimissioni”. Renzi ha infine ricordato i risultati del suo governo, ringraziato la moglie Agnese e i figli e concluso: “Ora per me è il tempo di rimettermi in cammino, ma vi chiedo nell’era della post-verità di essere fedeli e degni interpreti della grande missione per il vostro paese. Viva l’Italia e in bocca al lupo a tutti noi”.

Tra i vincitori esultano in particolare Salvini e Grillo. Per il leader leghista non ci sono dubbi, si dovrebbe andare subito alle urne: “Renzi dovrebbe dimettersi nei prossimi minuti, gli italiani vorrebbero tornare subito a votare senza governi del presidente o governicchi” ha detto a caldo subito dopo i primi dati degli exit polls. Sulla stessa lunghezza d’onda il capo dei 5 stelle: “Evviva! Ha vinto la democrazia”, ha scritto sul suo blog Beppe Grillo. “Questo voto ha due conseguenze: Addio Renzi, e gli italiani devono essere chiamati al voto al più presto”. Più cautela dalle parti di Forza Italia, favorevole al voto solo dopo una nuova legge elettorale. Nel Pd, mentre il vicesegretario Lorenzo Guerini annuncia per domani la direzione Pd, la minoranza attacca ma non vede elezioni vicine: per loro non erano necessarie le dimissioni di Renzi e comunque la priorità ora è un governo per fare una nuova leggere elettorale.

E ora che succede? Il governo nei prossimi giorni sarà al lavoro per completare l’iter della legge di bilancio e seguire i provvedimenti sul post sisma. Dopo la riunione del Cdm il premier salirà al Colle e a quel punto le ipotesi in mano al presidente della Repubblica a giudizio della maggior parte dei commentatori politici saranno due: 1) Mattarella non crede che una bocciatura referendaria comporti la caduta del governo e chiede a Renzi di tornare in Parlamento e verificare l’esistenza di una maggioranza. Si tratta però di un’ipotesi poco probabile in quanto in contraddizione con quanto espresso del premier e con la volontà di elezioni subito da parte delle opposizioni.  2) Più probabilmente Renzi confermerà le sue dimissioni irrevocabili, il Capo dello Stato ne prenderà atto e si aprirà ufficialmente una crisi di governo. Un’apertura negativa dei mercati finanziari stamattina potrebbe allineare tre ipotesi sul tavolo di Mattarella: affidare la guida del governo al ministro Padoan (ma sarebbe poco accettato dal fronte del No), scegliere una personalità al di sopra delle parti o incaricare il presidente del Senato Pietro Grasso. 

Dalla lettura degli editoriali dei maggiori quotidiani c’è accordo nel ritenere il risultato come la bocciatura imprevista di un’intera fase politica. Sul voto ha influito una miscela di fattori, che vanno dall’ostilità contro Renzi, alla voglia di difendere la Costituzione, al rifiuto di forzature parlamentari, allo scontento per i risultati economici del governo. “E forse ha pesato una certa invadenza televisiva del capo dell’esecutivo nelle ultime settimane”, scrive Massimo Franco sul Corriere. “Ora serve responsabilità per il Paese”, dice il direttore Luciano Fontana. “L’elettorato ha svelato l’esistenza di un popolo della rivolta che ha bocciato la riforma della Costituzione, il presidente del Consiglio e l’establishment di governo”, scrive il direttore della Stampa Maurizio Molinari. “Ha vinto la gente che non si fida più” scrive Mattia Feltri. “Una bocciatura sonora della riforma votata dal Parlamento, ma anche dell’esperienza di governo di Matteo Renzi. Ora la realtà è il rischio di un ritorno alla palude e all’instabilità”, scrive il direttore di Repubblica Mario Calabresi.

Sui siti dei maggiori giornali internazionali l’esito del voto italiano si intreccia con la preoccupazione per il futuro dell’Unione europea e per l’instabilità dell’area. “Il primo ministro italiano si dimette per una rivolta populista” titola il Washington Post, “Un duro colpo populista per l’Unione” scrive Il Politico, che riporta il parere di Francesco Galietti, amministratore delegato di politica Sonar, una società di consulenza sul rischio politico con sede a Roma: “Renzi è alle corde”, ha detto.  “Non solo ha dovuto dimettersi da primo ministro, ora la pressione all’interno del suo partito raggiungerà livelli senza precedenti e potrebbe anche dimettersi dalla carica di capo del partito. E se perde la leadership del partito, lui è fuori dalla politica.”

È estremamente negativa la prima reazione a caldo dei mercati. Subito dopo l’annuncio delle dimissioni di Renzi, l’euro scivola ai minimi da 20 mesi perdendo l’1,4% a 1,05 dollari, un tonfo peggiore rispetto a quello dopo il voto inglese per la Brexit (Reuters). Adesso il salvataggio in extremis di Monte dei Paschi, scrive il Financial Times, è in dubbio. Ma la Bce potrebbe dare più tempo alla banca, scrive il Corriere.

(com.unica, 5 dicembre 2016)