Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, chiamato a riferire in mattinata nell’Aula del Senato sulla situazione in Libia (nel pomeriggio c’è stata la replica alla Camera) ha iniziato il suo discorso con un doveroso omaggio ai due lavoratori italiani sequestrati e uccisi: “Non possiamo che iniziare questa informativa con un messaggio comune di cordoglio e vicinanza alle famiglie dei due italiani uccisi in Libia, Salvatore Failla e Fausto Piano”.
La vicenda degli italiani sequestrati in Libia, che presenta molti punti oscuri, ma – ha assicurato il ministro –  “non è stato pagato alcun riscatto. Inoltre, non sono emersi elementi riguardanti il coinvolgimento di Isis, non ci sono state rivendicazioni, l’intelligence italiana ha attivato tutte le risorse umane e tecnologiche e la collaborazione con tutti i partner locali: costante è stato il rapporto tra intelligence e Farnesina, senza però riuscire mai a localizzare con precisioni i possibili luoghi di detenzione”. “La formazione di un governo libico per quanto fragile – ha aggiunto – è l’unica base su cui lavorare per rispondere a eventuali richieste di sicurezza del governo libico, né più né meno, cosa che comunque avverrà nel rispetto della Costituzione”.
“L’obiettivo di un governo capace di avviare un percorso è emerso alla conferenza organizzata dall’Italia a dicembre”, ha ricordato Gentiloni. “Quindi lavoriamo con ostinata convinzione a questo obiettivo che grazie all’ostinata attività italiana è diventato raggiungibile”.

Gentiloni ha quindi parlato della minaccia terroristica da cui – ha chiarito il ministro – l’Italia deve difendersi e l’Italia si difenderà, come prevede l’articolo 52 della nostra Costituzione. Del resto, è questa la ragione per la quale il Parlamento a dicembre ha deciso che, in certi casi, operazioni d’intelligence possono richiedere condizioni di sicurezza assicurate dal supporto di unità militari. Di tali operazioni il Parlamento sarà informato attraverso il Copasir, come prevede la legge n. 124 del 2007. Una cosa deve essere chiara: il contrasto al terrorismo deve basarsi su uno straordinario impegno informativo, quando necessario su azioni circoscritte, su risposte proporzionate alla minaccia effettiva e concordate tra alleati”. 

Tuttavia, ha aggiunto, “non è dal contrasto al terrorismo che possiamo attenderci la stabilizzazione della Libia. Confondere legittima difesa con stabilità della Libia non aiuta; anzi, può provocare spirali pericolose. A chi agita la minaccia di Daesh, che è reale e dalla quale dobbiamo difenderci, per invocare interventi militari, rispondiamo che gli interventi militari non sono la soluzione; talvolta, possono perfino aggravare il problema”.
A chi snocciola cifre di soldati pronti a partire, magari perché gli italiani non possono sottrarsi perché così fanno tutti”, Gentiloni ha ricordato che “la Libia è un Paese che ha un’estensione pari a sei volte quella dell’Italia e che ha circa 200.000 uomini armati tra milizie ed eserciti di diversa bandiera. No, non è proprio un teatro facile per esibizioni muscolari”.
Insomma, “il Governo non è sensibile al rullare di tamburi e non si farà influenzare da radiose giornate interventiste. Il Governo difenderà il Paese dalla minaccia terroristica con le azioni proporzionate che saranno necessarie. Il Governo interverrà, se e quando possibile, per rispondere alle richieste di sicurezza di un Governo legittimo e impegnato a riprendere gradualmente il controllo della sovranità del proprio territorio e lo farà su decisione del Parlamento e coordinando le forze alleate. Il Governo – ha concluso – non si farà trascinare in avventure inutili e persino pericolose per la nostra sicurezza nazionale. Contiamo sul sostegno del Parlamento per una linea che deve combinare fermezza, prudenza e responsabilità”.

(com.unica, 9 marzo 2016)