La dura resistenza nella gabbia di Gaza, intervista allo scrittore israeliano (da Repubblica)

«Queste manifestazioni sono una pura provocazione, una pura provocazione. Ce ne siamo andati da Gaza, ci hanno sconfitto nel 2005, adesso che cosa vogliono da noi?». Abraham Yehoshua è da sempre uno dei più appassionati messaggeri di pace tra ebrei e palestinesi ma stavolta le sue parole trasudano rabbia e delusione. Le manifestazioni di Gaza iniziate venerdì non sono piaciute affatto al celebre autore di La comparsa e L’ amante (Einaudi), che risponde al telefono da Tel Aviv, dove sta celebrando la Pasqua ebraica con la famiglia. 

Yehoshua, perché crede che le manifestazioni siano una provocazione? 
«Perché è l’unico scopo di Hamas, che le ha organizzate. Hamas, che governa Gaza, non pensa a risolvere problemi, a costruire strade, infrastrutture, o un dialogo con Israele. No. Hamas condanna la Striscia alla bancarotta e alla disperazione, mentre ci attacca o provoca. Mandano la gente al confine, ma per che cosa? Che cosa credono di ottenere? È una provocazione, una mera provocazione, che non porterà a niente». 

Non crede però che queste proteste possano essere mosse dalla oggettiva disperazione popolare, al di là del calcolo politico di Hamas?
«Sì, ma è una rabbia provocata da una gestione interna della Striscia. La verità è che Hamas non vuole un dialogo con Israele. Eppure ci hanno battuto, noi israeliani ce ne siamo andati da Gaza e abbiamo ritirato tutti i coloni senza alcuna condizione. Che cosa vogliono? Hanno un governo autonomo, possono fare quel che vogliono nella Striscia, ricevono soldi e aiuti da molti stati ricchi come quelli europei. Gaza potrebbe essere una mini Singapore, se solo In volessero».

Ma, al di là delle colpe di Hamas, Gaza è sotto il potente blocco di Israele. Così è difficile diventare come Singapore.
«C’è il blocco perché ci sparano addosso. Se non ci attaccassero continuamente, Israele non sarebbe costretto a rispondere. Perché allora anche gli egiziani bloccano il valico di Rafah, al confine con Gaza? L’Egitto è un Paese arabo e musulmano, in passato ha combattuto per la causa palestinese più dei palestinesi stessi. Eppure anche loro ce l’hanno con Hamas, per molte ragioni».

Per esempio?
«Perché Hamas offre il fianco ad alcune entità estremiste islamiche. Hamas ha interferito nella politica interna egiziana e avuto contatti con i Fratelli musulmani dell’ex presidente Morsi. L’Egitto blocca Gaza, perché sa che Hamas non vuole risolvere i problemi, ma soltanto aggravarli. A chi servirebbero un’altra guerra, altri morti, altri migliaia di feriti in questo momento, se non ai biechi calcoli di Hamas? Persino il presidente Abu Mazen e i palestinesi della Cisgiordania hanno espresso poca solidarietà nei confronti delle manifestazioni di Hamas al confine con Israele e questo è esemplare. Anche i palestinesi non di Gaza pensano che questa sia una pura provocazione». 

Yehoshua, c’è ancora qualche speranza di pace tra israeliani e palestinesi?
«Finché ci sarà Hamas a Gaza sarà durissima, e la soluzione di due Stati al momento mi pare impossibile, visti anche i tanti coloni israeliani che vivono in Cisgiordania. Ma proprio dalla Cisgiordania possiamo iniziare a concedere cittadinanza e pieni diritti ai palestinesi. Cosa non facile, ma dobbiamo provarci. Altrimenti, i palestinesi saranno condannati a un regime di apartheid».

(Antonello Guerrera, La Repubblica 1 aprile 2018)