[ACCADDE OGGI]

Era la vigilia della Befana del 1993 quando, riprendendo il macabro rito dell’impiccagione in disuso da decenni, lo stato di Washington dovette richiamare in servizio il boia per esaudire l’ultimo desiderio di Wesley Allen Dodd definito in sentenza “tra gli assassini più malvagi mai esistiti” e ricordato come il più noto pedofilo e serial killer americano.

Dodd fu condannato a morte per aver seviziato, stuprato e ucciso tre o forse più bambini tutti di età compresa tra i quattro e i dieci anni. A Dodd lo stato americano offrì la scelta della morte: camera a gas o impiccagione e Dodd scelse la corda perché “merito l’impiccagione … sapevo quel che facevo quando ho ucciso il piccolo Lee Iseli e dopo averlo stuprato l’ho impiccato in un armadio di casa Mi sono divertito a violentare, torturare e uccidere quei bambini. Mi ha dato una forte emozione sessuale…”. È questa la lucida coscienza perversa di un malato che già a tredici anni mostrò i primi sintomi di un comportamento squilibrato esponendosi nudo dalla finestra di casa, molestando i cuginetti e disturbando i compagni di scuola.

Lo arrestarono più volte e, sempre infliggendogli condanne miti, lo sottoposero ad una terapia presso un centro psicologico dello stato dove, ricorda Dodd, “andavo da quel dottor Steve Lindsley’ e partecipavo a sedute individuali e a terapie di gruppo, ma sognavo di continuare a molestare i bambini”.

La sera del 5 gennaio 1993, nel penitenziario statale di Washington a Walla Walla i 12 testimoni presenti videro la corda incerata- né troppo lunga, né troppo corta, per evitare la decapitazione (se troppo lunga) o la lunga agonia per morte per asfissia (se troppo corta) – stringersi al collo di Wesley Allen Dodd che aveva egli stesso invocato la morte per sconfiggere il suo male. Non videro risorgere i tre bambini stuprati e uccisi dal pedofilo e serial killer americano, che se vivi avrebbero atteso i doni della Befana.

(Franco Seccia/com.unica 5 gennaio 2019)