Il Presidente della Repubblica in visita al distretto agroalimentare del cosentino in occasione della Festa del Lavoro

“Domani è Primo maggio. Festa del Lavoro. Dunque Festa della Repubblica, che i costituenti hanno voluto fondare proprio sul lavoro. Come disse all’Assemblea Costituente il primo tra i proponenti di questa formula, Fanfani, “fondata non sul privilegio, non sulla fatica altrui”, ma sul lavoro di tutti. È un elemento base, quindi, della nostra identità democratica”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oggi a Cosenza alla vigilia della Festa del Lavoro.
Quello della Carta, ha aggiunto il Capo dello Stato, non è solo “un richiamo ai valori di libertà e di eguaglianza”, ma “l’indicazione di un modello sociale vivo, proiettato verso la coesione e la solidarietà. Capace, quindi, di rimuovere continuamente, nel corso del tempo, gli ostacoli che sottraggono opportunità alle persone e impediscono il pieno esercizio dei diritti. Il lavoro è legato, in maniera indissolubile, alla persona, alla sua dignità, alla sua dimensione sociale, al contributo che ciascuno può e deve dare alla partecipazione alla vita della società”.
Il lavoro non è una merce”, ha sottolineato Mattarella. “Ha un valore – lo sappiamo – nel mercato dei beni e degli scambi. Anzi, ne è elemento essenziale, perché senza l’apporto della creatività umana sarebbe privo di consistenza e di qualità. Ma proprio la connessione con la realizzazione della personalità umana conferisce al lavoro un significato ben più grande di un bene economico; lo rende elemento costitutivo del destino comune”.
Il lavoro, ha aggiunto, “è libertà”, innanzitutto “dal bisogno” e poi “strumento per esprimere sé stessi, per realizzarsi nella vita”.
Per questo “i progressi straordinari della scienza e della tecnica per migliorare la qualità e la sostenibilità dei prodotti e dei servizi devono essere sempre indirizzati alla tutela della dignità e dell’integrità delle persone, dei loro diritti. A partire dal diritto al lavoro”.
Il lavoro “deve essere libero da condizionamenti, squilibri, abusi che creano emarginazione e dunque rappresentano il contrario del suo ruolo e del suo significato. Fattori che rappresentano pesanti impedimenti al cammino dell’intera società”.
Citati i dati sull’occupazione che “registrano nel loro insieme una crescita significativa”, Mattarella ha subito precisato che non bisogna “dimenticare le disparità sociali e territoriali che perdurano” così come “gli esclusi” o “il fenomeno dei lavori precari e sottopagati. Il basso livello retributivo di primo ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, che induce tanti di loro a recarsi all’estero a condizioni migliori”. E ancora: “non vanno dimenticate le difficoltà di chi sopporta una disabilità, il peso degli oneri di assistenza che non di rado spingono nel bisogno anche famiglie di chi un lavoro ce l’ha”.
Il Mezzogiorno “è una realtà complessa, non certo uniforme”, dove il tasso di occupazione “è più basso rispetto al Centro e al Nord”, ma dove non mancano le eccellenze.
“Lo sviluppo della Repubblica ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno”, ha evidenziato il Presidente. “È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale. Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri”.
Il lavoro “è una delle leve più importanti di progresso e di coesione sociale. Per le famiglie italiane ha costituito il vettore principale del miglioramento sociale nei decenni trascorsi”. Il lavoro “è l’ascensore sociale che rende la nostra una società aperta e libera. Da qualche tempo viviamo una stagione in cui questo meccanismo appare inceppato, una stagione in cui le condizioni di partenza determinano differenze e distanze non facilmente recuperabili, a scapito dei giovani che provengono da condizioni sociali più deboli. È un grave spreco dell’ampio patrimonio di intelligenze e di risorse di cui l’Italia dispone”.
Dunque “le politiche del lavoro non possono che orientarsi verso una riduzione degli squilibri. Non possiamo ignorare le aree di marginalità e di sofferenza: ne va della pienezza della cittadinanza”.
Ricordata l’importanza di contrastare le “delinquenziali forme di caporalato” così come le “condizioni inumane in cui vengono, in alcuni casi, scaraventati lavoratori stagionali, talvolta senza nome né identità”, Mattarella ha ricordato che l’Italia “ha conosciuto i drammi e le sofferenze degli emigranti”, per questo “avvertiamo il dovere di rifiutare di riviverli al contrario”.
“La gestione legale dell’immigrazione rappresenta una priorità. L’Italia e l’Europa hanno la forza per affrontarla compiutamente. Purtroppo, fin qui è mancata, tra i Paesi dell’Unione, la lungimiranza e la necessaria solidarietà”, ha osservato il Capo dello Stato. “L’auspicio – e, in parte significativa, anche la constatazione – è che stia maturando una maggiore consapevolezza”.
Quanto alla sicurezza sul posto di lavoro, “non possiamo accettare lo stillicidio continuo delle morti, provocate da incurie, da imprudenze, da rischi che non si dovevano correre. Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile. Ciascuna di esse – anche una sola – è inaccettabile”, ha rimarcato Mattarella.
“Viviamo un tempo segnato da gravi preoccupazioni, che richiedono, per più aspetti, frequenti assunzioni di responsabilità. Pensavamo che la guerra non avrebbe più sfiorato l’Europa dopo la capacità del continente di risorgere nella pace dall’abisso dei due conflitti mondiali. Dobbiamo invece vivere una nuova drammatica stagione. Nella quale – ha sottolineato ancora – vogliamo restare noi stessi, difendendo e rafforzando i nostri valori di libertà, di democrazia, di solidarietà, di giustizia interna e internazionale, di pace e di cooperazione tra i popoli, nel rispetto di tutti grandi e piccoli e nel rifiuto della prepotenza dei più forti. È questo il futuro, per il quale, nei decenni trascorsi, gli italiani vollero la Repubblica e, con essa, la pace e l’unione dell’Europa”.
“Rivolgo un saluto ai sindacati che domani dedicheranno il Primo maggio a “un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”. Un augurio ai giovani che si riuniranno a Roma per il tradizionale Concertone. Abbiamo tanta strada da fare e disponiamo delle risorse morali e materiali per preparare il futuro senza cedere né alla paura, né alla sfiducia”, ha concluso il Presidente. “Auguri a chi promuove lavoro, a chi lo difende, a chi lo cerca, a chi desidera migliorarlo, a chi ha concluso la sua esperienza lavorativa. Ai Cavalieri e ai Maestri del lavoro. Buon Primo maggio! Buona festa del lavoro!”.

com.unica/aise, 1 maggio 2024