Oggi il Parlamento europeo voterà la riforma del copyright che dovrà aggiornare la direttiva del 2001. Il tema ha portato a forti spaccature, anche all’interno degli stessi gruppi parlamentari. Le questioni più accese sono due: l’articolo 11 costringerebbe i servizi internet a pagare un compenso agli editori in caso di utilizzo anche parziale dei loro articoli, mentre l’articolo 13 prevederebbe un controllo preventivo sui contenuti caricati dagli utenti sulle piattaforme (Il Post).

In particolare l’art. 13, noto come “macchina della censura”, fa sì che le piattaforme online siano responsabili per eventuali violazioni del diritto d’autore dei contenuti che ospitano. Questo le costringerà di fatto a creare sistemi di censura preventiva del materiale condiviso in rete: un lavoro che sarà affidato verosimilmente ad algoritmi, con tutte le conseguenze del caso, come abbiamo potuto riscontrare nei vani tentativi di contrasto delle cosiddette “fake news” da parte di Facebook attraverso azioni di filtraggio automatico. 

Gli osservatori europei sostengono che è impossibile prevedere l’esito dei voti di domani e, qualunque cosa accada, si arriverà a un sistema di regole diverso da quello attuale. Eventuali modifiche approvate mercoledì saranno soggette a ulteriori negoziati tra politici e Stati membri in un processo a porte chiuse. Quel che emergerà da tali dibattiti sarà soggetto a un voto finale da parte del Parlamento dell’UE a gennaio. Dopodiché, spetterà ai singoli Stati membri interpretare la direttiva e trasformarla in legge.

Per cambiare la direttiva europea si erano mobilitate due mesi fa molte associazioni che si battono per il rispetto dei diritti civili – a cominciare dalla Electronic Frontiers Foundation – e centri di ricerca europei specializzati sul diritto d’autore. Hanno fatto sentire la loro voce in particolare i nomi più in vista della comunità scientifica internazionale dell’informatica, con un appello firmato da 70 accademici e uomini di scienza. Tra i tanti, il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, il pioniere della rete Vint Cerf, l’inventore del World Wide Web Tim Berners-Lee, l’esperto di crittografia Bruce Schneier, il teorico della neutralità della rete Tim Wu. Nella lettera si sottolinea in particolare come con l’articolo 13 si compia un passo senza precedenti verso la trasformazione di Internet, da una piattaforma aperta per la condivisione e l’innovazione in uno strumento per la sorveglianza e il controllo automatizzato dei suoi utenti. 

“La direttiva sul diritti d’autore consolida il potere delle piattaforme internet dominanti, che sono le uniche che possono permettersi il filtro automatico del copyright”, ha affermato in un’intervista a The Verge Gus Rossi, direttore delle politiche globali della conoscenza pubblica senza scopo di lucro statunitense. Una visione molto diversa da quella del commissario digitale dell’UE, Mariya Gabriel, ripresa dal Financial Times: “Nessuna delle posizioni ora sul tavolo distruggerà Internet o impedirà ai cittadini di condividere collegamenti ipertestuali, immagini parodistiche o i loro ricordi nuziali. […] Solo le grandi piattaforme al contrario beneficeranno dell’assenza di una riforma del copyright: non i creatori, non la stampa, non i cittadini”.

(Sebastiano Catte, com.unica 12 settembre 2018)