[ACCADDE OGGI]

Auguri a tutti i 93enni, grazie a Dio ce ne sono ancora tanti, nati il 28 ottobre del 1922. Questi “ragazzi” durante il ventennio fascista erano trattati con rispetto. Già a sei anni, nel 1928, erano scelti tra i primi della classe nelle formazioni dei “figli della lupa” a causa della data della loro nascita che coincideva con il giorno passato alla storia come il giorno della “marcia su Roma” il 28 ottobre del 1922.

Naturalmente loro non avevano marciato perché appena nati ma certamente, tanti fra loro, avrebbero voluto esserci quando celebravano quella data da ragazzini nelle centinaia e centinaia di manifestazioni che si svolgevano in ogni borgo d’Italia durante gli “anni del consenso”. Ma poi il disastro e per alcuni, per tantissimi, il ravvedimento rispetto a quell’avvenimento storico che segnò la nascita del ventennio fascista e l’inizio della dittatura. Il 28 ottobre di quell’anno 1922 si radunarono a Napoli le squadre fasciste, quasi diecimila uomini, provenienti da tutt’Italia, con l’intento di marciare su Roma e dare una manifestazione di grande mobilitazione popolare per chiedere il governo del paese.

In verità l’idea della marcia era stata del “vate” Gabriele D’Annunzio che in accordo con Facta aveva programmato una marcia su Roma per il 4 novembre giorno della vittoria nella prima guerra mondiale e anche giorno della vergogna, secondo il poeta e i nazionalisti, per gli impegni non mantenuti verso l’Italia da parte delle potenze vincitrici. Mussolini che precedentemente aveva scelto la linea della conquista parlamentare del potere, li precedette e con il discorso che tenne al Teatro San Carlo di Napoli rinunciò al credo repubblicano del Fascismo sicuro di ricevere dal Re l’incarico di formare il nuovo governo. Così fu il 30 ottobre dopo due giorni di marcia tutta italiana che gli agiografi del regime fecero passare come rivoluzione fascista. Molti tra i 93enni superstiti guardano a quel periodo che coincide con la loro adolescenza e la giovinezza fino al 1942, come a un momento traumatico della loro vita: l’illusione di aver sperato in un’Italia nuova e diversa e la tremenda realtà di una grave sciagura che stava per travolgerli con la sconfitta di una guerra devastante.

Lo scrittore Carlo Mazzantini, il papà di Margaret, che se in vita oggi, di anni ne avrebbe avuti novanta, si racconta con una frase che poi fu un suo libro “i balilla andarono a Salò” che rappresenta il luogo dove rovinosamente finirono i sogni. Il 19 ottobre del 1922 ha dell’inverosimile nella storia italiana almeno per due non trascurabili aspetti: il primo è che  si inizia da Napoli un tratto controverso che porterà secondo  lo storico De Felice alla nascita di un sentimento  nazionale del Paese; il secondo consiste nel fatto che una adunata di poche decine di migliaia di goliardici, ma anche facinorosi, marciatori raccattati tra gli insoddisfatti per i più svariati motivi determinò un ventennio intero della nostra vita di Italiani.

Dall’altra parte dell’oceano in quello stesso giorno del medesimo anno 1922, in America venne inaugurata la Statua della Libertà che come sappiamo i francesi regalarono agli americani a simboleggiare la speranza di libertà per tutti i popoli. La donna ammantata e con la fiaccola nella mano fu la prima cosa che vedevano i nostri emigranti costretti ad abbandonare l’Italia per cercare una vita migliore. Sotto quella statua, lì a Elliss Island di New York,  gli emigranti venivano segnati con un gesso sulla schiena e dopo diversi esami venivano deportati al Castle Garden Immigration Depot di Manhattan, oggi museo dell’immigrazione. Il grande flusso degli arrivi si registrò proprio negli anni in cui in Italia si marciava su Roma. Auguri anche ai 93enni italoamericani che accettarono quelle umiliazioni e contribuirono a fare grande quel paese che non era il loro.

(Franco Seccia/com.unica 28 ottobre 2015)