Aumentano di intensità le proteste in Iran, nella più violenta ondata di manifestazioni di piazza dal 2009. Centinaia di persone sono state arrestate e il bilancio dei morti è salito a 13, tra cui un poliziotto (Reuters). Auto in fiamme e disordini non solo a Teheran, dove gli agenti hanno usato lacrimogeni e idranti contro la folla, ma anche in altre città del Paese. La tv di Stato iraniana ha riferito che i manifestanti hanno tentato l’assalto a stazioni di polizia e basi militari (New York Times).

Al centro delle proteste c’è la politica espansionista del regime di Teheran: l’Iran sta dilagando nella regione – scrive oggi Il Foglio – perché spende cifre enormi all’estero per finanziare campagne di espansione aggressiva. “No a Gaza, no al Libano, no alla Siria: la mia vita per l’Iran” e anche “Noi non siamo filoarabi, siamo iraniani” sono alcuni degli slogan delle manifestazioni di piazza. Non ci sono cifre ufficiali, ma dalla fine del 2011, scrive La Stampa, quando le primavere arabe si sono trasformate in un confronto fra Iran e alleati sciiti contro le potenze sunnite allineate con l’Occidente, decine di miliardi sono affluiti in tutta la regione per sostenere la politica di influenza della Repubblica islamica. È noto che Banche a partecipazioni statali hanno aperto almeno due linee di credito a favore del governo siriano di Bashar al-Assad, una pari a 3,6 miliardi di dollari nel 2013 e l’altra di un miliardo nel 2015. Questi soldi sono stati usati da Damasco anche per acquistare petrolio e gas, in parte dallo stesso Iran, dopo che l’Isis e altri gruppi jihadisti si erano impadroniti dei giacimenti nella Siria orientale. 

È diventato virale il video della ragazza senza velo che sventola un hijab bianco in una strada nel centro della capitale. La giovane, che aderiva al movimento in difesa delle donne My Stealthy Freedom promosso dalla giornalista iraniana Masih Alinejad, è stata arrestata dalla polizia islamica il 28 dicembre (La Stampa). È stata così smentita la rete britannica Sky News, che solo pochi giorni fa, citando le parole del capo della polizia della capitale, il generale Hossein Rahimi, aveva affermato che le donne di Teheran non avrebbero rischiato più di finire in carcere, né una denuncia se non avessero rispettato le severe regole sull’abbigliamento imposte in Iran (culla dell’Islam sciita) dopo la rivoluzione islamica del 1979. 

Proprio ieri c’è stato il presidente Rouhani ha risposto a Donald Trump, che con un tweet aveva lanciato un appello in favore dei manifestanti: “L’uomo che simpatizza con il nostro popolo ha definito l’Iran una nazione terrorista” (Bbc). Washington ha minacciato nuove sanzioni in caso di repressione violenta delle proteste (Wsj). IL New York Times ha preso posizione in un editoriale: “Se vuole aiutare i manifestanti, Trump farebbe meglio a tacere”.

(com.unica, 2 gennaio 2017)