Dopo una nuova giornata di violenze segnata dall’attacco (fortunatamente sventato alla porta di Damasco) e un’aggressione alla stazione centrale degli autobus, il governo israeliano ha deciso di prendere nuove misure di sicurezza e ha circondato e chiuso le aree di Gerusalemme dalle quali proveniva l’80% dei terroristi. Il ‘Corriere della sera’ così descrive la situazione: “I blocchi di cemento e i furgoni della polizia di traverso lungo la strada per controllare l’accesso e l’uscita dai quartieri arabi di Gerusalemme. L’esercito dispiegato nel paese e le guardie che ritornano sugli autobus (c’erano fino al 2008). La decisione di togliere la residenza agli attentatori e demolirne la casa di famiglia”.

Il presidente palestinese Abu Mazen, dopo aver dichiarato “Non cederemo alla logica della tirannia”, ha mostrato la foto di un ragazzino insanguinato come simbolo della violenza d’Israele. Senza però spiegare, sottolinea il Corriere, come quello sia il terrorista di 13 anni che ha pugnalato un suo coetaneo in bicicletta riducendolo in fin di vita. Intanto, per placare la tensione, il segretario di Stato Usa John Kerry starebbe cercando di organizzare un vertice in Giordania per far incontrare il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Abu Mazen.

A commentare la situazione su ‘La Repubblica’, lo scrittore sopravvissuto alla Shoah Elie Wiesel: “Certo, chiudere transito e accessi tra Est e Ovest di Gerusalemme è una misura radicale, drammatica. Però se Israele la ritiene necessaria per la sicurezza ha fin troppe buone ragioni, e sono convinto che sarà temporanea”. “Israele vuole la pace, credetemi “, conclude infine Wiesel. Esprime invece preoccupazione Ban Ki-moon, segretario Onu: “Quello che sta accadendo là è gravissimo. Si sta creando una situazione insostenibile: un’eruzione di violenza che è causa di grande allarme. Israeliani e palestinesi devono tornare a discutere senza ulteriori ritardi”. 

(com.unica, 15 ottobre 2015)