Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato oggi Senatrice a vita Liliana Segre – ai sensi dell’articolo 59, secondo comma, della Costituzione – “per avere dato lustro alla Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Il decreto è stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni. Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Consigliere Ugo Zampetti provvederà alla consegna al Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, del decreto di nomina. Il Presidente della Repubblica ha informato telefonicamente la neo Senatrice a vita della nomina.

Questo il commento della neo-senatrice dopo aver appreso la notizia della nomina: “Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi ha chiamato stamattina comunicandomi la decisione di nominarmi senatrice a vita. Lo ringrazio per questo altissimo riconoscimento. La notizia mi ha colto completamente di sorpresa. Non ho mai fatto politica attiva e sono una persona comune, una nonna con una vita ancora piena di interessi e di impegni”. “Certamente, il Presidente ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno 2018 in cui ricorre l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali. Sento dunque su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio. Le voci di quelle migliaia di italiani, appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che nel 1938 subirono l’umiliazione di essere degradati dalla Patria che amavano; che furono espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società dei cittadini «di serie A».”

Così si è espressa invece la presidente dell’Ucei Noemi Di Segni sulla nomina di Liliana Segre: “A nome di tutte le comunità ebraiche in Italia, esprimo la nostra commozione per la decisione del Presidente Mattarella” che “risponde esattamente alla profonda esigenza di assicurare che l’istituzione chiamata a legiferare abbia a Memoria quanto avvenuto nel passato e sappia in ogni atto associare al formalismo della legge anche l’intrinseca giustizia e rispondenza ai fondamentali principi etici, in un contesto sempre più preoccupante nel quale l’oblio rischia di divenire legge oltre che fenomeno sociale”. “La vita di Liliana Segre è testimonianza di libertà. Da senatrice ci indicherà il valore della memoria. Una decisione preziosa a 80 anni dalle leggi razziali”. Questo il commento del premier Paolo Gentiloni su twitter subito dopo la nomina.

Liliana Segre sarà la quinta senatrice a vita nominata da un Presidente della Repubblica nell’attuale Senato, dopo Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia. Nata a Milano nel 1930 in una agiata famiglia di origine ebraica e rimasta orfana di madre da giovanissima, fu arrestata nel 1943 mentre con suo padre cercava di scappare in Svizzera per fuggire alle leggi razziali e alle deportazioni. Respinti al confine, Liliana Segre e suo padre Alberto furono detenuti a Como e Milano, da dove – con uno dei treni che partivano dal binario 21 della stazione Centrale – nel gennaio del 1944 fu trasferita nel campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia. Quando arrivò ad Auschwitz fu separata da suo padre, che fu poi ucciso il 27 aprile dello stesso anno insieme alla maggior parte delle circa 600 persone che avevano viaggiato con loro.  Il 18 maggio 1944 anche i suoi nonni paterni, arrestati a Inverigo, in provincia di Como, e deportati dopo qualche settimana ad Auschwitz, furono uccisi al loro arrivo, il 30 giugno. Nel campo di concentramento le fu assegnato il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull’avambraccio. Fu impiegata nel lavoro forzato nella fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens, lavoro che svolse per circa un anno. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.

Venne liberata il primo maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati al Campo di concentramento di Auschwitz, Liliana fu tra i venticinque sopravvissuti. Dopo la guerra visse con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia. Nel 1951 sposò Alfredo Belli Paci, cattolico, anch’egli reduce dai campi di concentramento nazisti per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale. Per molto tempo, non ha mai voluto parlare pubblicamente della sua esperienza nei campi di concentramento. Solo all’inizio degli anni Novanta ha deciso di interrompere questo silenzio e ha raccontato, soprattutto ai giovani, la propria storia, anche a nome dei milioni di altri che l’hanno con lei condivisa e che non hanno mai avuto la possibilità di farlo. Nel 1997 è stata fra i testimoni del film-documentario Memoria, presentato al Festival di Berlino. Nel 2005 la sua vicenda è stata esposta in maniera molto dettagliata nel libro-intervista a cura di Emanuela Zuccalà dal titolo Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le ultime testimoni della Shoah (Paoline Editoriale Libri).

(com.unica, 19 gennaio 2018)