Tre match point annullati e una grande rimonta per lo spagnolo, che conquista il suo secondo titolo sulla terra rossa parigina

Cinque ore e ventinove minuti. Tanto è durato il duello tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner sul centrale del Roland Garros. Una finale ancora più lunga perfino di quella leggendaria del 1982 tra Wilander e Vilas. Ma il cronometro, stavolta, non basta a raccontare la portata di una finale che ha già preso posto tra le più grandi della storia del tennis. Non è stata solo una battaglia sportiva, ma un confronto di nervi, talento e resistenza, giocato punto su punto da due campioni che rappresentano il presente e il futuro di questo sport. Alla fine ha vinto Alcaraz, al termine di una rimonta che ha sfidato la logica: sotto di due set, con tre match point annullati nel quarto, lo spagnolo è riuscito a rovesciare l’inerzia della gara e ad aggiudicarsi il titolo al super tie-break del quinto set. Ma ridurre tutto a un punteggio significherebbe trascurare l’essenza stessa di ciò che si è visto ieri sul Philippe Chatrier, un match sospeso tra il dramma sportivo e l’arte pura.

I due ragazzi del nuovo millennio — 22 anni Alcaraz, 23 Sinner — si sono affrontati come antichi gladiatori. Da una parte lo spagnolo, fuoco e istinto. Dall’altra l’italiano, ordine solidità mentale e geometria. Ed è stato uno spettacolo eccelso, di alta scuola. I numeri (4-6, 6-7, 6-4, 7-6, 7-6) raccontano solo una parte della storia. Perché dentro ci sono stati tre match point annullati, un super tie-break dominato da Alcaraz per 10-2, e una battaglia nervosa, fisica, mentale.

Jannik Sinner parte con il sole in tasca. Conquista il primo set 6-4, sfruttando un rovescio corto dell’avversario che si spegne sul nastro. Nel secondo set, vola sul 3-0, poi sul 5-4, servendo per il set. Ma lì si incrina. Alcaraz lo aggredisce, lo rimonta. Si arriva al tie-break, dove l’azzurro ritrova freddezza e chiude 7-4. Sotto di due set, Alcaraz sembra destinato alla resa. Invece si rialza. Il terzo set è già un’altra partita. Lo spagnolo cambia ritmo, gioca profondo, toglie tempo. Fa il break, lo conserva e chiude 6-4. Il pubblico sente che l’inerzia sta cambiando. Ma è nel quarto set che avviene il capolavoro drammaturgico. Sul 5-3 per Sinner, Alcaraz si trova con spalle al muro. Jannik si procura tre match point. Il Philippe Chatrier è un’eco continua. Ma lo spagnolo li annulla uno dopo l’altro, con colpi che sfidano la logica: rovesci sulla riga, servizi profondi, passanti da funambolo. Poi lo scatto: break e contro-break, si arriva al tie-break, e lì Alcaraz è perfetto, finisce 7-3. Nel quinto set Sinner appare affaticato e sembra cominciare a pagare i tre mesi di assenza dalle gare, ma non si arrende. Subisce un break iniziale, resta sotto 2-0, poi risale. Si va avanti game dopo game. Sul 5-5, Alcaraz serve per restare nel match. Sinner prova a piazzare la zampata finale, arriva a due punti dalla vittoria. Ma è tardi: nel super tie-break, lo spagnolo scappa 7-0. Chiude 10-2, alza le braccia, e con esse la sua quinta corona Slam, la seconda a Parigi.

«Abbiamo dato tutto, ora è difficile parlare. Non dormirò molto bene stasera, ma va bene così», ha dichiarato Sinner subito dopo. Le sue parole sono un miscuglio di lucidità e dolore. Poi il bisogno di casa, di normalità: «Voglio rivedere mio padre. Mi servirà un po’ di calma». Sa che tornerà. Sa che il futuro è ancora suo. Alcaraz, da par suo, abbraccia con parole nobili il rivale: «Complimenti Jannik, so quanto ci tenevi. Lo vincerai, e lo vincerai molte volte. È un privilegio condividere tutto questo con te». Nello scambio dei sorrisi e delle lacrime, c’è tutta la nobiltà di questo sport.

Mats Wilander, che di battaglie ne ha giocate e viste, intervistato a fine gara da l’Équipe, non ha dubbi: «Non ricordo un incontro più interessante di questo. Sul 6-5 nel quinto set, Alcaraz colpisce una volée e Sinner mi guarda e sorride, come a dire: non ci credo. È stato tutto incredibile. Sono due gentiluomini, oltre che due fenomeni».

Anche un altro ex campione, Adriano Panatta, ha espresso sul Corriere della Sera il suo entusiasmo e il suo rammarico: «La partita più bella che abbia mai visto. Sinner ha fatto un punto in più, 193 a 192. Ma gli è mancato solo l’ultimo. Tre match point sfumati. Eppure, ha fatto tutto il possibile, se non di più. Ha ripreso il match all’ultimo secondo, ha fatto vedere di che pasta è fatto».

Il Roland Garros non è un torneo come gli altri. È l’unico grande Slam su terra rossa, la superficie che più di tutte esige pazienza, strategia, cuore. Da Nadal a Borg, da Lendl a Kuerten, qui hanno trionfato i fuoriclasse. E ora Alcaraz, che sulla terra ha messo radici profonde. Ma il nome di Sinner – oggi sconfitto – è già inciso, perché ha onorato questa finale con un coraggio che resterà negli annali. Dicono che il tempo aggiusti tutto. Ma alcune partite non ne hanno bisogno. Restano perfette così come sono, come certi film muti, certi quadri imperfetti che continuano a parlare. E quella dell’8 giugno 2025 tra l’italiano e lo spagnolo è una di queste, come una pagina che non sbiadirà mai.

Sebastiano Catte, com.unica 9 giugno 2025

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