Lo studioso Felice Vinci spiega il significato originario di un testo citato nel Libro dei Giudici, contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana

La versione originale (in lingua inglese) è stata pubblicata sul prestigioso “Journal of Anthropological and Archaeological Studies” di New York

Uno dei racconti più singolari della Bibbia è un’impresa di Sansone, il quale “andò a catturare trecento volpi, e prese delle torce, legò le code delle volpi a due a due assieme a una torcia, poi accese le torce e lasciò scappare le volpi per i campi dei Filistei. Così bruciò tutto il grano”i.

Finora non è stato mai possibile dare un senso compiuto a questa impresa apparentemente stravagante, o quanto meno bizzarra. Però osserviamo subito che essa curiosamente corrisponde ad una consuetudine molto simile dei Romani, raccontata da Ovidioii: “Quando spunterà la terza alba dalla scomparsa delle Iadi, nel Circo i cavalli saranno suddivisi nei loro box; devo dunque spiegare perché vengono sciolte delle volpi che portano torce accese legate sulla schiena”.iii Il poeta prosegue raccontando il perché di questa strana usanza, che avrebbe avuto origine nella città di Carseoli,iv dove in tempi antichi un bambino avrebbe dato fuoco a una volpe che uccideva le galline; ma essa poi gli scappò dalle mani e “dove fuggì, diede fuoco ai raccolti che ricoprivano i campi e una brezza alimentò le fiamme divoranti. L’incidente è dimenticato, ma ne sopravvive un ricordo; ché ancora oggi una legge di Carseoli vieta di nominare una volpe; e per punire la specie una volpe viene bruciata durante la festa di Cerere, perendo così essa stessa nello stesso modo in cui ha distrutto i raccolti”v.

E che dire poi della “Festa di Sada” in Iran, in cui si dava fuoco agli animali e li si rincorreva per le campagne?vi

A prima vista sembrerebbe impossibile ritrovare il comune significato metaforico nascosto dietro queste bizzarre storie quasi di tipo “pirotecnico”, stranamente simili tra loro pur provenendo da regioni e culture molto diverse.

A questo punto, per arrivare a comprendere il significato della metafora nascosta dietro questa apparentemente incomprensibile relazione tra le volpi e il fuoco, conviene prendere in esame il folklore della Finlandia, in cui compare una mitica “Volpe di Fuoco” (Tulikettu), così chiamata perché la sua coda emana scintille di fuoco. Non solo: questo stranissimo animale dà il suo nome all’aurora boreale, che infatti in lingua finnica viene chiamata revontulet (“fuochi di volpe”) perché sarebbe provocata dalle scintille che la Volpe di Fuoco produce allorché correndo tocca il terreno innevato, i rami o i cespugli.vii

Occupiamoci dunque dell’aurora boreale. Adesso si sa che si tratta di un fenomeno – frequente alle altissime latitudini, alquanto raro a quelle intermedie – dovuto a sciami di particelle cariche emesse dal sole durante le tempeste che ne caratterizzano la superficie, le quali, seguendo traiettorie legate al campo magnetico terrestre, vanno ad interagire con la nostra atmosfera, soprattutto ai Poli e nelle regioni circumpolari. Essa si manifesta come una fantasmagoria di luci maestose, colorate e irregolari, le quali infiammano il cielo notturno con una straordinaria varietà di forme, colori e strutture che pulsano e mutano continuamente.

Lo spettacolo in genere inizia con un bagliore fosforescente sopra l’orizzonte, indi si accende un arco fiammeggiante che si alza su nel cielo, a cui seguono nuovi archi luminosi, lungo i quali si muovono e fluttuano piccole onde e riccioli. Poi dall’alto cominciano a scendere raggi di luce, formando come una sorta di tendaggi fiammeggianti che tremolano nel vento e sembrano evocare uno spettacolo di danza, o meglio, di fuochi danzanti che appaiono diffondendosi per tutto il cielo, poi scompaiono e si riformano; spesso appare anche un’orlatura che ha l’aspetto di fiamme rosse e violacee alle estremità, oppure i colori appaiono mescolati e intrecciati l’uno nell’altro, finché dopo un certo numero di minuti, usualmente da dieci a venti, l’attività comincia a diminuire e le fasce si allargano, dando luogo ad una luce diffusa dappertutto, abbastanza intensa da far distinguere i dettagli dei paesaggi circostanti, come se vi fosse un fuoco acceso.

Ma poi col passare dei minuti le fiamme dell’aurora boreale (o meglio, dei “fuochi di volpe”) si attenuano, diventando sempre più deboli e pulsanti, le nubi luminose si spengono e riaccendono affievolendosi sempre più, fin quando questo fantasmagorico spettacolo di luci fiammeggianti non si esaurisce spegnendosi del tutto, assorbito dal buio della notte oppure dalla luce dell’albaviii.

Insomma la corrispondenza tra il nome finnico dell’aurora boreale e la mitica Volpe di Fuoco con la coda che emette scintille risolve immediatamente il mistero di quelle finora incomprensibili volpi infuocate che si ritrovano identiche nella vicenda biblica di Sansone e nel mondo del circo romano: evidentemente un fenomeno luminoso impressionante come quello che abbiamo appena descritto – e che può verificarsi, sia pure di rado, anche alle nostre latitudini (come in Italia la sera del 5 novembre 2023) – dovette colpire moltissimo l’immaginazione degli uomini dell’antichità.

Va altresì notato che l’aspetto fiammeggiante dell’aurora boreale si accorda perfettamente alla dimensione ignea del personaggio di Sansone, nel cui stesso nome, che in ebraico significa “uomo del Sole”ix, si ritrova il nome della nostra stella. D’altronde in un precedente articolox ci eravamo già soffermati sullo stretto rapporto di Sansone con il fuoco, a partire dagli antefatti della sua nascita miracolosa, preannunciata a sua madre da un angelo del Signore che successivamente, al termine di un sacrificio, “come la fiamma divampava dall’altare verso il cielo, saliva nella fiamma”xi. Inoltre ciò si inserisce perfettamente nella dimensione metallurgica che, come abbiamo visto in quell’articolo, è la chiave per risolvere il famoso indovinello che Sansone propone ai Filistei: “Dal mangiatore è uscito del cibo, e dal forte è uscito il dolce”xii, riferito al miele e ad uno sciame di api uscito dalla carcassa di un leone che l’eroe aveva ucciso a Timnah.

Sansone che uccide il leone in una formella dell’Abbazia di Nonantola (XII secolo).

Infatti questo indovinello, riletto alla luce delle scoperte archeologiche nella Valle di Timnaxiii, dove esisteva un santuario egiziano associato ad antiche miniere di rame e ad attività metallurgiche, nasconde anch’esso una metafora riconducibile al mondo della metallurgia: il forno fusorio “mangia” il minerale con il fuoco, producendo un rumore sordo che ricorda sia il ruggito del leone che il ronzio delle api intorno all’alveare, e poi da esso sgorga il rame, che ha un colore simile a quello del miele selvatico. Inoltre, sempre in quell’articolo avevamo mostrato che lo strettissimo rapporto del personaggio di Sansone con il fuoco trova evidenti analogie in miti e racconti analoghi diffusi tra varie civiltà, tra cui qui vale la pena di ricordare il leone di Nemea accoppato da Eracle, il grottesco mostro sputafuoco Caco soffocato da Ercole tra sbuffi di fumo e fiammexiv, nonché il mito giapponese in cui Susanoo, fratello della dea del sole, uccide un drago – esattamente come fa anche il dio del fuoco caucasico Amirani (che a sua volta ha molti punti di contatto col Prometeo greco)xv – nella cui coda trova una spada considerata uno dei tesori della dinastia imperiale giapponese (non a caso Susanoo è stato definito “il Sansone giapponese”)xvi.

Più in generale, la corrispondenza tra un fenomeno celeste come l’aurora boreale ed il tentativo di rappresentarlo sulla Terra, che in questo caso è stato realizzato incendiando le code delle volpi e lasciandole poi correre all’impazzata qua e là, non di rado si ritrova nelle tradizioni del mondo antico ed è sintetizzabile con la celebre frase “Ciò che è in basso corrisponde a ciò che è in alto”, attribuita a Ermete Trismegisto. Un esempio è dato dalla corrispondenza tra le sette Pleiadi e i Sette Colli di Romaxvii (a cui si aggiunge la stretta relazione delle Pleiadi, nonché della costellazione del Toro a cui esse appartengono, con il 21 Aprile, la data tradizionale della fondazione della città)xviii; ma vi sono anche altre importanti città antiche – talora considerate sacre, quali Gerusalemme, Bisanzio, Besançon, La Mecca, Armagh, Teheran, Cagliari, perfino Macao in Cina – la cui collocazione su sette colli è riconducibile alla stessa ideaxix, il che ne attesta la diffusione anche in ambiti assai distanti tra loro.

D’altronde anche nel caso delle volpi abbiamo ritrovato interessanti analogie in ben quattro tradizioni differenti: ebraica, romana, iranica e finnica; e certamente non è un caso che la chiave per la soluzione del problema ce la abbia data la Volpe di Fuoco della mitologia della Finlandia, in cui la memoria del significato originario è rimasta viva al punto che nella lingua finnica il nome stesso dell’aurora boreale ricorda quel mitico animale. Ciò potrebbe essere dovuto anche al fatto che nella Finlandia settentrionale si tratta di un fenomeno frequente, laddove negli altri casi è molto più raro e ciò ha comportato la perdita della memoria del significato delle volpi incendiate. Per inciso, ciò potrebbe anche far riflettere sul fatto che diversi millenni fa nell’estremo nord, ossia in quelle plaghe che adesso sono afflitte dal gelo, l’optimum climatico olocenico (abbreviato in HCO nel lessico scientifico inglese) elargì un clima molto più temperato di quello odierno – ad esempio, in una località delle isole Svalbard è stato appurato che vi era una temperatura media superiore di ben 6°C rispetto all’attualexx – e pertanto non si può escludere che vi sia fiorita una civiltà preistorica che successivamente si sarebbe spostata più a sud a causa del collasso delle temperature, come proposto dal coltissimo bramino indiano Bal Gangadhar Tilakxxi all’inizio del secolo scorso.

In conclusione, abbiamo accertato che il bizzarro racconto delle volpi incendiarie liberate da Sansone, analogo a quello delle volpi con la coda accesa sguinzagliate nel Circo di Roma antica, si spiega immediatamente mettendolo a confronto con la mitica Volpe di Fuoco della tradizione finnica, ritenuta la causa delle aurore boreali perché la sua coda emette scintille, a cui corrisponde il fatto che nella lingua finnica il nome dell’aurora boreale è revontulet, “fuochi di volpe”. Da ciò è stato facile dedurre che queste stranissime volpi con la coda accesa in realtà rappresentano una straordinaria metafora dell’aurora boreale, che quando si verifica sembra incendiare il cielo notturno con i suoi intensi riflessi luminosi e cangianti. D’altronde il fatto che il protagonista del racconto biblico concernente quelle volpi sia Sansone è del tutto coerente sia con il suo stesso nome, che significa “uomo del sole”, sia con gli stretti legami che egli ha col fuoco nonché con altri personaggi mitici anch’essi legati al fuoco, pur appartenendo a tradizioni molto distanti.

Felice Vinci, com.unica, 14 marzo 2024


Il testo originale di questo articolo, pubblicato in lingua inglese su Journal of Anthropological and Archaeological Sciences, è leggibile su: https://lupinepublishers.com/anthropological-and-archaeological-sciences/pdf/JAAS.MS.ID.000307.pdf

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NOTE

i Giud. 15:4-5.

ii L’analogia di questi due racconti era stata già notata dagli studiosi: v. ad esempio G. de Santillana, H. von Dechend (2003) Il Mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi, Milano, pp. 203-204.

iii Tertia post Hyadas cum lux erit orta remotas,/ carcere partitos Circus habebit equos./ cur igitur missae vinctis ardentia taedis/ terga ferant volpes causa docenda mihi est (Ov., Fast. 4, 679-682).

iv L’antica Carseoli è l’attuale cittadina abruzzese di Carsoli, in provincia dell’Aquila.

vi F. Liebrecht (1879) Zur Volkskunde, Alte und neue Aufsätze, Henninger, Heilbronn, p. 261.

vii E. Ojanen, S. Linnea (2019) Suomen myyttiset eläimet, Minerva, Helsinki, pp. 44-46.

viii I. Daglis, S. Akasofu (2004) Aurora. The magnificent northern lights «EGU (Newsletter of the European Geosciences Union)» Iss. 7, March 2004, 12-18.

ix K. van der Toorn, T. Pecking, P. van der Horst P (1999) Dictionary of Deities and Demons in the Bible, Eerdmans, Grand Rapids, Michigan, 404.

x F. Vinci, A. Maiuri (2023) A Hypothesis of Solution of Samson’s Riddle «Athens Journal of Mediterranean Studies» 9(1): 271-278.

xi Giud. 13:20.

xii Giud. 14:14.

xiii Cfr. B. Rothenberg (1972), Were These King Solomon’s Mines? Excavations in the Timna Valley, Stein & Day, New York; Id. (1988), Researches in the Arabah, 1959-1984: The Egyptian Mining Temple at Timna, Thames & Hudson, London; E. Ben-Yosef (ed.) (2018) Mining for Ancient Copper: Essays in Memory of Professor Beno Rothenberg, Institute of Archaeology of Tel Aviv University, Tel Aviv.

xiv Virg., En. 8, 259.

xv Cfr. G. Charachidzé (1986) Prométhée ou le Caucase. Essai de mythologie contrastive, Flammarion, Paris.

xvi G. de Santillana, H. von Dechend (2003) Il Mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi, Milano, p. 205.

xvii F. Vinci, A. Maiuri (2017) Mai dire Maia. Un’ipotesi sulla causa dell’esilio di Ovidio e sul nome segreto di Roma (nel bimillenario della morte del poeta). Appunti Romani di Filologia 19: 19-30.

xviii F. Vinci, A. Maiuri (2019) Le Pleiadi e la fondazione di Roma. Appunti Romani di Filologia 21: 17-23.

xix E. Nissan, A. Maiuri, F Vinci (2019) Reflected in Heaven, Part Two. MHNH. Revista Internacional de Investigación sobre Magia y Astrología Antiguas 19: 87-166.

xx L. Beierlein, O. Salvigsen, B. Schöne, A. Mackensen, T. Brey (2015). The seasonal water temperature cycle in the Arctic Dicksonfjord (Svalbard) during the Holocene Climate Optimum derived from subfossil Arctica islandica shells. The Holocene 25 (8): 1197-1207.

xxi Cfr. B. G. Tilak The Arctic Home in the Vedas, 1903, Poona.