L’ex consulente di Obama per le politiche tecnologiche propone l’adozione un nuovo contratto sociale per vincere le sfide del prossimo decennio

I furiosi anni venti – la guerra tra stati, aziende e persone per un nuovo contratto sociale – è l’ultimo saggio di Alec Ross, pubblicato appena un mese fa in Italia da Feltrinelli.

Americano di Charleston in Virginia, origini italiane (la famiglia di sua madre proviene dall’Abruzzo), Alec Ross ha cominciato a farsi conoscere dal grande pubblico quando venne chiamato da Barack Obama a dirigere la politica tecnologica per la sua campagna presidenziale. Ha continuato poi a collaborare con l’amministrazione americana in qualità di consigliere del dipartimento di Stato per l’Innovazione con Hillary Clinton, un ruolo creato per lui per aiutare a trovare soluzioni innovative per far avanzare gli interessi della politica estera americana. In seguito ha assunto il ruolo di Visiting Professor presso il King’s College di Londra e di Distinguished Senior Fellow alla Columbia University. Il suo libro precedente L’industria del futuro (2016) è stato nominato libro dell’anno al TriBeCa Film Festival e best-seller in 5 continenti, tradotto in 24 lingue. Oggi vive tra gli Stati Uniti e Bologna, dove dallo scorso anno è Distinguished Professor presso la Business School dell’Università. Si divide tra l’insegnamento e l’attività di Board Partner di Amplo, una società di venture capital globale e siede nel consiglio di amministrazione di aziende nei settori della tecnologia, della finanza, dell’istruzione, del capitale umano e della sicurezza informatica.

Grazie a esperienze e competenze così vaste e ai massimi livelli, quello di Alec Ross è pertanto il profilo ideale per aiutarci a decifrare in profondità le dinamiche di un capitalismo sempre più globalizzato in cui cresce anno dopo anno il potere dei colossi Big Tech, con fatturati che raggiungono oggi cifre pari pari a quelle del Pil di una nazione di media grandezza: basti pensare che una multinazionale come Apple ha oggi raggiunto un valore di mercato di oltre 1000 miliardi di dollari, pari a tre volte di quello di tutte le aziende del mercato azionario italiano messe insieme.

A differenza del libro precedente, in cui aveva passato in rassegna tutti i temi più caldi dell’innovazione – dalla ricerca genetica alla cybersicurezza alla rivoluzione dei Big Data – l’approccio seguito nei furiosi anni venti è più “politico” e il focus si sposta sulla necessità di arrivare a un nuovo equilibrio (tra gli stati e all’interno di essi), una sorta di “compromesso storico” con il capitalismo, per evitare che una crescita incontrollata del potere delle Big Tech da un lato e i grandi cambiamenti che stanno influenzando il panorama globale dall’altro (a cominciare da quello climatico e da quello demografico, strettamente intrecciati tra loro), possano farci scivolare verso un esito spaventoso e incontrollato. Un esito tuttavia affatto scontato: per lo studioso americano dipenderà dalla nostra capacità di invertire la rotta nel prossimo decennio attuando una serie di riforme che dovranno comprendere la sostituzione del capitalismo azionario con quello degli stakeholder, la riforma del sistema fiscale internazionale, l’allargamento delle reti di protezione e l’adozione immediata di misure per la transizione a un’energia pulita: tutte sfide che richiedono risposte congiunte a livello internazionale.

“Dobbiamo prendere in mano il nostro attuale contratto sociale, logora reliquia dell’Ottocento e del Novecento, e ripararlo affinché si dimostri all’altezza del Ventunesimo secolo” – scrive Alec Ross nelle conclusioni del libro. “Abbiamo di fronte due strade possibili. Una è comoda all’inizio, basta non fare nulla, ma porta a disastri e ad altra rabbia. La seconda impone azioni decise da parte di cittadini, imprese e governi. Però ci permette di guardare con speranza al futuro, e relega la rabbia nel passato.”

Quello in cui ci troviamo è un periodo storico per certi versi simile ad altri che abbiamo vissuto in passato, un momento di svolta in cui dovremmo adottare nell’immediato delle politiche cruciali per il nostro futuro. Così come è stato fatto ad esempio negli anni Trenta del secolo scorso, quando gli Stati Uniti riscrissero il proprio contratto sociale con il New Deal di Franklin Delano Roosevelt, mentre il fascismo saliva al potere in Germania e in Italia. E anche l’Italia all’indomani della seconda guerra mondiale si è trovata ad affrontare una situazione analoga a quella che stiamo vivendo oggi nella fase di uscita da una pandemia che ci è costata oltre 130 mila morti. “E come allora la guerra, oggi la pandemia – scrive Alec Ross – ha messo in luce la carenza di modernità e le difficoltà nell’attuare una transizione verso la nuova economia, tecnologica e basata sulla conoscenza.”

Quale strada allora dovrebbe percorrere l’Italia? Secondo l’autore non dovrebbe seguire il modello americano e tanto meno quello autoritario cinese che sembra fare oggi non pochi proseliti nel mondo. Oggi si deve fare in modo che “si creino le condizioni affinché le idee dei giovani italiani possano diventare nuove aziende.” Abbiamo quindi bisogno di un nuovo modello italiano di crescita e di governance che rifletta i valori dei cittadini. A tale riguardo Ross indica alcuni esempi virtuosi, isole di eccellenza che hanno pochi eguali nel mondo. Tra questi aziende come quella del re del cashmere Brunello Cucinelli e del suo “capitalismo umanista”, capace di fare profitti e conquistare nuovi mercati mantenendo sempre ben salda nel tempo la capacità di coniugare una cura maniacale per la qualità e la perfezione del prodotto con una particolare attenzione all’apporto del personale dipendente e ai suoi bisogni, anche di tipo culturale.

L’autore cita altri esempi di imprenditori illuminati come Gucci e Marchesini, quest’ultimo a capo di un’azienda che produce miliardi di blister e confezioni per medicine e vaccini. Non mancano quindi idee, talento e i modelli a cui ispirarsi, ma è anche vero che nel nostro paese chi decide di fare l’imprenditore deve scontrarsi con mille ostacoli – soprattutto di tipo burocratico – che sembrano creati ad hoc per rendergli la vita difficile: “sembra quasi di correre una maratona con uno zaino in spalla pieno di pietre” scrive Ross per rendere più chiaro il concetto. Una sfida molto difficile e ambiziosa ma si può essere ottimisti sull’esito finale. Perché le potenzialità del nostro paese, sempre capace di dare il meglio nelle difficoltà (come nel dopoguerra) vanno anche incontro a una tendenza – sottolinea l’autore – che prevede che le innovazioni più importanti dei prossimi 10 anni saranno quelle capaci di unire i progressi nella scienza e nella tecnologia con il fattore umano.

Sebastiano Catte, com.unica 15 novembre 2021

*in alto foto dell’autore del libro (da Facebook)