A poche ore dal voto endorsement dell’Economist in favore del candidato democratico

Oggi gli Stati Uniti votano per decidere se Donald Trump resterà alla Casa Bianca o lo sfidante democratico Joe Biden prenderà il suo posto. I sondaggi danno per favorito Biden, ma tutto dipenderà dalle scelte dei cittadini nei cosiddetti “swing states”, gli stati in bilico. Anche per questo lo spoglio sarà lungo e i risultati potrebbero tardare, con l’incubo di ricorsi e riconteggi. Poiché tantissimi votano per posta, difficilmente avremo il nome del vincitore delle elezioni domani, e forse neppure entro la fine della settimana, fa notare Federico Rampini su Repubblica. Nel voto di oggi si deciderà anche il futuro della Camera e del Senato, con democratici largamente in vantaggio.

La grande percentuale di voti per posta spinge molti osservatori a  sottolineare il rischio di un “perception hack”, come dicono gli specialisti della disinformazione, quindi che qualcuno proietti in diretta davanti agli occhi del paese qualcosa che in realtà non sta accadendo. Il cittadino lo vede sui social media, sente che molti nella sua bolla ne parlano, si convince che sia vero, osserva Daniele Raineri sul Foglio. “Prima che qualcuno riesca a chiarire come stanno davvero le cose – scrive – la realtà alternativa è ormai diventata dominante nella testa di una percentuale enorme di americani e produce conseguenze. Metà dell’America si fisserà a credere in una versione. L’altra metà vorrà credere a quella opposta. Entrambe le parti crederanno che l’altra abbia rubato le elezioni.”

Francesco Costa, vicedirettore del Post che segue da anni le vicende della politica Usa (a cui ha dedicato il saggio Questa è l’America, pubblicato da Mondadori) spiega nella sua newsletter quel che potrebbe accadere in alcuni stati in cui il voto a favore dell’uno o dell’altro candidato potrebbe risultare decisivo per la vittoria finale: “Lo scrutinio in Georgia andrà a rilento, mentre quello della Florida potrebbe essere ben più spedito. Nel North Carolina, in Arizona e in Ohio verranno prima diffusi i risultati dei voti espressi in anticipo, mentre in Michigan e in Pennsylvania quei voti saranno contati per ultimi. Uno dei due candidati in questi stati potrà apparire in vantaggio la notte delle elezioni per poi essere rimontato e superato. Ogni situazione contesa o contestata potrebbe avere strascichi in tribunale. Potremmo sapere il nome del vincitore molto presto, in caso di una larga vittoria di Trump o Biden; altrimenti potrebbero passare giorni, nel peggiore dei casi settimane. Però ora sapete cosa tenere d’occhio.”

Le ultime cartucce nella campagna elettorale Joe Biden ha voluto giocarsele in Pennysilvania: “Scegliamo la verità invece delle bugie, quelle bugie plasmabili che lui ripete – ha detto. È ora di alzarsi. È ora di riprenderci la nostra democrazia. Possiamo farcela. Siamo migliori di tutto questo. Siamo migliori di quello che siamo stati. Possiamo essere al nostro meglio. Questi sono gli Stati Uniti d’America”. Per Trump comizi in serie in Iowa, Michigan, North Carolina, Georgia e Florida, con il solito piglio del leader populista: “Cittadini orgogliosi come voi hanno contribuito a costruire questo Paese e insieme ce lo riprenderemo. Stiamo restituendovi il potere, popolo statunitense. Con il vostro aiuto, la vostra devozione e il vostro impegno, continueremo a lavorare, continueremo a lottare. E continueremo a vincere, vincere, vincere”.

A poche ore dal voto il candidato democratico ha incassato un altro endorsement importante, quello dell’Economist, molto influente nell’establishment di tutte le cancellerie occidenteli. “Il Paese che ha eletto Donald Trump nel 2016 era infelice e diviso – si legge nell’editoriale dedicato alle elezioni Usa. Il Paese a cui lui chiede di essere rieletto è più infelice e più diviso”. Per il magazine più influente al mondo la colpa maggiore di Trump è avere ripetutamente dissacrato valori, principi e pratiche che hanno fatto dell’America un paradiso per il suo popolo e un faro per il mondo. “Il tribalismo aveva certamente contagiato la politica Usa prima di lui, ma il 45° presidente ne ha fatto prassi e metodo” – scrive l’Economist. “Non ha mai cercato di rappresentare l’intero Paese, tantomeno quando le rivolte razziali l’hanno spaccato ancora di più. E non l’ha unito nemmeno di fronte al virus, prendendosi gioco della scienza. Continua a dire che i suoi avversari, prima Clinton e ora Biden, devono finire in galera, mentre grazia i suoi sodali condannati anche per crimini gravi e ricatta governi stranieri condizionando l’aiuto americano alla collaborazione per infangare i suoi nemici (il caso ucraino che lo portò all’impeachment). Semina dubbi sulla regolarità di queste elezioni – a cominciare dal voto postale – senza portare una sola prova. Gli alleati dell’America sono sconcertati dal suo distacco, e il cinismo al posto dell’idealismo fa il gioco di russi e cinesi, secondo cui la retorica della libertà è sempre stata pura fiction.” L’editoriale si conclude sottolineando come Ttrump sia stato “un presidente distruttivo” e con un secondo mandato si sentirebbe “confortato nei suoi peggiori istinti”.

com.unica, 3 novembre 2020