[ACCADDE OGGI]

Sono passati poco più di 100 anni da quando, dagli spalti del Castello del Buon Consiglio di Trento, il corpo di Cesare Battisti e del suo amico e sottoposto in armi Fabio Filzi si videro penzolare dalle corde delle forche austroungariche. In verità l’esecuzione della condanna a morte per impiccagione degli irredentisti altoatesini o, come ancora alcuni preferiscono dire, sudtirolesi fu eseguita sul retro del cortile del Castello due ore dopo la lettura della sentenza per il reato di alto tradimento e solo in seguito specialmente il corpo di Cesare Battisti fu pomposamente mostrato sugli spalti del Castello da un boia appositamente fatto venire da Vienna per eseguire una sentenza già scritta nei confronti dell’intellettuale fieramente ribelle, mazziniano, massone e socialista, geografo e giornalista, fondatore de “Il Popolo”, il giornale che ebbe tra i suoi più assidui collaboratori quel Mussolini socialista e interventista amico di Battisti, lo stesso Mussolini che in un suo saggio di pochi anni prima dal titolo “il Trentino veduto da un socialista”, incurante del sentimento filo italiano di Battisti, ribadiva, sia pure a malincuore, “che la popolazione trentina era austriacante, che gli irredentisti erano inesistenti e che mai i trentini si sarebbero sognati di passare all’Italia” e aggiungeva una colorita filastrocca che spesso a suo dire sentiva cantare in Trentino “Colla pell de Garibaldi ne farem tanti ttamburi, Tirolesi ste sicuri Garibaldi no ven pu”.

E allora considerando che di certo non si intese colpire i pochi che avevano abbracciato la causa italiana è lecito chiedersi: perché tanta brutale ferocia austriaca nei confronti di Cesare Battisti e dei suoi sodali? Può la sola ragione in sentenza, quell’alto tradimento verso la sua patria austriaca in quanto egli che era membro del Parlamento imperiale di Vienna aveva disertato per indossare la divisa del nemico italiano, giustificare una così esemplare condanna? Anche Alcide De Gasperi fu membro del Parlamento austriaco anche se lui cattolico, al contrario del suo corregionale Cesare Battisti anticlericale, mai manifestò sentimenti filoitaliani e mai indossò la divisa del nostro esercito. Forse la spiegazione di tutto è nelle idee socialiste prima ancora che irredentiste di Cesare Battisti catturato e consegnato alla giustizia di Francesco Giuseppe dal suo concittadino Bruno Franceschini suo pari grado nell’esercito austriaco.

A Bruno Franceschini fu data una medaglia d’oro con l’aquila imperiale asburgica per la cattura di Cesare Battisti. Una medaglia che raramente e fino alla fine della sua lunga esistenza il Franceschini poté sfoggiare costretto all’esilio nella sua Austria lontano da quella Val di Non che tanto amava.

A Cesare Battisti l’Italia, anche giustamente, non si limitò alla medaglia d’oro, ma libri, strade, piazze e monumenti portarono e portano il suo nome a ricordo imperituro della causa irredentista. Peccato che come spesso accade, quando il culto agiografico ha la meglio sulla storia la genia fondamentale del DNA degli eroi passa in secondo ordine e pochi ricordano, specialmente oggi, che Cesare Battisti fu martire per le sue idee che reclamavano sì il Trentino unito alla madre patria italiana, ma in un’Italia libera e socialista.

(Franco Seccia/com.unica 12 luglio 2018)