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“…Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fe’ di Curradino…”  è il Sommo Poeta che nel XX Canto del Purgatorio ci parla di Corradino di Svevia. Un altro poeta, il patriota risorgimentale Aleardo Aleardi liricamente ci tramanda “…Nobile augelo che volando vai, Se vieni da la dolce itala terra, Dimmi ‘ai veduto il figlio mio? Lo vidi, Era biondo, Era bianco, Era beato, sotto l’arco di un Tempio era sepolto. ..”. Giuseppe Russo (Peppino Russo), scrittore, poeta e paroliere di successo napoletano  in una bella poesia ci parla dell’ “Orfano ‘e pate”.

La vittima di Carlo d’Angiò, finito nel purgatorio dantesco; il corpo bianco, biondo e beato sepolto sotto l’arco di un tempio; l’”orfano ‘e pate” è Corradino di Svevia decapitato a soli sedici anni il 29 ottobre dell’anno 1268 a Napoli a Campo del Moricino oggi Piazza Mercato. Fu l’ultimo regnante  della famiglia degli Hohenstaufen nato in Baviera nel 1252. Il padre era Corrado IV, figlio di Federico II, nipote quindi di “Stupor Mundi”.

Il padre morì quando Corradino aveva solo due anni e per diritto dinastico  Corradino di Svevia, anche contro il volere di Papa Innocenzo, fu re di Sicilia dal 1254 al 1258 con il nome di Corrado II, e re di Gerusalemme dal 1254 al 1268 con il nome di Corrado III.

Alla morte dello Zio  Manfredi, quando aveva solo quattordici anni, fu chiamato in Italia dai ghibellini e fu accolto trionfalmente a Pisa, capisaldo dei ghibellini e, inaspettatamente a Roma la città eterna. Si rifiutò, nonostante le pressanti richieste, di mettere ai ceppi il Papa, rifugiatosi a Viterbo,  e proseguì con le sue truppe verso Napoli per impossessarsi del trono che gli spettava e dove v’era una grande insofferenza nei confronti dei francesi di Carlo d’Angiò alleati della Chiesa.

Il 12 agosto del 1268 a Tagliacozzo nella Marsica abruzzese avvenne lo scontro tra i due eserciti. Dopo una apparente vittoria iniziale dei tedeschi e dei ghibellini, i francesi e i guelfi di Carlo ebbero la meglio anche ricorrendo a stratagemmi quale quello di far apparire nel campo di battaglia un falso Carlo d’Angiò. Fu la fine. Corradino cercò di riparare a Roma memore delle precedenti accoglienze ma la città questa volta le fu ostile e fu tradito da un nobile Frangipane nel tentativo di imbarcarsi alla volta di Pisa.

Carlo d’Angiò fu terribile nel vendicarsi dei romani e procedette ad esecuzioni sommarie e agghiaccianti contro inermi cittadini laziali colpevoli di aver dato accoglienza a Corradino che fu catturato e tradotto in catene a Napoli. Qui a Piazza Mercato all’alba del 29 ottobre del 1268, dopo un processo farsa in cui fu accusato di oltraggio alla maestà del Papa, Corradino a soli 16 anni fu ucciso mediante decapitazione e i suoi resti furono coperti da sassi nel vicino arenile prospiciente il mare della zona che i napoletani chiamano “ ‘a petra ‘o pesce”. “il leone artiglio’ l’aquilotto ad Astura,  gli strappò le piume e lo decapito’”.

È scritto in latino su una colonna della chiesa di  Santa Croce e Purgatorio al Mercato, chiesa eretta esattamente sul luogo della decapitazione di Corradino. Ma il suo corpo è custodito nella vicina chiesa di Santa Maria del Carmine adagiato ai piedi della bellissima statua che lo raffigura. Il suo nome è rimasto leggenda nei secoli. “…Un giovinetto pallido, e bello, con la chioma d’oro, con la pupilla del color del mare, con un viso gentil da sventurato, toccò la sponda dopo il lungo e mesto remigar de la fuga. Avea la sveva stella d’argento sul cimiero azzurro, avea l’aquila sveva in sul mantello; e quantunque affidar non lo dovesse, Corradino di Svevia era il suo nome. …”

(Franco Seccia/com.unica 29 ottobre 2021)