Armi da fuoco, coltelli, esplosivi e munizioni. Si tratta dell’armamentario sequestrato nella notte dall’esercito israeliano che, nel corso di perquisizioni in Cisgiordania, ha arrestato diversi palestinesi, ritenuti legati ad “attività terroristiche”.

A distanza di settimane dall’inizio delle violenze e degli attentati terroristici, la tensione in Israele e nei territori palestinesi continua ad essere alta. Nel quadro c’è anche la Striscia di Gaza, da dove è partito nelle scorse ore un razzo contro il Sud d’Israele e a cui l’aviazione di Tsahal ha risposto colpendo obiettivi strategici nella Striscia. Motore delle violenze sarebbe, almeno secondo il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, “il sentimento di delusione delle giovani generazioni, che non hanno speranza in una soluzione”.

Rimane aperto l’interrogativo su quali risposte abbia dato lo stesso Abbas a questo “sentimento di delusione” che porterebbe i palestinesi ad armarsi di coltello e attaccare civili e soldati israeliani. Una modalità di compiere atti terroristici che, secondo molti, trova sui social network una pericolosa spalla e per questo si è passati alle vie legali per fermarne la diffusione. Ventimila cittadini israeliani hanno intentato una causa contro Facebook: l’accusa al social network è di non aver bloccato le istigazioni, continuamente rilanciate in rete, da parte palestinese a compiere atti terroristici contro Israele. I firmatari della class action hanno chiesto di rimuovere “l’ondata di video estremisti, affermazioni e fumetti postati dai palestinesi”.

(com.unica, 28 ottobre 2015)