Le differenti visioni di Giorgia Meloni e di Mario Draghi sull’Unione Europea

Nel Meeting di Rimini 2025, tenutosi qualche giorno fa, l’Europa è stata al centro degli interventi sia di Giorgia Meloni che di Mario Draghi. Entrambi hanno convenuto sulla necessità che l’Unione Europea, cessi di essere “spettatrice” delle vicende geopolitiche mondiali e riacquisti l’importanza decisionale di una volta.
Certamente le visioni espresse sono diverse, ma su un dettame convergono, cioè quello di un’Europa che invece di essere condannata all’irrilevanza geopolitica, sappia rispondere efficacemente alle sfide sulla competitività poste dalla Cina e dagli Stati Uniti.
Per la Meloni occorre, proprio per quanto detto, una difesa comune europea, dopo avere per decenni delegato gli Stati Uniti ad assicurare la difesa dell’Europa, con conseguente ed inevitabile dipendenza politica dagli States. Per la nostra Premier, occorre andare oltre il dibattito, francamente un po’ stantio, tra più Europa e meno Europa; è necessaria un’Europa che non “soffochi gli Stati nazionali ma ne rispetti ruoli e specificità”.
Senza andare per le lunghe, si tratta dell’Europa confederale, tema assai caro alla Meloni, proposto nel manifesto del suo partito per le elezioni al Parlamento europeo dello scorso anno. Si tratta, però, di una proposta che, a mio avviso, non risolve il problema, giacché come la storia ci ricorda tutte le Confederazioni sono fallite per la loro incapacità decisionale.
L’Europa deve poter far meglio di quanto non faccia adesso ma, nella difesa, non può esserci il coordinamento tra gli Stati, perché sono due solo le potenze nucleari, gli altri Stati non lo sono. Perché l’Unione Europea sia di nuovo in grado di affrontare le sfide crescenti che ha di fronte, occorre una sovranità europea nella politica estera e di difesa, lasciando a quella nazionale la gestione di altre politiche.
In sintesi, Confederazione inefficiente, Stato federale impraticabile; occorre una Unione capace di prendere decisioni, a partire dalla difesa comune.
A Rimini Draghi ha ribadito quello che sostiene da tempo, cioè che l’UE sia stata pensata e voluta per risolvere i problemi di un’altra età storica, quando la seconda Guerra Mondiale era finita da poco e l’Occidente si affidava all’America per difendere la democrazia e la libertà, dalle mire della Russia bolscevica.
“A ottant’anni dalla fine della guerra, la difesa collettiva della democrazia è data per scontata da generazioni che non hanno memoria di quel tempo”. Per questo l’Unione Europea deve costruire una propria soggettività politica, partendo proprio dalla difesa. Per Draghi, l’UE deve agire come se fosse uno Stato unico, per poter raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici. Un concetto ribadito più volte, a partire dal discorso tenuto al Parlamento Europeo qualche mese fa.
Per l’ex Governatore della Banca Centrale Europea, nonché ex Premier italiano, lo Stato è l’unica forma istituzionale in grado di prendere decisioni importanti e legittime. Purtroppo non è così, perché la costruzione di uno Stato federale solleverebbe resistenze a non finire e una tale mobilitazione di risorse istituzionali e politiche da minacciare la libertà di tutti.
Lo statalismo è fuori luogo. Si tratta di una prospettiva inattuabile e anche l’Unione federale può prendere decisioni legittime ed efficaci nel campo della difesa comune, a patto però, che si doti di un meccanismo sovranazionale che non significhi una riduzione dei diritti degli Stati che ne fanno parte.
Angela Casilli, com.unica 4 settembre 2025