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Sergio Romano nel suo “Libero Stato in libera Chiesa…” ci fa sapere che “Il 19 settembre 1870 Pio IX uscì dal Vaticano per visitare la Scala Santa. Sulla via del ritorno il popolo di Roma lo applaudì calorosamente”, poi aggiunge “gli stessi applausi, scrisse molti anni dopo Stefano Jacini, accolsero i bersaglieri del generale Cadorna la sera del 20 settembre”. Secondo Sergio Romano “Comincia così, fra due manifestazioni popolari di segno opposto, la storia della convivenza fra Stato e Chiesa in una città che fu da quel momento capitale di un Regno e di una Chiesa universale”.

Se la conclusione dell’ex ambasciatore, oggi firma di punta del Corriere della Sera, può essere condivisa non va dimenticato che ci vorrà quasi un secolo e mezzo da quel 20 settembre del 1870, quando le truppe italopiemontesi agli ordini di Cadorna spararono cannonate sulle mura Aureliane aprendo la breccia di Porta Pia ai Bersaglieri, perché un alto rappresentante della gerarchia vaticana accetti, sia pure tra distinguo e contestazioni, a prendere parte ai festeggiamenti per la presa di Porta Pia con la conseguente fine dello Stato Pontificio e la proclamazione di Roma a capitale del Regno d’Italia con lo scudo sabaudo.

Fu Tarcisio Bertone che nel 2010 era il capo del governo Vaticano, a presenziare alla cerimonia per i centocinquanta anni di Porta Pia e fu l’unico a prendere la parola nonostante la presenza delle più alte cariche dello Stato italiano. Egli pur accettando, implicitamente con la sua presenza, la definitiva questione di Roma capitale dello Stato italiano volle soffermarsi a lungo sulla figura di Papa Pio IX, l’ultimo Papa Re, da lui definito “uomo amante della pace e della concordia”. Insomma in maniera finemente diplomatica il cardinale Bertone volle ribadire che l’aggressore era il Piemonte e il suo re.

Sarà vero come anche la storia ci dice, al riguardo basterebbe andarsi a rileggersi la famosa lettera di Vittorio Emanuele II a Papa Mastai di poche ore prima della breccia a Porta Pia, lettera con la quale il “re galantuomo” professava la sua incrollabile fede cattolica e si dichiarava figlio e protettore del Santo Padre. Ma Bertone non disse per comprensibile convenienza che a vincere sulla millenaria capacità diplomatica della Chiesa fu l’abilissimo politico Camillo Benso Conte di Cavour il vero artefice, anche con mezzi sleali e a volte non proprio nobili, dell’Unità italiana e del sogno di Roma capitale che però non riuscì a vedere. Ma la storia ha avuto il suo corso e a nulla vale recriminare anche perché in tanti soffrirono e morirono per vedere la Patria unita con Roma capitale. Quanto al “Libero Stato in libera Chiesa” resta una questione squisitamente politica che spesso, a seconda degli interpreti, rende lo Stato meno libero e la Chiesa meno universale.

(Franco Seccia/com.unica, 20 settembre 2022)