Unanime cordoglio per la scomparsa del grande giornalista e divulgatore scientifico, un monumento della cultura italiana

Con un semplice post sui social (“Buon viaggio papà”) il figlio Alberto ha dato ieri la notizia della morte del padre Piero Angela all’età di 93 anni.

Per accomiatarsi per sempre dal suo pubblico ha scritto questa toccante lettera, che qui proponiamo in versione integrale.

Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana.

Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano.

Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia.

È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati.

A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato.

Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese.

Un grande abbraccio

Piero Angela

Nato a Torino nel 1928, Piero Angela ha iniziato la sua carriera giornalistica in Rai all’inizio degli anni ’50 come collaboratore del Giornale Radio. In seguito, con l’avvento della televisione, passò al Telegiornale, per il quale fu corrispondente, prima da Parigi, poi da Bruxelles, dal 1955 al 1968. Insieme con Andrea Barbato, nel 1968 fu il conduttore della prima edizione del Telegiornale Nazionale delle 13:30 e nel 1976 fu il primo conduttore del TG2.

Poi la sua seconda vita come divulgatore scientifico, a cui deve la sua grande popolarità, a cominciare da “Quark” a “Superquark” per citare i suoi programmi più importanti. Ai temi della scienza si era avvicinato nel 1968 quando realizzò una serie di documentari dal titolo “Il futuro nello spazio”, sul tema del programma Apollo; durante le riprese effettuate negli Stati Uniti realizzò anche numerosi collegamenti in diretta per la RAI in occasione del lancio del vettore Saturn V che portò i primi astronauti sulla Luna.

L’impostazione che venne data a Quark era particolarmente innovativa, con l’utilizzo degli strumenti tecnologici più avanzati e le risorse della comunicazione televisiva per rendere familiari i temi trattati: i documentari della BBC (pionieri nel campo della divulgazione) e di David Attenborough, i cartoni animati di Bruno Bozzetto usati per far arrivare la scienza a una platea molto vasta. Era questo in fondo il vero segreto del suo successo e della longevità dei suoi programmi: la capacità davvero unica del giornalista torinese di rendere semplici concetti molto complessi, oltretutto con un’empatia straordinaria nei confronti del telespettatore. Riuscendo al tempo stesso a trasmettere a più di una generazione l’amore per le scienze. Qualità davvero rare, sottolineate, tra gli altri, anche da Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica nel 2021: “Lui aveva capito che comunicare non è un’azione che procede in un’unica direzione. Dobbiamo sempre renderci conto di quanta parte del messaggio sia arrivata a destinazione. Bisogna mettersi nelle scarpe del nostro interlocutore”.

Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto rivolgere un pensiero a Piero Angela e alla sua famiglia: “Provo grande dolore per la morte di Piero Angela, intellettuale raffinato, giornalista e scrittore che ha segnato in misura indimenticabile la storia della televisione in Italia, avvicinando fasce sempre più ampie di pubblico al mondo della cultura e della scienza, promuovendone la diffusione in modo autorevole e coinvolgente. Esprimo le mie condoglianze più sentite e la mia vicinanza alla sua famiglia, sottolineando che scompare un grande italiano cui la Repubblica è riconoscente”.

Oltre ai programmi televisivi Piero Angela ha scritto numerosi libri a carattere divulgativo di grande successo, spesso in collaborazione con scienziati illustri come Edoardo Amaldi, Carlo Rubbia e Giuliano Toraldo di Francia. L’ultima opera è la sua autobiografia Il mio lungo viaggio – 90 anni di storie vissute (Mondadori). “Non è un libro di divulgazione scientifica, ma un racconto personale dedicato al pubblico che da tanti anni mi segue nel mio lavoro, spesso con vero affetto” ha scritto al riguardo.

Piero Angela in occasione del conferimento del Premio FiuggiStoria

Il libro, che ha avuto numerosi riconoscimenti, tra tutti il premio FiuggiStoria 2018 per la sezione “biografie”, racconta le sue esperienze di lavoro, il ‘dietro le quinte’ di oltre mezzo secolo di televisione. “Ma per la prima volta – ha spiegato Piero Angela – rispondo anche a certe domande che spesso mi vengono rivolte in occasione di incontri o conferenze, e che riguardano la mia vita, la mia formazione, gli inizi in RAI, il pianoforte, persino la mia infanzia”. In occasione della cerimonia di conferimento del FiuggiStoria Piero Angela ha voluto ricordare alcuni episodi poco noti della sua vita narrati nel libro, a cominciare dal ruolo chiave che ebbe suo padre, medico psichiatra di idee azioniste e antifascista della prima ora, nel periodo in cui la persecuzione degli ebrei era diventata spietata. Era in corso una vera caccia all’uomo, con arresti e deportazioni, e chi li nascondeva era vittima di feroci rappresaglie. Nella clinica di San Maurizio dove lavorava, il padre di Piero Angela accolse molti ebrei sotto falso nome e li istruì, insegnando loro come fingersi malati mentali. La cosa funzionò. “In questo modo quegli uomini e donne si salvarono, anche se mio padre fu sospettato, interrogato, e a un certo punto sfuggì per un pelo alla fucilazione”. “Mio papà – ha raccontato Piero Angela – non ha mai voluto esibire queste azioni, che fanno parte dei doveri civici, di una certa etica”. Solo nel 2012, grazie a un libro di Renzo Segre che portò alla luce la storia sotto forma di testimonianza (Venti mesi, Sellerio) gli venne attribuito il titolo di “Giusto tra le nazioni” da parte dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme. Onestà, senso del dovere, schiena dritta: questi, dirà il giornalista, i valori più forti trasmessi dal padre.

Sebastiano Catte, com.unica 14 agosto 2022