Le difficoltà di un giovane nuorese con sindrome di Asperger in una società che continua ad essere sorda e cieca rispetto a chi vive una situazione di forte disagio

Angelo (nome di fantasia), giovane nuorese affetto dalla sindrome di Asperger, oggi alla soglia dei 20 anni conduce la sua vita in seno alla sua famiglia che da sempre si occupa di lui. Nessuno aiuto dalla società e da strutture idonee se non quello del farmaco che, nel caso specifico non sortiva alcun effetto se non quello di esasperare i suoi comportamenti.

La sindrome di Asperger detta anche SA, fa parte della categoria dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo e conta numerose vittime in tutto il mondo, Nuoro compresa.

I portatori evidenziano difficoltà soprattutto nelle interazioni sociali, comportamenti ripetitivi, una marcata iperattività e un deficit nella curva dell’attenzione. Angelo ha 4 anni quando la suora della scuola materna, avendo notato qualcosa di strano nel suo modo di relazionarsi con gli altri, allerta la famiglia che da quel momento non lascia nulla di intentato per capire, curare e sostenere quella creatura i cui sintomi si andavano acutizzando con la crescita.

Se l’ignoranza e la disinformazione rendono ancor più dannosa la mancanza di sensibilità da parte della società, questo faceva sì che i compagni di giochi e di classe trovassero in lui uno strumento di sollazzo e divertimento. Angelo non si sottraeva a quel palcoscenico perché non ne era capace, ma interagiva con gli attori-bulli per paura che il gruppo lo escludesse.

Teatro di tali vessazioni la strada ma ancor peggio la scuola, rea di avere sottovalutato la gravità della situazione.

Nessun intervento mirato da parte degli operatori sociali e delle famiglie dei ragazzi coinvolti affinché si ponesse fine a simili esecrabili comportamenti. Il gruppo, diventato branco agiva impunito sottovalutando gli effetti devastanti sulla malcapitata vittima, nel caso in questione bersaglio di vere e proprie violenze fisiche, verbali e mentali.

Angelo si chiudeva in se stesso e quando i familiari, venuti a conoscenza dei fatti, redarguivano aspramente i cosiddetti bulli, tutto si limitava a sporadici rimproveri mentre il ragazzo continuava a convivere con i suoi stessi aguzzini.

Poiché i farmaci prescritti alimentavano l’irascibilità, l’ossessione, la ripetitività della parola, la famiglia ritenne opportuno sospenderli per far vivere al ragazzo la normalità del suo male. Negli anni la situazione clinica si è trasformata. Superato il bullismo di strada e di scuola, il giovane era portato a rivivere le esperienze che lo avevano coinvolto e a riproporle a sua volta con lo stesso linguaggio e la stessa gestualità con cui le aveva subite, come se volesse liberarsi da un peso che lo soffocava.

Angelo ha conseguito il diploma di scuola media superiore con il parziale sostegno di una operatrice sociale e fino a qualche anno ha preso parte a diverse attività ludiche e ginniche: ballo, equitazione, musica e calcio nelle quali, superate le difficoltà iniziali, si muoveva a proprio agio.

Oggi vive le restrizioni dettate dalla pandemia trascorrendo le giornate dentro le mura domestiche e, seppur a modo suo, collabora in famiglia perché vuole porsi al centro dell’attenzione e sentirsi partecipe della vita degli altri.

Alla famiglia resta il rammarico dell’indifferenza di una società cieca e sorda che oggi come ieri ignora quanti vivono una situazione di forte disagio.

Lucia Becchere, com.unica marzo 2021

*Fonte L’Ortobene 21 marzo 2021