Sabino Cassese, uno dei maggiori giuristi italiani e giudice emerito della Corte costituzionale, in un’intervista rilasciata a “La Nazione” ha espresso forti perplessità sulla cabina di regia del presidente del consiglio Giuseppe Conte per la gestione del Recovery Fund: “Invece di agire dall’interno dell’amministrazione statale, con innesti esterni, si è preferito abbandonare le strutture esistenti e costruire una piramide esterna che, a certe condizioni, può valersi anche della pubblica amministrazione”.

“Era disponibile la struttura del Cipe, ma non viene utilizzata. Insomma, si doveva procedere nella direzione contraria. Ma non basta. Quanto tempo sarà necessario per mettere in piedi una piramide organizzativa così complessa? Questa non susciterà reazioni della pubblica amministrazione, degli organi ordinari dello Stato, i quali non assicureranno la loro collaborazione?” spiega il giurista, che aggiunge un’ulteriore osservazione critica: “il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica del governo, e il governo è organo dello Stato. Ma può il Presidente del Consiglio dirigere qualcosa che finirà per essere fuori dello Stato?”.

Una soluzione di questo tipo non è un esproprio delle funzioni dei ministri e, dunque, della politica? “Certamente: molte funzioni sono portate fuori della struttura statale” afferma Cassese. “Ma da questo punto di vista si è mancato di coraggio. Se si voleva andare fino in fondo, ma rispettando le tradizioni del nostro pluralismo amministrativo, bisognava fare una scelta come quella di Alcide De Gasperi che, nel 1950, per lo sviluppo del Mezzogiorno adottò la formula della Cassa per il Mezzogiorno. Anche quella aveva il compito di svolgere funzioni straordinarie”.

“Per decidere e spendere sollecitamente non bisogna adottare deroghe, ma modificare le norme esistenti, in modo che tutti possano procedere speditamente. Invece, si procede mediante deroghe che si scontreranno inesorabilmente con l’amministrazione ordinaria, gli organi di controllo, gli stessi organi politici”, fa notare ancora il costituzionalista, rilevando che “c’è un’indubbia tendenza di Palazzo Chigi all’accentramento. Basta vedere come è stata gestita la fase preparatoria della redazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Questo atteggiamento è motivato da profonda sfiducia rispetto all’amministrazione ordinaria, rispetto alla propria capacità di governarla, ma anche da sfiducia nei confronti delle forze politiche”.

com.unica, 14 dicembre 2020