Un’intervista a “Le Figaro” del filosofo e accademico di Francia all’indomani del massacro di Nizza

“Una battaglia è cominciata fra il partito del sussulto e il partito dell’altro”, affermava nel 2015 il filosofo e accademico francese Alain Finkielkraut dopo l’attacco contro Charlie Hebdo. Parigino, figlio di due ebrei polacchi scampati alla Shoah, è conosciuto in Italia soprattutto per le sue posizioni anticonformiste che prendono distanza dal relativismo e dal pensiero debole. Tra le sue opere maggiori, tradotte in italiano, ricordiamo L’ebreo immaginario, L’umanità perduta. Saggio sul XX secolo, Nel nome dell’Altro. Riflessioni sull’antisemitismo che viene e Noi, i moderni. All’indomani del barbaro attentato perpetrato nella basilica di Notre-Dame a Nizza ha rilasciato un’intervista a Eugénie Bastié per il quotidiano “Le Figaro”.

L’attentato di Nizza si aggiunge a una lista troppo lunga, spiega Finkielkraut. Ma oggi, a che punto siamo? “Il terrorismo non è un fenomeno a sé stante. Fa parte di un tutto, e questo tutto è l’odio della civiltà francese. Il crimine di Nizza conferma questa diagnosi. Da un Allah akbar all’altro, da Mohamed Merah all’attentato di ieri, la Francia è presa di mira nella sua dimensione ebraica, nella sua dimensione laica e nella sua dimensione cristiana. Possiamo protestare la nostra buona volontà e lottare con ardore contro tutte le discriminazioni, ma il nemico è qui, e non ci perdona di essere quello che siamo. La decapitazione di Samuel Paty non è stata pianificata né ordinata dallo Stato islamico. Non porta il marchio di nessuna organizzazione nazionale o internazionale. Ma questo non significa che sia opera di un lupo solitario. Questo attacco è stato preceduto da una manovra organizzata che ha implicato almeno il padre di uno studente, un predicatore antisemita e degli alunni che, dietro compenso, hanno indicato il professore all’assassino nonostante costui non avesse fatto mistero della sua volontà di umiliarlo e picchiarlo per aver mostrato della caricature del profeta in classe. Questo attentato rivela la continuità che esiste fra l’islamismo ordinario e il terrore sanguinario”.

“Il partito della negazione è ancora vivo – sottolinea il filosofo francese nel rispondere alla domanda se la vulgata definita “islamogauchiste” stia diventando minoritaria nel dibattito pubblico. Degli ultimi quattro attentati imputati all’islam radicale, tre sono stati commessi da rifugiati. Ma se il governo si azzarda a rivedere le condizioni del diritto d’asilo e più in generale a irrigidire la politica migratoria per non lasciare più che sia il numero a dettare legge, tutte le corti supreme europee e francesi insorgono. Espiare attraverso l’accoglienza il rifiuto di accogliere i profughi ebrei in fuga dalla Germania durante gli anni oscuri del XX secolo: questo è il compito che si assegnano i giudici dell’era posthitleriana. E in questo modo spianano la strada, con le migliori intenzioni, al nuovo antisemitismo”.