Sono 5,5 milioni gli italiani nel mondo, +76,6% in 15 anni

“Negli ultimi 15 anni gli italiani nel mondo hanno raggiunto la cifra di 5,5 milioni, con un aumento del 76,6%”. È quanto emerge sul fenomeno “emigrazione” nel Rapporto “Italiani nel mondo” 2020, presentato ieri oggi dalla Fondazione Migrantes. Il rapporto è stato pubblicato per la prima volta nel 2006 e oggi traccia un bilancio di questi 15 anni in una edizione speciale. Un incremento pari “a quello registrato nel secondo dopoguerra”, si legge nel rapporto, presentato stamattina on line con la partecipazione del premier Giuseppe Conte e del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei.

Il Rapporto Italiani nel Mondo giunge, nel 2020, alla sua quindicesima edizione. Vi hanno partecipato 57 autori che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a 51 saggi articolati in quattro sezioni: Flussi e presenze; Speciale Province d’Italia. “L’Italia della mobilità: dai costi alle risorse, dalle partenze ai rientri, dall’inverno demografico alla primavera italiana”; Gli italiani in Europa e la missione cristiana. Radici che non si spezzano ma si allungano ad abbracciare ciò che incontrano (in preparazione del convegno di novembre 2021); Allegati socio-statistici. Il volume raccoglie le analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali, nazionali e internazionali, più accreditate sulla mobilità dall’Italia. La trattazione di questi temi procede a livello statistico, di riflessione teorica e di azione empirica attraverso indagini qualitative e quantitative.

“La pubblicazione offre chiavi di lettura sulle dinamiche di mobilità che riguardano il nostro Paese, ponendo al centro dell’analisi l’umanità della persona e le complesse ragioni che spingono i singoli a spostarsi – ha affermato il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, in occasione dell’evento. “Questo rigoroso lavoro di redazione coinvolge esperti nei diversi campi dell’economia, della sociologia, della statistica, della demografia e della storia, riflettendo la varietà di angolazioni da cui è possibile analizzare il tema dell’emigrazione italiana e la sua evoluzione nel tempo. Grazie a queste caratteristiche il Rapporto Italiani nel Mondo è divenuto un punto di riferimento per chiunque nelle istituzioni, nel mondo accademico, nei centri di ricerca e nella società civile, desideri approfondire lo studio delle dinamiche del tessuto sociale che, a livello globale, incidono sul fenomeno”.

Nel 2006 gli italiani regolarmente iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) erano 3.106.251, nel 2020 hanno raggiunto quasi i 5,5 milioni. Le donne sono passate dal 46,2% sul totale degli iscritti nel 2006 al 48,0% del 2020. Una collettività che, rispetto al 2006, si sta ringiovanendo grazie alle nascite all’estero (+150,1%) e alla nuova mobilità costituita sia da nuclei familiari con minori al seguito (+84,3% della classe di età 0-18 anni) sia dai giovani e giovani adulti da inserire nel mercato del lavoro (+78,4% di aumento rispetto al 2006 nella classe 19-40 anni).

Nel 2019 hanno lasciato l’Italia ufficialmente 131mila cittadini verso 186 destinazioni del mondo, da ogni provincia italiana. Contrariamente a quanto si pensa non sono solo “cervelli” italiani in fuga. La maggioranza di chi si sposta è in possesso di un diploma e va alla ricerca di un lavoro “generico” all’estero. Complessivamente, le nuove iscrizioni all’Aire nel 2019 sono state 257.812 (di cui il 50,8% per espatrio, il 35,5% per nascita, il 3,6% per acquisizione cittadinanza). Secondo le analisi del rapporto, nel 2006 il 68,4% dei residenti ufficiali all’estero aveva solo licenza media o elementare o addirittura nessun titolo, mentre il 31,6% era in possesso di un titolo medio alto (diploma, laurea o dottorato).

Dal 2006 al 2018 cambia il trend: nel 2018, infatti, il 29,4% è laureato o dottorato e il 29,5% è diplomato mentre il 41,5% è ancora in possesso di un titolo di studio basso o non ha titolo. Se, però, rispetto al 2006 la percentuale di chi si è spostato all’estero con titolo alto (laurea o dottorato) è cresciuta del +193,3%, per chi lo ha fatto con in tasca un diploma l’aumento è stato di ben 100 punti decimali in più (+292,5%). “Viene così svelato – si legge nel report – un costante errore nella narrazione della mobilità recente raccontata come quasi esclusivamente composta da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche quando, invece, a crescere sempre più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori generici”.

com.unica, 28 ottobre 2020