Nel mondo 90 milioni di persone a rischio povertà

Sono state pubblicate ieri le previsioni del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, decisamente poco incoraggianti per l’Italia e per l’Europa. Nel nostro Paese i segni della recessione appaiono più gravi rispetto alla stima del governo nella sua ultima Nota d’aggiornamento (Nadef): quest’anno l’Italia dovrebbe perdere il 10,6% del Pil, oltre un punto in più del -9% previsto. Per quanto riguarda l’area euro nel suo complesso appare chiaro il ritardo sia nei confronti sia degli Stati Uniti che della Cina. Esattamente come accadde nella Grande recessione di un decennio fa, fa notare oggi Federico Fubini sul Corriere della Sera.

Secondo un quadro complessivo il Fondo monetario prevede per quest’anno una contrazione dell’economia globale del 4,4%, un po’ meno grave rispetto all’analisi di sei mesi fa (-5,2%), ma pur sempre un evento senza precedenti dal 1945. Si sottolinea che entro la fine dell’anno 90 milioni di persone potrebbero finire in una condizione di povertà e che la ripresa sarà comunque «lunga, irregolare e incerta», come ha spiegato la capo economista dell’Fmi Gita Gopinath. Per l’anno prossimo è invece atteso un forte rimbalzo dell’attività internazionale (+5,2%), dando ovviamente per scontato che il virus non persista a circolare stabilmente con l’intensità attuale.

Quel che balza subito agli occhi è la diversità nelle risposte alla crisi che ha colpito tutte le economie del mondo. Secondo l’Fmi l’area euro vedrà il suo prodotto cadere quest’anno dell’8,3%, quasi il doppio degli Stati Uniti (-4,3%). La Cina poi è invece l’unica tra le principali economie del mondo a crescere (+1,8%). Anche se si guarda al complesso del biennio 2020-2021, la grande recessione da coronavirus segna un nuovo arretramento dell’economia europea sugli altri due principali blocchi commerciali e produttivi del pianeta. Dai due anni fino a fine 2021, gli Stati Uniti dovrebbero venire fuori con una contrazione del prodotto dell’1,2%; la Cina con una crescita comunque fortissima di oltre il 10%; a fine 2021 invece il prodotto della zona euro sarebbe ancora del 3% più piccolo di com’era a fine del 2019.

Ma se complessivamente l’Europa arranca rispetto a Cina e Stati Uniti, all’interno dell’area euro non tutti i paesi mostrano lo stesso percorso di ripresa. In particolare appare evidente il ritardo dell’economia del nostro paese l’Italia, su cui pesano soprattutto le condizioni di estrema debolezza già manifestate prima della pandemia. Così osserviameo che la Germania quest’anno fa registrare un -6% e nel 2021 dovrebbe crescere del 4,2%, mentre l’Italia quest’anno l’Italia dovrebbe perdere il 10,6% del Pil, oltre un punto in più del -9% previsto nella Nadef. La perdita per l’Italia sarebbe quindi di oltre 5 punti di Pil, più o meno come la Spagna (che perde il 12,8% quest’anno ma recupera il 7,2% nel 2021). Mentre la Germania perderebbe meno del 2%, e la Francia meno del 4 per cento. 

com.unica, 14 ottobre 2020