Facebook ha minacciato nei giorni scorsi di interrompere il funzionamento del social network in Europa, se la Data Protection Commission di Dublino manterrà la sua posizione attuale. Un paio di settimane fa questo organismo, l’omologo irlandese del garante della Privacy, ha infatti inviato al gruppo fondato da Mark Zuckerberg un “ordine preliminare” di interrompere il trasferimento verso server negli Stati Uniti dei dati degli utilizzatori europei. In altri termini, scrive Federico Fubini in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, l’Irlanda ora impedisce che le informazioni relative a centinaia di milioni di abitanti dell’Unione possano essere utilizzate senza le garanzie di riservatezza offerte dal diritto europeo. 

Ci sono troppe regole sulla protezione dei dati personali e un atteggiamento “discriminatorio” che impediscono a Facebook in Europa di condurre la sua attività, si legge nel documento depositato dall’azienda americana in un tribunale di Dublino, dove ha sede la Data protection commission (Dpc). Facebook afferma che l’ingiunzione preliminare emanata lo scorso mese dalla Dcp costringerebbe il social e la sua app di photo-sharing a chiudere i battenti in Europa. L’ingiunzione della commissione privacy irlandese ha chiesto a Facebook di interrompere il trasferimento dei dati dei clienti europei verso i server con sede negli Stati Uniti per timori di un’azione di “spionaggio” da parte del governo Usa Facebook aveva presentato ricorso contro la decisione della Dpc, per ora in stand-by. Ma se la decisione sarà confermata “non è chiaro come potremo, in queste circostanze, continuare a fornire in Ue i servizi di Facebook e Instagram”, ha scritto Yvonne Cunnane, head of data protection and associate general counsel di Facebook Ireland, in una dichiarazione giurata.

Dal quartier generale di Menlo Park si fa sapere che Facebook non ha alcuna intenzione di forzare il regolatore a modificare la sua decisione tramite la minaccia dell’oscuramento dei suoi servizi. “Facebook non sta minacciando di uscire dall’Europa”, ha dichiarato un portavoce del colosso americano dei social. E sottolinea che l’intero modello di business di Facebook dipende dal poter trasferire facilmente e velocemente dati nel mondo per portare agli utenti ads sempre più mirate e personalizzate. Interrompendo questo flusso di dati l’Ue minaccia i guadagni di Facebook, come dimostrano i toni sempre più accesi assunti dal contenzioso legale in Irlanda.

Il “blackout” dei servizi in Europa è senza senso, sottolinea Michael Veale, ricercatore della University College London esperto di privacy: “L’idea che Facebook si ritiri dal mercato europeo è assurda”, una vuota minaccia che serve all’azienda solo a dare più forza al proprio punto di vista. Questo complesso meccanismo secondo Fubini è stato creato dagli esperti contabili di Zuckerberg per ragioni fiscali, viste le aliquote effettive bassissime che gli accordi con il governo di Dublino hanno garantito. In sostanza, sottolinea l’editorialista del Corriere, Zuckerberg si vuole scegliere da solo il Paese migliore per le tasse (per pagarne il meno possibile) e il Paese migliore per le regole (per averne il meno possibile). 

com.unica, 29 settembre 2020