Gli italiani hanno confermato il progetto di riduzione del numero di parlamentari votato in ultima lettura dal Parlamento un anno fa: il Sì ha ottenuto 17.168.498 voti pari al 69,64%, mentre il No ha totalizzato 7.484.940, pari al 30,36%. Dopo le prossime elezioni la Camera sarà dunque composta da 400 deputati (anziché 630), il Senato da 200 senatori (anziché 315). I votanti sono stati 24.993.020, pari al 53,84% dei 46.418.749 degli aventi diritto. Le schede nulle 128.397, le bianche 210.862. Le schede contestate, 323. Lo scrutinio si è concluso poco dopo l’1.40.  Luigi Di Maio (c’era da aspettarselo) esulta su Facebook per la vittoria del Sì . E aggiunge: “È la politica che dà un segnale ai cittadini. Senza il Movimento 5 stelle tutto questo non sarebbe mai successo”. Poi ribadisce: “È un punto di inizio non di arrivo” e afferma di voler proseguire lungo la strada delle riforme “anti-casta” intervenendo anche sugli stipendi dei parlamentari e sul conflitto d’interessi. 

La legge su cui si è votato, fa notare il Corriere della Sera, è in vigore, ma non operativa: nel senso che se si andasse a votare domattina, i cittadini sarebbero chiamati a eleggere 630 deputati e 315 senatori. Sarà operativa non prima di 60 giorni dall’entrata in vigore: i tempi tecnici per il ridisegno dei collegi. Al di là di questo aspetto — tecnico — ce n’è uno più politico: quello legato alla riforma della legge elettorale, che dovrebbe ora essere messa in cantiere in tempi (relativamente) rapidi.

Per quanto riguarda le elezioni regionali, centrodestra e centrosinistra si aggiudicano ciascuna tre amministrazioni. In Campania e Puglia si confermano a larga maggioranza gli uscenti Vincenzo De Luca (69,6%) e Michele Emiliano (46,8%). Il centrosinistra a guida Pd tiene anche la Toscana col neo-governatore Eugenio Giani (48,6%). Il centrodestra conquista le Marche, con Francesco Acquaroli (49,1%), e riconferma Luca Zaia in Veneto (76,7 %) e Giovanni Toti in Liguria (56,1%).

Il segretario dei democratici, Nicola Zingarett festeggia il risultato rassicurante per il suo partito: “è il primo partito d’Italia” e promette di garantire anche chi ha votato No al referendum lanciando il cantiere delle prossime riforme.​​​​​​​​​​​​​​ La Lega mette in evidenza il fatto che dopo il referendum l’attuale Parlamento è delegittimato, ma la sconfitta di Susanna Ceccardi in Toscana e il trionfo di Zaia in Veneto accentuano le difficoltà del leader Matteo Salvini, mentre Fratelli d’Italia, pur crescendo in alcune regioni, può festeggiare solo l’affermazione di Acquaroli nelle Marche.

Giuseppe Conte alla fine esce rafforzato dalla tornata elettorale e ora ci sono più probabilità che l’alleanza di governo possa arrivare alla fine della legislatura (HuffPost).  Conte non vorrebbe il rimpasto (Repubblica), ma dovrà fare i conti con un Pd rafforzato dal 3-3 alle regionali e con un M5S che, al contrario, continua a perdere consensi. Il Pd chiederà quasi sicuramente di accelerare sulla riforma della legge elettorale (Corriere), ma potrebbe aumentare il pressing anche per l’attivazione del Mes e la modifica dei decreti Salvini.

com.unica, 23 settembre 2020