Dal 7 dicembre 2018 al 10 marzo 2019 il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo ospita una mostra interamente dedicata a Piero della Francesca con numerosi capolavori del maestro che ebbe un ruolo chiave nello sviluppo del ritratto e della prospettiva. Si potranno così ammirare preziosi pezzi in arrivo da Urbino, Arezzo, Borgo San Sepolcro, ma anche dalla Spagna, dal Portogallo e dal Regno Unito.
Piero della Francesca. Monarca della Pittura“: questo è il titolo della mostra all’Ermitage, che, curata da Tatiana Kirillovna Kustodieva, ricercatrice principale del Dipartimento di Belle Arti dell’Europa occidentale dell’Ermitage, offrirà al pubblico la rara opportunità di familiarizzare con l’opera di questo artista, del quale non vi sono opere nelle collezioni museali russe.
Piero della Francesca, riscoperto dalla critica in tempi relativamente recenti, è un pittore enigmatico e affascinante. Nacque nel secondo decennio del Quattrocento a Sansepolcro, ma la sua data di nascita non è l’unica incertezza che riguarda la vita e l’opera del sommo artista, caratterizzate da una notevole mancanza di documenti e elementi certi. Di certo vi è che Piero delle Francesca è stato artista e matematico, maestro nell’applicare all’arte le regole matematiche e definire così una prospettiva del tutto nuova per l’epoca, rappresentando bene quello spirito che darà vita al Rinascimento.
La “scoperta” di Piero della Francesca ebbe luogo solo verso la metà del XIX secolo. In precedenza, le sue opere venivano spesso attribuite ad altri artisti o, per quanto sparse nelle città di provincia italiane, non riuscivano ad attirare l’attenzione. Oggi c’è un grande interesse per Piero della Francesca e l’artista stesso è visto come una figura chiave nel Quattrocento italiano.
Piero della Francesca (1412 (?) – 1492) nacque nel piccolo insediamento di Borgo Santo Sepolcro, oggi Sansepolcro. Lavorò in vari centri artistici italiani – Firenze, Ferrara, Rimini, Roma, Urbino e Perugia – ma preferì sempre tornare al suo paese natale o ad Arezzo, capoluogo della provincia. Ebbe un ruolo di primo piano nella vita di Borgo, essendo stato eletto ripetutamente in varie posizioni pubbliche e proprio nella sala dell’amministrazione locale dipinse un affresco della Resurrezione che divenne simbolo della città.
Piero della Francesca lavorò alle corti di molti sovrani italiani, inclusa la curia papale. Intorno al 1450 era a Ferrara, dove avrebbe potuto conoscere la pittura olandese e in particolare le opere di Rogier van der Weyden, che era stato invitato in città dal marchese Lionello d’Este. Può anche aver incontrato artisti dei Paesi Bassi alla corte del Duca di Urbino, Federico da Montefeltro. Dai nordici adottò la precisione nella rappresentazione della natura e la tecnica della pittura ad olio.
L’apice dell’opera di Piero come artista monumentale e in realtà dell’intero Quattrocento in generale è il ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce che dipinse nella basilica di San Francesco ad Arezzo tra il 1458 e il 1466. Mai prima d’allora era apparso nell’arte rinascimentale un ciclo simile, caratterizzato da una tale chiarezza e correlazione tra tutte le forme, da un insolito schema di colori e da una prospettiva precisa. La mostra a San Pietroburgo include un film documentario dedicato alla Leggenda della Vera Croce.
Piero della Francesca fu anche ritrattista. I nomi dei clienti del maestro non erano sempre noti, ma il più importante di questi fu senza dubbio Federico da Montefeltro, che non solo era il governatore di Urbino, ma anche uno dei condottieri e mecenati di maggior successo nell’Italia dell’epoca. L’artista realizzò un superbo ritratto doppio del Duca e di sua moglie, con scene allegoriche dei trionfi della coppia sull’altro lato del pannello (Galleria degli Uffizi, Firenze).
Un altro ritratto famoso è quello di Sigismondo Pandolfo Malatesta (Louvre, Parigi). Quando Piero della Francesca dipinse la sua somiglianza nei primi anni del 1450, Sigismondo era al culmine della sua fama. La visione del profilo rigorosa dei suoi modelli fu stata suggerita a Piero della Francesca dall’arte dei medaglisti, che, insieme alle opere dell’antichità classica, divennero importanti punti di riferimento per gli artisti del Rinascimento. Nel ritratto del Louvre, il sovrano di Rimini viene presentato proprio da quel punto di vista: un volto attraente con tratti grossolani, a testimoniare la forza e la volontà indomabile, e abiti sontuosi, ma senza ornamenti, come incarnazione della semplicità e del controllo.
Piero adoperò lo stesso schema compositivo quando ritrasse il figlio di Federico da Montefeltro, Guidobaldo (Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid).
A Sansepolcro Piero della Francesca realizzò una grande pala d’altare per il Convento degli Agostiniani. Il pannello centrale non è sopravvissuto, mentre i quattro pannelli laterali sono dispersi in diverse collezioni. L’Ermitage è riuscito a riunirne tre in mostra: Sant’Agostino (Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona), L’Arcangelo Michele (National Gallery, Londra) e San Nicola di Tolentino (Museo Poldi Pezzoli, Milano). Tutte le figure sono mostrate sulla stessa scala. Ognuna salda come una roccia incrollabile, indipendentemente dal proprio ruolo di vescovo, guerriero o monaco. Risaltano qui il talento di Piero come miniaturista, ma anche l’espressività dei volti e la bellezza perfetta.
L’arte di Piero della Francesca è priva di eccessiva emotività e dinamismo e punta a far emergere il principio fondamentale del Rinascimento: l’essere umano, pieno di bellezza e dignità, è il centro dell’universo e dell’armonioso mondo circostante.
L’indiscutibile capolavoro di Piero, la Madonna di Senigallia (Galleria Nazionale delle Marche, Urbino), risale al periodo tardo della sua carriera d’artista e prende il nome dalla chiesa per la quale fu dipinto. La Madonna di Senigallia può essere vista come la quintessenza dell’opera di Piero. I principi fondamentali della sua arte si riflettono qui in modo distinto: la percezione matematica delle forme, una proporzionalità attentamente valutata nel rapporto tra figure, oggetti e spazio e un trattamento coerente della luce.
Negli ultimi anni di vita, la cecità impedì a Piero della Francesca di lavorare come pittore, ma egli si impegnò nelle ricerche teoriche: i suoi trattati di matematica e geometria dovrebbero essere classificati accanto ai contributi offerti in questo campo da Leon Battista Alberti, Luca Pacioli e Leonardo da Vinci. Piero della Francesca fu uno dei primi a scoprire le leggi della prospettiva. Le sue opere comprendono un manoscritto unico sulla prospettiva in pittura, oggi nella collezione della Fondazione Palazzo Magnani, e fornisce una base per la comprensione di tutta la prospettiva e dell’essenza delle illusioni visive del Rinascimento.

*Nell’immagine in alto il San Giuliano di Piero della Francesca, una delle opere in mostra all’Ermitage