87 città italiane e 28 Paesi europei protagonisti della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2018. A Fiuggi, città capofila dell’ebraismo del Basso Lazio, due appuntamenti e la consegna del Premio Menorah di Anticoli.

Anche Fiuggi, più propriamente l’antico quartiere ebraico di Anticoli, è presente alla celebrazione dell’evento culturale dedicato alla cultura e alla tradizione dell’ebraismo. La Giornata Europea della Cultura Ebraica, da diciannove anni appuntamento che invita a scoprire tradizioni, cultura e luoghi ebraici in Italia, ha scelto quest’anno Genova come città capofila. Una città che ospita una Comunità ebraica importante e perfettamente integrata nel tessuto cittadino. Un’occasione per raccontare il capoluogo ligure da un punto di vista diverso, tutto da scoprire attraverso i suoi narratori – cantori, artisti, rabbini e figure che hanno fondato l’ebraismo genovese.

Il programma di Fiuggi: domenica 14 ottobre visite al Ghetto di Anticoli (ore 9,30, 12,30, 16,30); ore 10,30 presso la Sala Consiliare: “Una storia di Architettura” con il professor Gianni Ascarelli e consegna del Premio Menorah di Anticoli; ore17,30 al Giardino dell’Excelsior “In memoriam di Claude Lanzmann”.

Il premio Menorah di Anticoli, giunto alla sua sesta edizione, viene assegnato ogni anno nell’ambito della Giornata europea dedicata alla cultura ebraica, a personalità che abbiano legato il proprio impegno intellettuale, artistico e professionale al tema proposto dalla Giornata.

La Menorah di Anticoli, un reperto archeologico di fattura catalana del XV secolo, venne portato nella cittadina laziale da ebrei siciliani cacciati dall’isola per mano di Ferdinando d’Aragona. L’antico Ghetto di Anticoli, denominato più propriamente la Casa degli Ebrei dallo storico Angelo Sacchetti Sassetti, si estende nel secolo XII in maniera circoscritta tra via della Portella e via del Macello, occupando nei secoli XV e XVI anche gli insediamenti compresi tra via della Piazza e via Giordano.

Questa edizione 2018 è dedicata allo “Storytelling”, al narrare. Un atto molto presente e decisamente rilevante nella tradizione ebraica, le cui radici affondano proprio in un “racconto”: quello contenuto nella Torah, la Bibbia ebraica, fondativa dell’identità ebraica e patrimonio di tutta l’umanità. “Nella Torah, ha scritto Noemi Di Segni, Presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane, ogni parola ha il suo posto, il suo valore, il suo significato e peso specifico. L’insieme delle parole che la compongono costituiscono un testo in cui nulla è lasciato al caso, trasmesso di generazione in generazione, immutato nei millenni ma vivo grazie allo studio e all’insegnamento. Le feste e le ricorrenze del calendario ebraico sono tutte vissute attraverso un momento narrativo e di trasmissione alle future generazioni di quanto avvenuto in tempi lontani, nella storia antica o più recente, generando memoria e cultura, legami con le passate generazioni.”

“Il racconto di sé, attraverso le sacre scritture o la narrazione orale, nelle stanze dedicate allo studio, quando ci si desta o ci si corica e quando si percorre la strada assieme, è uno degli aspetti più caratterizzanti del popolo ebraico. Nei secoli la letteratura, la poesia e il teatro hanno narrato luoghi e vicende formando quell’immenso libro del vissuto ebraico, fatto di pagine gioiose e vivaci ma anche di pagine tristi e struggenti. E se le parole e il contesto in cui si inseriscono nella narrazione sono importanti e formano un racconto di vita, del singolo o del nostro popolo, dando spessore ai millenni di storia, ci si interroga anche sul nostro tempo: lo svilirsi progressivo del valore, del peso che diamo alle parole, che oggi vengono usate sempre più spesso per “narrare” false vicende che inquinano il dibattito pubblico, o per veicolare aggressività, pregiudizio e razzismo. Per questo oggi più che mai è necessario usare le parole con attenzione, con delicatezza. Per narrare il nostro tempo, i nostri valori, le nostre idee, con la dovuta accuratezza, con la dovuta responsabilità.” 

(com.unica 8 ottobre 2018)